Riceviamo e pubblichiamo la nota dei lavoratori del Blocco “G” di Geodis Castel San Giovanni.
Siamo i lavoratori del “blocco G” di Geodis Castel San Giovanni. Vogliamo denunciare come, a poche ore dalla decisione del Tribunale di Bologna che ha portato a decadere l’accusa di associazione a delinquere contro il S.I.Cobas, la Questura di Piacenza abbia comminato a alcuni di noi e ad altri lavoratori Geodis altrettante denunce relative a uno sciopero del mese di giugno.
Le accuse sono le medesime, letteralmente un copia e incolla, che si sono viste in tutti gli scioperi dei lavoratori della logistica in questi anni. Manifestazione non autorizzata (in assenza di manifestazioni) e “violenza privata” in riferimento al pacifico sedersi di fronte ai cancelli. In una precedente nota ai giornali abbiamo definito questo “vendetta” contro chi lotta per i propri diritti.
Solo cinque giorni dopo la liberazione dei sindacalisti arrestati e questa ulteriore incresciosa dimostrazione di fanatismo repressivo, ecco che anche l’azienda interviene per opprimerci ulteriormente, proprio noi che già abbiamo ricevuto la denuncia a nostro carico.
Nel dettaglio, l’amministratore di Logidea SRL (che, come al solito nel settore, lavora in appalto nel magazzino Geodis al blocco “G”) ci ha avvicinato con modi intimidatori pretendendo di spostarci di magazzino e sostenendo che “chi alza la testa viene spostato, demansionato e se protesta viene arrestato”.
Non solo: proprio Logidea continua a violare il contratto nazionale inquadrando carrellisti e responsabili al livello 6j quando spetterebbero loro il 4° e il 3°, con differenze paga di migliaia euro all’anno per ciascun lavoratore.
Questo è il modello che il sistema capitalista, supportato dalle operazioni repressive come quella a cui il territorio piacentino ha assistito con rabbia in luglio, vorrebbe disegnare per il futuro dei lavoratori piacentini: sfruttamento e impossibilità di difesa dei diritti elementari.
Come lavoratori del blocco G di Geodis teniamo a comunicare a tutta la cittadinanza che sono numerosi gli esposti e le segnalazioni di pericolo per mancanza di sicurezza e in riferimento a minacce ricevute dai datori di lavoro all’ispettorato del lavoro, alla Prefettura e alla Questura. Ricordiamo che proprio in giugno si è sfiorata la tragedia con un lavoratore scampato per miracolo alla caduta di un frigorifero da quattro metri di altezza. Il risultato di tutte queste segnalazioni non è stato altro che venire demansionati e spostati dal nostro posto di lavoro come reprimenda antisindacale.
Il messaggio è chiaro: “Chi denuncia alle istituzioni avrà vita impossibile”. D’altra parte, le istituzioni non muovono un dito e anzi ci denunciano. Ci troviamo quindi fra l’incudine e il martello: se scioperiamo veniamo denunciati, se non scioperiamo dobbiamo subire ogni violazione della legalità del lavoro e sanzioni punitive. Chiediamo solo una vita e un lavoro sereno, libero da discriminazione e repressione, guadagnando la paga corretta che ci spetta. Non ci pare di chiedere troppo, solo ciò che ci è dovuto. Invitiamo tutti ad aprire gli occhi e annunciamo che anche se i nostri sindacalisti sono colpiti dalle misure repressive noi ci difenderemo e non ci faremo mettere in piedi in testa da nessuno, perché il sindacato siamo noi.
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