Tagli alle spese: “Il Comune ritiri i provvedimenti sulle mense”. Lo chiedono in una nota i sindacati Cgil, Cisl e Uil.
Nel corso di due incontri avvenuti in questi mesi, l’assessore al Bilancio ha affermato che nel bilancio 2019 non vi sarebbero stati tagli alle spese per il sociale e i servizi. Nella realtà dei fatti ci si trova di fronte ad amare sorprese che non lasciano ben presagire per il futuro. Si va dal taglio ai costi per favorire l’integrazione sociale nel campo nomadi, dove risiedono oltre 40 minori, alla riduzione del contributo per le spese culturali del teatro. Per finire agli interventi sulle mense e sugli alimenti serviti nelle scuole dell’infanzia e primarie della città.
In quest’ultimo caso siamo di fronte a una scelta infelice e dal modestissimo impatto economico per i bilanci del Comune di Piacenza. Scelta che tuttavia provoca ricadute negative su un sistema – quello della preparazione dei pasti per i bambini nelle scuole – che si poteva definire di eccellenza con cucine interne esistenti e perfettamente funzionali, anche grazie a personale qualificato su cui si addensano, con questa scelta, nubi all’orizzonte.
Mancato coinvolgimento del sindacato
E’ inoltre grave il mancato coinvolgimento del Sindacato e soprattutto dei soggetti rappresentativi della scuola. Dirigenti scolastici, genitori e Commissioni mensa. Quest’ultimo è l’organismo di controllo sulla qualità del servizio di refezione che assicura la partecipazione degli utenti al suo funzionamento. Come di consueto, assistiamo a decisioni prese senza nessun minimo di condivisione degli organi collegiali.
Siamo ovviamente preoccupati, soprattutto in mancanza di informazioni chiare, delle ricadute che si possono produrre sulla qualità del servizio per l’infanzia. Ci preme evidenziare i non banali riflessi che si produrranno sul personale impiegato.
Forse non tutti sanno che nelle cucine comunali di Piacenza opera sia personale comunale (sempre meno) sia personale dipendente in appalto per la refezione scolastica (Cir Food di Reggio Emilia).
Più precisamente. Nelle cinque scuole in oggetto operano 6 cuoche comunali con l’aggiunta di due cuoche e di circa una ventina di addette alla distribuzione dipendenti della Cooperativa.
Pasti cucinati nelle scuole
Contrariamente a quanto abbiamo sentito affermare durante il Consiglio Comunale, vogliamo precisare quesrto. I pasti destinati ai bambini nei plessi scolastici oggetto di questa decisione sono interamente cucinati dalle cuoche all’interno degli stessi plessi. Mentre nulla, nemmeno la carne, arriva già pronto.
Dal Centro Pasti oggi arriva solo la “materia prima” ancora cruda, che gli operatori cucinano in loco. E’ quindi evidente che qualora la decisione di accentrare la produzione dei pasti a La Verza venisse confermata si andrà incontro ad un cambiamento profondo dell’attuale sistema. Solo la pasta verrà ancora cotta sul posto. E allora. Come possiamo immaginare che a fronte di un cambiamento di questo tipo “nessun lavoratore perderà il lavoro o lo vedrà ridimensionarsi” come dichiarato dall’Assessore Jonathan Papamarenghi? O ancora “rimarrà il cuoco in ogni cucina e nessuno verrà demansionato”?
E permetteteci di dire che le affermazioni del sindaco Patrizia Barbieri (“due verdure cotte e un arrosto”) sviliscono il lavoro delle operatrici. Ne riducono l’attività ad una mera mansione automatizzata e spersonalizzata. In sintesi: non ci convincono le rassicurazioni dall’Amministrazione comunale.
Rischi per le lavoratrici
Rimaniamo infatti fortemente preoccupati circa i rischi per le lavoratrici coinvolte, siano esse dipendenti del Comune o della Cooperativa che gestisce il servizio in appalto.
Demansionamento o riduzione dell’orario di lavoro dei cuochi a seguito della preparazione dei pasti in altra sede. Con conseguente diminuzione dell’attività per la quale gli stessi sono stati assunti. Rischio trasferimenti e di decurtazione delle ore delle addette servizio mensa in appalto. Questo, è evidente, a causa del fatto che parte della loro attività potrebbe venire espletato dai cuochi ormai “sottoccupati”. O per recuperare costi aggiuntivi di trasporto derivanti dalla riorganizzazione. La stragrande maggioranza del personale impiegato nelle mense scolastiche (ad eccezione dei cuochi) è già oggi occupato con un contratto part time di 15 ore settimanali e per i soli mesi di attività scolastica. Lo stipendio che percepiscono è inferiore oggi ai 500 euro netti mensili. Per il periodo estivo non percepiscono retribuzione, indennità di disoccupazione né maturano contribuzione ai fini pensionistici.
Sarà pertanto chiaro a tutti come anche il minimo cambiamento in termini logistici (immaginiamo un trasferimento di scuola) o contrattuali ( un’esigua riduzione oraria) vadano a incidere pesantemente su salari già molto bassi. Senza contare le condizioni di vita di queste persone. Si tratta quindi a nostro giudizio di una logica amministrativa che scarica i disagi prodotti con queste scelte sulla platea dei più deboli. Da un lato i bambini e dall’altro i lavoratori più deboli del mondo degli appalti. Tutto questo ci porta quindi a chiedere con forza il ritiro delle decisioni assunte e l’apertura di un confronto con tutti i soggetti coinvolti per salvaguardare le eccellenze del nostro territorio.
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