Grande guerra: «La vittoria italiana del 4 novembre 1918 scaturì dalla ritirata sulla linea del Piave dopo la sconfitta di Caporetto e dall’arroccamento sul Grappa, che Cadorna aveva fortificato. Quindi fu una vittoria anche, e soprattutto, sua».
Questa la conclusione a cui è giunto lo storico Aldo A. Mola che – ospite a Palazzo Galli dell’Autunno culturale della Banca di Piacenza – ha presentato, accompagnato dal col. Carlo Cadorna, due volumi: “Caporetto risponde Cadorna” (BcsMedia editore), che riporta le argomentazioni del gen. Luigi Cadorna in risposta alla Commissione d’inchiesta parlamentare (istituita a guerra ancora in corso), rivisitate dal nipote Carlo (con prefazione del prof. Mola) e la ristampa della seconda edizione (introvabile) de “La guerra alla fronte italiana” (Bastogi Libri 2019), sempre a cura dello prof. Mola, scritto dallo stesso gen. Cadorna.
Entrambe le pubblicazioni contengono documentazione inedita e intendono riconsegnare alla verità storica l’azione – riabilitandola – del capo di Stato Maggiore dell’esercito italiano; il re Vittorio Emanuele III lo nominò nel 27 luglio 1914, dopo la morte prematura del gen. Pollio; additato all’epoca come il principale responsabile della sconfitta di Caporetto.
I relatori sono stati presentati dal presidente esecutivo della Banca Corrado Sforza Fogliani, che ha sottolineato come la Grande Guerra fu, di fatto, «l’ultimo conflitto del Risorgimento, periodo che ebbe come grande protagonista il patriota piacentino Giuseppe Manfredi, sepolto in San Francesco, che non ebbe modo di gioire della vittoria del 4 novembre essendo mancato due giorni dopo la sua proclamazione».
Il col. Carlo Cadorna ha fornito elementi, dal punto di vista tecnico-militare, per «giudicare correttamente» l’azione del nonno gen. Luigi, esaminando in primo luogo i compiti che gli avevano affidato; costituzione dell’esercito («prese il comando di un esercito che non esisteva, unico battuto in Africa); elaborazione della strategia («che è una scienza esatta, diversa dalla tattica, e consiste nella valutazione dei rapporti di forza sul terreno operativo, considerando la qualità delle forze, l’ambiente in cui si opera, la logistica, le alleanze; la strategia – ha precisato il col. Carlo – fa vincere le guerre e il gen. Cadorna fu un abile stratega, ammirato dal Pentagono»); il controllo degli ordini («aveva un’organizzazione moderna dello Stato Maggiore, con uno staff ristretto di collaboratori»).
L’oratore ha quindi citato alcuni esempi che dimostrano la capacità d’azione del comandante supremo: la conquista di Gorizia, nel 1916, senza colpo ferire, spostando in tre giorni 170mila uomini; la vittoria sull’Isonzo nel ’17, avendo potuto finalmente disporre di un’artiglieria adeguata. «Il nostro esercito – ha concluso il relatore – con il gen. Cadorna da nullità che era divenne superiore a quello austriaco».
Il prof. Aldo A. Mola ha tracciato la cornice politica nella quale si sviluppò l’azione del gen. Luigi Cadorna. «L’Italia – ha argomentato l’illustre storico – entrò in guerra nel modo sbagliato, frutto del disordine culturale e politico di chi era al governo, che non ascoltò i consigli del gen. Cadorna. Il nostro Paese venne meno agli accordi con gli alleati inglesi e francesi, che poi ce la fecero pagare, facendo una guerra italocentrica che puntava a ottenere i territori italofoni, il crinale alpino e a sostituire l’Austria nel controllo dell’Adriatico».
Il prof. Mola ha poi spiegato come nel Paese fosse cresciuto il “partito” neutralista, che non sentiva il conflitto («a un certo punto in alcune regioni si toccò il 90% di diserzioni»). Nel 1917 il gen. Cadorna si rese conto delle difficoltà ambientali nel tenere le redini dello strumento militare e domandò al presidente del Consiglio Boselli di intervenire contro il “sabotaggio”.
«Boselli non gli rispose mai. Il 9 novembre 1917 Cadorna fu sostituito da Armando Diaz al comando supremo dal governo Orlando-Sonnino. Il gen. Diaz condusse l’Italia alla vittoria della guerra, ma – ha concluso il prof. Mola – fu un successo anche del gen. Cadorna».
Agli illustri ospiti, in ricordo della serata, sono stati donati la targa dell’ospitalità piacentina e pubblicazioni della Banca sul Pordenone e sulla Galleria Ricci Oddi.
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