“Siamo studenti e studentesse di Piacenza e provincia; oggi siamo scesi in piazza per rivendicare maggiore attenzione e investimenti nel mondo della cultura e della formazione”. Il sit-in si è tenuto a Barriera Genova, nei pressi del liceo Respighi.
“In questi 8 mesi trascorsi dalla prima chiusura delle scuole a causa dell’emergenza sanitaria, il Governo ha avuto la possibilità di progettare e mettere in pratica nuove soluzioni per permettere a studenti e insegnanti di tornare a scuola in sicurezza. Tanto si poteva fare sull’edilizia scolastica (sistemando e trovando nuove strutture, dato che la nostra città pullula di edifici vuoti e inutilizzati); oppure sui trasporti pubblici (aumentando il numero di corse degli autobus, sia all’andata che al ritorno, e non solo in certe fasce come hanno fatto). Purtroppo però il governo ha dimostrato un sostanziale disinteresse a riguardo; tant’è che a settembre ci siamo ritrovati in classi pollaio e a viaggiare su bus stracolmi. E’ evidente che per lo Stato le scuole andavano riaperte perché serviva un grande babysitting pubblico, “perché sennò la gente come lavora?”.
“Dopo 6 mesi di chiusura delle scuole (da marzo fino ad agosto compresi), la questione era ancora ferma sull’obbligo di indossare o meno le mascherine in classe. Il tutto perdendo di vista i nodi centrali come la sistemazione dell’edilizia scolastica, il potenziamento del trasporto pubblico o il rafforzamento della sanità territoriale, che avrebbe potuto garantire un tracciamento più efficace e dunque una maggiore sicurezza anche a scuola.
Siamo arrivati allora, dopo un grave innalzamento dei contagi, alla reintroduzione della didattica a distanza in percentuale totalitaria”.
“Siamo ben consapevoli della gravità e complessità della situazione, siamo i primi a essere preoccupati per le nostre famiglie, per i nostri genitori e i nostri nonni. Tuttavia, proprio questa consapevolezza dell’urgenza dei problemi e delle difficoltà che stiamo vivendo ci porta a denunciare con determinazione le mancanze dimostrate nei nostri confronti”.
“Siamo scesi in piazza insieme alle lavoratrici e ai lavoratori dello spettacolo che anche a Piacenza protestano come in tutta Italia; perché ci sentiamo vicini alla loro lotta e alle loro rivendicazioni. Il Governo ha dimostrato che la cultura non è una priorità per questo paese; non lo sono le scuole, le università, i teatri, i musei, così come tutte le persone che lavorano in questi ambiti: totalmente abbandonati a se stessi senza tutele né garanzie”.
“Ci rendiamo conto che le priorità di questo paese sono altre, legate alla produttività e all’economia, in quanto sappiamo bene che è diffuso il pensiero che “con la cultura non si mangia”. Ebbene, noi crediamo invece che una società realmente democratica e avanzata dovrebbe preoccuparsi in primo luogo dell’istruzione; dovrebbe ripensare i luoghi della formazione in modo diverso, con un ruolo diverso dal parcheggio dei bambini; dovrebbe ripartire dalla cultura e dall’educazione, ma questa volta con aiuti concreti e finanziamenti”.
“Siamo stanchi dei discorsi retorici e crediamo non si possa più andare avanti a suon di misure emergenziali. Serve un piano di investimenti serio e lungimirante; un piano per tornare a scuola in sicurezza, per tutelare chi è senza lavoro e chi ogni giorno rischia di ammalarsi; soprattutto per potenziare la sanità pubblica”.
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