Sul fatto che il cadavere ritrovato tra le acque del fiume Po sia quello di Stefano Barilli ci sono ormai pochi dubbi. Stefano Barilli è morto in Po. Anche sul tragico gesto volontario, secondo le risultanze dell’autopsia, non parrebbero esserci dubbi. Ma qualcuno potrebbe aver spinto il 23enne a togliersi la vita. Per questo motivo la Procura di Lodi ha aperto un fascicolo contro ignoti con l’ipotesi di reato di “istigazione al suicidio”.
Insomma, i dubbi sugli ultimi giorni di vita di Barilli necessitano ancora chiarimenti. In particolare l’attenzione parrebbe concentrarsi sul viaggio in Svizzera, terminato due giorni prima della scomparsa, avvenuta l’8 febbraio. Cos’è accaduto? Stefano potrebbe aver conosciuto qualcuno?
Il ritrovamento del cadavere è stato effettuato da un pescatore che, come dichiarato, inizialmente ha agito con circospezione e titubanza perché credeva si trattasse di un semplice manichino.
Dopo la segnalazione sul posto sono immediatamente giunti i Vigili del Fuoco, i carabinieri di Codogno e Sara Zinone, il sostituto procuratore.
Nonostante la madre del ragazzo, Natascia Barilli avesse dichiarato di: “Non avere certezza sull’identità” della salma anche a causa del macabro particolare dell’assenza della testa, la presenza di un biglietto in cui annunciava la volontà di compiere il gesto estremo e la carta d’identità chiusi con cura all’interno di un’apposita busta di plastica e una cicatrice sul corpo del 23enne hanno fugato qualsiasi dubbio.
Ed è stato proprio la presenza del biglietto a fornire agli inquirenti la possibilità di effettuare una prima ricostruzione precisa dell’accaduto, c’era infatti scritto: “So che non capirete il mio gesto“. Messaggio che lascia molti dubbi sulle motivazioni che hanno spinto il giovane ragazzo al suicidio. Gli ultimi giorni di vita di Barilli necessitano ancora chiarimenti.
Leggi tutta la cronistoria su Stefano Barilli, dalla scomparsa al macabro ritrovamento.
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