Cronaca Piacenza

Spaccio di droga alla fermata del bus, nove arresti e sedici denunce

Spaccio di droga alla fermata del bus, nove arresti e sedici denunce. Alle prime ore del mattino del 3 luglio scorso, circa 40 militari del comando provinciale di Piacenza hanno arrestato nove persone; si parla di “spaccio di sostanze stupefacenti”, “falso commesso da privato” e “tentata estorsione”.

L’attività d’indagine ha visto impegnato il Nucleo Operativo e Radiomobile di Bobbio e dalla Stazione Carabinieri di San Giorgio Piacentino dall’aprile 2017 al novembre 2018. Le indagini sono partite dalle dichiarazioni di un assuntore di cocaina.

Quest’ultimo aveva raccontato ai militari di Bobbio di rifornirsi saltuariamente di droga da uno spacciatore di Piacenza. Questi solitamente utilizzava come luogo di incontro e spaccio una fermata dell’autobus nella città di Piacenza. Le indagini hanno permesso di appurare un sodalizio di italiani e stranieri che mirava al controllo dello spaccio; in particolare a Piacenza verso la Val Trebbia; il tutto cedendo in larga parte cocaina, ma talvolta anche hashish, a numerosi assuntori.

Sedici denunce

Le operazioni effettuate, oltre a consentire di denunciare a piede libero 16 persone, di cui 3 stranieri, permetteva di definire la struttura. Ma anche le posizioni di vertice e i ruoli dei membri; il tutto nell’ambito di un gruppo malavitoso ben organizzato; nonché di ricostruirne le dinamiche ed il sistema con cui il gruppo operava e gestiva la sua “piazza” di spaccio; permettendo di individuare e definire le modalità di cessione delle sostanze stupefacenti.

Le mirate attività intraprese nei confronti degli odierni indagati consentivano, inoltre, di accertare che gli stessi fossero attivi anche nel settore della contraffazione di documenti; in particolare infatti si procacciavano patenti di guida falsificate che cedevano a cittadini di origine nordafricana.

Nell’ambito della medesima attività d’indagine i militari hanno poi appurato che alcuni di loro avevano per alcuni mesi minacciato i familiari di un loro co-indagato; nei confronti di questo sostenevano di vantare un credito; tentavano quindi di farsi consegnare ingenti somme di denaro, che arrivavano sino a 100.000 euro, per presunti lavori effettuati e non pagati nonché per il prezzo pagato per ottenere appunto documenti contraffatti.

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