Stamattina si è tenuta la conferenza stampa riguardo gli arresti dei sindacalisti del S.I. Cobas e USB avvenuti il 19 luglio (6 leader tutt’ora agli arresti domiciliari, un obbligo di firma e un divieto di dimora successivamente revocati dal giudice per le indagini preliminari in seguito ai primi interrogatori) che ha visto la partecipazione di esponenti locali e nazionali del S.I. Cobas insieme alla penalista Marina Prosperi (che insieme a Eugenio Losco e Mauro Straini segue i sindacalisti del S.I. Cobas) e l’avvocato del lavoro Lorenzo Venini. Di seguito la nota del Coordinamento provinciale S.I. Cobas Piacenza e S.I. Cobas nazionale.
La Procura di Piacenza accusa il S.I. Cobas e USB di associazione a delinquere sulla base degli scioperi compiuti nella logistica dal 2016 al 2021. L’accusa in particolare sostiene che le lotte sindacali siano state fatte unicamente allo scopo di accrescere il potere del sindacato e il prestigio personale dei dirigenti, danneggiando i lavoratori. Una ricostruzione fragile e presto smontabile, a partire dal fatto che i lavoratori, grazie alle lotte e agli accordi sindacali, hanno ottenuto prima di tutto il rispetto del contratto collettivo nazionale nei propri luoghi di lavoro (fino ad allora disatteso), e in seguito più diritti e salari più alti. Lo stipendio dei lavoratori infatti è passato da 500€ al mese a 1800€. Tutto questo a caro prezzo in termini di denunce e misure repressive subite, non da ultimo i recenti arresti dei dirigenti locali e nazionali.
Sono i risultati però quello che conta per chi vive in condizioni di subalternità e che ha permesso di ottenere la fiducia e l’adesione al sindacato da parte di moltissimi lavoratori e lavoratrici: nel giro di dieci anni infatti la logistica è passata da essere un settore caratterizzato da sfruttamento di manodopera e lavoro nero a settore di avanguardia delle lotte sindacali con l’ottenimentodi contratti migliorativi e recupero di miliardi di euro di contributi. Tuttavia mentre le forme di caporalato ed evasione fiscale erano agite impunemente senza che nessuno avesse intrapreso azioni di controllo e di denuncia, oggi sotto accusa è l’azione del sindacato autorganizzato. Quello che si condanna e che quindi si vuole frenare è l’operato del sindacato in quanto tale, il quale perderebbe la sua funzione se si limitasse a concertare situazioni di sfruttamento e precarietà, tanto più dopo il calo dei salari avvenuto negli ultimi 30 anni e il più recente aumento dell’inflazione.
Nonostante all’interno dell’ordinanza non si parli mai di reato di estorsione, non essendoci gli estremi per questo capo di imputazione, si utilizza il termine “estorsivo” per definire gli scioperi con i quali abbiamo raggiunto contrattazioni di secondo livello. Come sottolineato anche dall’avvocato del lavoro Venini, è normale prassi che, di fronte a una richiesta del sindacato rifiutata da parte dell’azienda, il sindacato indica uno sciopero: se questa viene chiamata estorsione, possiamo dire addio a qualsiasi relazione sindacale che non sia appiattita agli interessi di padroni e multinazionali.
Nelle 350 pagine di indagini della Procura, vengono messi sotto i riflettori elementi del tutto quotidiani e regolari dell’attività sindacale, quali stabilizzazioni e buonuscite – che possiamo definire come aspetti positivi per i lavoratori e non il contrario -, gli introiti derivanti dal tesseramento (pari a 12€ per il S.I.Cobas) e dalle conciliazioni, ovvero contributi comunemente richiesti da tutte le organizzazioni sindacali per sostenere le spese di avvocati, consulenti del lavoro e dell’organizzazione (da noi richieste sempre le percentuali minime).
È evidente dunque come l’operazione repressiva portata avanti da PM e Procura di Piacenza contro i sindacati di base sia squisitamente politica ed abbia l’obiettivo di screditare e delegittimare le battaglie che sono state portate avanti in questi anni. Se così non fosse, non si comprenderebbe perché la conferenza stampa della Procura sia stata tutta incentrata su supposti “ritorni personali” dei sindacalisti quando detti ritorni non costituiscono oggetto di denuncia agli atti.
Ma è tutto l’impianto accusatorio che tradisce mala fede e pregiudizio. Si leggono passaggi razzisti come “naturalmente risulta facile indottrinare le maestranze a forte prevalenza di migranti”, secondo cui i lavoratori sarebbero pedine ignoranti solo perché immigrati. Senza dimenticare che anche il coordinatore Arafat è migrante…
Stato e padroni, impauriti di vedere il salario di un operaio aumentare mentre i dieci uomini più ricchi hanno visto il proprio patrimonio raddoppiare durante la pandemia, attaccano arbitrariamente persone che hanno dato la loro vita per queste lotte di dignità e sfruttano tutto il loro potere per tagliare le gambe a un sindacato che ha tolto dall’abbandono migliaia di famiglie. L’obiettivo evidente è spaventare in vista di un autunno in cui gli italiani potrebbero chiedere conto allo Stato delle scelte suicide che ci hanno condotto all’economia di guerra e al raddoppio dei prezzi dei beni essenziali. Per questo motivo resisteremo a ogni attacco fino a che i nostri compagni non saranno liberi, resisteremo ad ogni attacco contro le nostre lotte.
Il 3 agosto si terrà il riesame per la revoca o conferma delle misure cautelari presso il tribunale di Bologna, invitiamo tutte e tutti i solidali di partecipare al presidio che si terrà quella mattina e a firmare l’appello di solidarietà che si trova in rete. Ci dichiariamo pronti a portare avanti la lotta, con scioperi e manifestazioni, finché i nostri compagni non verranno liberati!
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