Riaprire il termine del 25 novembre, sbloccare i crediti incagliati e riordinare tutto il sistema degli incentivi per interventi sugli immobili. Queste, in estrema sintesi, le richieste formulate dalla Confedilizia al Parlamento in occasione di un’audizione presso la Commissione Bilancio del Senato in merito al cosiddetto decreto “Aiuti-quater”.
Nell’immediato, le esigenze rappresentate dalla Confederazione della proprietà edilizia sono due.
La prima è quella di sbloccare i crediti fermi presso gli intermediari, il cui stallo sta provocando problemi enormi in tutta Italia. A tal fine, Confedilizia invita a ipotizzare anche forme di coinvolgimento diretto dello Stato (con l’acquisto di crediti incagliati da parte di sue partecipate), evidentemente limitate a questa fase transitoria.
La seconda esigenza evidenziata dalla Confederazione è quella di riaprire il termine del 25 novembre per la presentazione della comunicazione di inizio lavori, al quale il decreto “Aiuti-quater” ha condizionato la possibilità di usufruire anche per il 2023 della detrazione del 110 per cento in caso di interventi su edifici condominiali. Ciò, al fine di ridurre quanto possibile i problemi che il brusco cambiamento sta creando a famiglie, professionisti e imprese. Si tratta, da un lato, di salvaguardare le aspettative di molti cittadini e onorare la loro fiducia nelle istituzioni e, dall’altro, di ridurre ingenti perdite economiche ed esteso contenzioso giudiziario.
Per il futuro, Confedilizia invita il Parlamento e il Governo a procedere a una riorganizzazione di tutta la copiosissima normativa esistente in materia dal lontano 1997, al fine di impostare un sistema stabile ed equilibrato di sostegno agli interventi finalizzati a riqualificare il nostro patrimonio immobiliare. Il punto di arrivo, però, non dovrà essere una misura di detrazione unica. Dovranno continuare a essere maggiormente incentivati – come sinora accaduto con il sismabonus e l’ecobonus, poi confluiti nel superbonus – gli interventi di miglioramento sismico e quelli di efficientamento energetico: i primi, per ovvie ragioni legate alla conformazione stessa del nostro Paese; i secondi, in virtù della riconosciuta esigenza pubblica di contenimento dei consumi, ma anche in vista dell’approvazione della nuova direttiva Ue sul rendimento energetico nell’edilizia.
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