A XNL Piacenza un incontro-evento per parlare di scuola da molteplici punti di vista. Il primo, privilegiato, è quello di Alessandro Fusacchia che fu capo di gabinetto al Miur all’epoca della riforma “La Buona scuola” e che oggi ha restituito quell’esperienza nel suo libro Lo Stato a nudo (Laterza, 2022), in cui l’autore prova a spiegare, con sguardo critico e autocritico, come una legge che voleva essere rivoluzionaria ha finito per trovarsi tutto il Paese contro.
L’incontro ha dato voce ai principali protagonisti di questa vicenda: al sindacato e alla scuola, con la partecipazione del presidente Invalsi Roberto Ricci e della segreteria nazionale CISL; agli organi ministeriali, con la senatrice Simona Malpezzi, già sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento e il presidente di Fondazione Roberto Reggi, già sottosegretario al Ministero dell’Istruzione.
Con la partecipazione straordinaria dell’attore Silvio Orlando – indimenticabile professor Vivaldi del film “La scuola” di Daniele Luchetti (1995) – e del critico cinematografico Anton Giulio Mancino, la scuola e le sue contraddizioni saranno messe in luce anche con il linguaggio poetico e critico del cinema.
Quale considerazione ha il cinema del sistema scolastico?
“Dipende dalle epoche – commenta Silvio Orlando – quando abbiamo messo in piedi il primo progetto inerente alla scuola, nello specifico la scuola superiore, diciamo che quest’ultima era stata veramente bistrattata, possiamo dire di aver riempito un piccolo vuoto all’epoca. Poi dopo è diventato materiale soprattutto per fiction televisive. Però quei due film che abbiamo fatto sul tema, ovvero La Scuola e Auguri Professore mi sembra che abbiano segnato un po’ un’epoca ma anche una scuola di pensiero, diventando anche materiale didattico.
Se potesse, quale cambiamento porterebbe all’ambito scolastico?
“La scuola non è una variabile indipendente, la scuola è una variabile che dipende da tutto lo spettro sociale in cui si trova a incidere. Quindi mi piacerebbe che ci fossero città più aperte, meno settorializzate, senza quartieri borghesi, piccolo-borghesi, proletari: città dove le persone si riuscissero a mischiare, dando ognuna il proprio contributo. Nella nostra scuola, la scuola che ho fatto io, c’erano persone di tutti i ceti sociali: magari anche a furia di mazzate e schiaffoni, però qualche informazione tra di noi passava”.
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