Politica

Tagliaferri (FDI): “Infrastrutture deficitarie e insicure in Emilia Romagna”

Nella nostra regione passano i principali assi di collegamento nord-sud, est-ovest. Due anni fa abbiamo rischiato la secessione dalla Lombardia a causa dello stato manutentivo dei ponti sul Po. C’è stato un momento dove, a parte i collegamenti autostradali, fra Piacenza e Reggio Emilia, era attivo, a pieno regime, un solo ponte.

L’Emilia-Romagna ha bisogno di opere che “funzionino”, ovvero che siano realizzabili e che vengano eseguite. Non serve catapultarsi in programmazioni faraoniche che poi rimangono soltanto sulla carta e si perdono per strada nei mille rivoli della burocrazia. Quello di cui che c’è bisogno è principalmente il coraggio di fare scelte.

Il PRIT98 non conteneva una pianificazione, era un libro dei sogni! A distanza di vent’anni siamo ancora lì. Questa Giunta non è riuscita a concertare con i territori ed i portatori di interesse un nuovo piano e ad oggi il PRIT2025 è semplicemente un canovaccio nel quale ben poche scelte sono state definite. Penso a Piacenza, qualcosa è stato tolto, il resto non è che uno schizzo di massima, gli interventi reali si contano sulle dita di una mano e si limitano al completamento di pianificazioni precedenti ed a un paio di tangenziali.

Del nuovo tracciato sud, che dall’asse Fiorenzuola-Via Emilia arriva all’autostrada E70, fra Piacenza e Rottofreno, esistono ancora soltanto le tre ipotesi che si differenziano fra loro per la vicinanza all’abitato di Piacenza, ma ancora non v’è traccia di scelte, a significare che la realizzazione di una tale opera, a mio giudizio essenziale per il nostro territorio, è rinviata oltre l’orizzonte temporale di questo piano, quindi oltre il 2025. Piacenza ha già atteso abbastanza. Non può attendere in eterno.

Bisogna dare riscontro, non solo con le parole ma con i fatti, ai contenuti e agli investimenti infrastrutturali contenuti nel PRIT. Quello che serve è avere una pianificazione “reali”, cioè tangibile, che comprenda opere cantierabili.

A fianco di queste va condotta un’importante opera di manutenzione ordinaria e straordinaria della rete viabilistica esistente.

Noi oggi paghiamo la scelta fatta dalla Regione, a fine anni ’90, di trasferire la viabilità ricevuta da ANAS, a seguito di declassamento, alle Province. La successiva scelta del PD di eliminare l’Ente provincia ha lasciato questa viabilità nel limbo. Poco importa se poi il referendum costituzionale voluto da Renzi sia fallito miseramente, è dal 2014 che le provincie non dispongono più di risorse adeguate a far fronte al mantenimento della viabilità di competenza.

Oggi bisogna farsi carico con urgenza di questa rete. La Regione, proprio come sta facendo la limitrofa Liguria, deve procedere a riconferire ad ANAS la viabilità strategica partendo dalla provinciale 654 R di Val Nure (SP 654 R) e dalla provinciale 412 R della Val Tidone (SP 412 R) nonché dovrà farsi carico direttamente di una parte del restante patrimonio, solo così si può sperare di poter dare un futuro di crescita a questo territorio ed ai suoi cittadini, che si meritano un territorio infrastrutturalmente interconnesso, proiettato verso nuovi orizzonti e nuovi traguardi.

È poi vitale realizzazione quarta corsia autostradale A1 da Modena a Piacenza, rivedendo la decisione assunta dal MIT.

Se si desidera veramente raggiungere una percentuale di spostamento con mezzo privato inferiore al 50% in un contesto dove si registra un elevatissimo uso dell’automobile per spostamenti minimi, bisogna potenziare i servizi di trasporto pubblico locale, ivi compreso il mezzo ferroviario attraverso un sistema di linee suburbane (modello Trenord) per collegare Piacenza con i comuni della Provincia sfruttando la rete esistente, ad esempio con una linea Castel San Giovanni – Piacenza con fermate intermedie Sarmato, Rottofreno, San Nicolò, una linea Fiorenzuola – Piacenza con fermate intermedie Pontenure, Cadeo e ripristinare il collegamento ferroviario Piacenza – Cremona. Investimenti in questo senso sono stati portati avanti dalla Giunta Bonaccini, ma soltanto all’interno dell’interland bolognese. A Piacenza, al contrario, si è semplicemente assistito alla contrazione del servizio con un depotenziamento delle fermate e la soppressione di biglietterie.

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