Attualità

Spiegare la guerra ai bambini, il pedagogista Novara: “Non paragoniamola ai litigi e non usiamo il sinonimo conflitto” – AUDIO

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione del pedagogista Daniele Novara in merito alla guerra in Ucraina.

La riflessione di Daniele Novara

L’immaginario della guerra ci sta prendendo in ostaggio creando, oltre al danno della guerra stessa, anche la beffa di farci cadere in una comunicazione bellica, militare, con l’elmetto. Possiamo reagire mantenendo saldi i valori della pace, della convivenza, della nonviolenza, dell’articolo 11 della nostra splendida Costituzione italiana.

Ecco alcune possibilità:

  1. Usare sempre la bandiera della pace e non quelle nazionali. Il nazionalismo e il sovranismo sono un pericolo e possono generare guerre, violenze, odio e distruzione. Usiamo la bandiera della pace nei profili social personali e in tutte le occasioni possibili. La si può inoltre esporre fuori dalle finestre della propria casa.
  2. Verificare se i propri investimenti bancari sono usati nell’azionariato bellico, ossia nel sostegno alle industrie delle armi ed eventualmente chiedere alla banca i necessari spostamenti di gestione.
  3. Valorizzare e utilizzare i testi pacifisti e nonviolenti del grande scrittore russo Lev Tolstoj, anima profonda della nonviolenza moderna e maestro riconosciuto del Mahatma Gandhi.
  4. Contrastare l’invio di armi nella guerra in corso da parte dell’Italia, dell’Europa e degli Stati Uniti. Ricordare sempre l’articolo 11 della nostra Costituzione L’Italia ripudia la guerra.
  5. Organizzare meeting ed eventi dove persone di origine russa e ucraina si incontrano in una logica di pace e contro la guerra. Favorire questi atti di reciprocità e di incontro che hanno un enorme valore simbolico.
  6. Non dire ai bambini, figli o alunni che siano, “la guerra è come quando voi litigate”. Non solo è falso, ma mortifica i più piccoli proiettando su di loro l’ombra inquietante della violenza, mentre i litigi fanno semplicemente parte della loro natura e della loro vita che è improntata al gioco, al pensiero magico, alla motricità e che quindi non può contenere l’intenzionalità mortifera della guerra.
  7. Evitare nel limite del possibile di usare il termine “conflitto” come sinonimo del termine “guerra”. Non solo conflitto ha una semantica completamente diversa – deriva dal latino cum-fligere con il prefisso cum- che è attinente alla relazione -, ma è anche pericoloso, sul piano dell’immaginario, far combaciare un’esperienza comune, quotidiana e famigliare come quella del conflitto (che può essere ad esempio condominiale, coniugale o con i figli adolescenti) all’esperienza traumatica, lancinante e angosciante della guerra. Non permettiamolo.

La storia dell’umanità è piena di prove che la violenza fisica non contribuisce al rialzamento morale e che le cattive inclinazioni dell’uomo non possono essere corrette che dall’amore; che il male non può sparire che per mezzo del bene; che non si deve fare assegnamento sulla forza del proprio braccio per difendersi dal male; che la vera forza dell’uomo è nella bontà, la pazienza e la carità; che solo i pacifici erediteranno la terra e che coloro i quali di spada avran ferito di spada periranno.

(Lev Tolstoj)


VERSO LA CATASTROFE

La situazione si fa sempre più pericolosa. Tre settimane di guerra e non si rileva nessun segnale di allentamento della tensione. Le minacce reciproche non cessano e i combattimenti sul campo continuano a essere l’ingrediente principale di quel che sta avvenendo nel mezzo dell’Europa. Ciò che fa paura è la superficialità con cui i leader politici stanno affrontando questo momento senza rendersi conto che gestire una distruttività come quella scatenata dall’establishment e dall’esercito di Putin merita un’altra attenzione, un’altra disposizione. Prende allora spazio il carosello delle terminologie medievali, al massimo ottocentesche: eroismo, resistenza ad ogni costo, “meglio il sacrificio della vita che la schiavitù”, “ci batteremo fino alla morte”. Termini che non hanno alcun senso, se non quello di portare tutti alla catastrofe. Non ci sarà una Terza Guerra Mondiale come non ci sarà una guerra nucleare, ma solo l’estinzione della nostra specie. L’armamentario atomico odierno ha la possibilità di distruggere il Pianeta 100 volte!

Ci si chiede se questi politici abbiano studiato, oppure no, un po’ di storia: Hiroshima, Nagasaki, la Guerra Fredda…

Due anni di pandemia, con le persone isolate in casa e le scuole spesso sprangate, hanno finito col creare una docilità nelle persone stesse, un conformismo, un’incapacità di reagire nemmeno per la propria sopravvivenza… perché di questo si tratta.

È impensabile fare guerra alla Russia, un vero e proprio suicidio. Lo dicono i militari e i loro analisti. Come è possibile che questi politici si appellino al sovranismo, al patriottismo, all’eroismo, al militarismo più bieco e non ricordino la lezione della storia, di ciò che ci arriva dal passato? L’opinione pubblica sembra essere del tutto anestetizzata, incapace di lottare per imporre una riduzione di questa agghiacciante tensione. Addirittura in tanti gongolano sulla nuova cultura del nemico, che è quanto di più angosciante si possa anche solo pensare, e verso la quale non esiste alcuna preparazione psicologica. Davanti a noi il baratro della distruzione reciproca. Addirittura i pacifisti, quelli che cercano di stemperare la tensione e di portare i contendenti a un accordo, vengono accusati, proprio come ai bei tempi del Fascismo e del militarismo, di disfattismo e di essere dalla parte del nemico. Quale nemico? Ma chi sono i nostri nemici? Qualcuno ce lo vuole dire una volta per tutte? I russi? Siamo in guerra con loro? L’incapacità di distinguere fra l’establishment di Putin, con la sua incredibile costruzione dittatoriale, e quello che è uno dei Paesi più importanti d’Europa, ovvero la Russia con tutta la sua cultura (Tolstoj, Dostoevskij, Čechov, Tchaikovsky … tanto per non fare nomi), è un’ennesima dimostrazione di ignoranza, di supponenza e di banalità di una classe politica che non meritiamo e che ci sta portando alla catastrofe. Diventare speculari a Putin e al suo entourage non può essere né la soluzione né una via d’uscita dalla guerra. Occorre spingere sulla pace, sui negoziati e sulla comunicazione. Bisogna smettere di usare insulti e minacce e di esaltare la guerra come ai tempi di D’Annunzio. Nessuno può vincere questa guerra, qualcuno lo dica anche a Zelensky.

Si può reagire? Me lo auguro, ma occorre unire tante forze che in questo momento sembrano totalmente sopite. Aprire spiragli di pace dipende anche da ciascuno di noi, dalla capacità di distaccarsi dall’immaginario unicamente bellico.

Daniele Novara

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