Le pagine dei quotidiani cittadini ospitano da giorni molteplici appelli alla riapertura dei servizi rivolti all’infanzia, anche rispetto alla fascia d’età 0-3 anni.
È evidente a tutti la necessità di riconsegnare al più presto ai più piccoli gli spazi e la socialità che questa emergenza sanitaria ha sottratto. I bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze e con essi i genitori, il mondo educativo, sono stati i grandi assenti di questa Fase 2. Solo alcuni hanno potuto beneficiare dei servizi da remoto, che hanno provato a mantenere un filo nel percorso di crescita dei minori nella fascia 0-3 e affiancare le famiglie; così come le persone disabili e le loro famiglie hanno potuto contare solo su un sostegno minimo garantito dalla possibilità offerta dalla legge di attivare alcuni progetti educativi individuali a domicilio.
È innegabile il bisogno delle famiglie, che si accompagna parimenti all’ansia di affidare i propri figli in sicurezza; è comprensibile l’urgenza dei soggetti gestori, così come il desiderio di molti lavoratori che da mesi si sostengono economicamente solo attraverso gli ammortizzatori sociali.
Anche per queste ragioni, ma soprattutto per garantire condizioni di sicurezza per lavoratori e utenti di questi servizi, giorni fa hanno chiesto al Comune di Piacenza, ai Comuni Capi Distretto e alle Centrali Cooperative di stipulare un protocollo condiviso per ripartire in sicurezza nei servizi rivolti all’infanzia e alla disabilità.
Abbiamo riscontrato l’interesse del mondo cooperativo oltre che di soggetti legati alle famiglie dei disabili, ma dobbiamo riscontrare che non abbiamo avuto alcun formale riscontro da parte delle istituzioni.
Il nostro territorio è tra quelli in Italia che più hanno sofferto per il coronavirus e oggi abbiamo il dovere morale di risollevarci come comunità e come tale dobbiamo ragionare, insieme.
Il Governo e la Regione nel suo protocollo regionale per la sicurezza dei centri estivi hanno dato un contributo non sufficiente per consentire ai servizi per l’infanzia e l’adolescenza di funzionare compiutamente in una logica di garanzia e di qualità.
Sulla presenza di personale qualificato, sull’uso dei dispositivi di protezione individuale, sulla trasparenza dei test sierologici, sulle procedure in caso di lavoratori o bambini sintomatici è necessario trovare una declinazione precisa. Declinazione che consenta al territorio piacentino di ripartire secondo quelle logiche di precauzione e sicurezza che i nostri Sindaci, oltre alle autorità sanitarie, giustamente e doverosamente ribadiscono in tutti i modi.
Il sindacato ed i lavoratori non si sottraggono alla logica della corresponsabilità per far ripartire i servizi, ma vogliono essere partecipi di un patto condiviso con Comune di Piacenza, Comuni Capi Distretto e soggetti gestori, un accordo su procedure e strumenti di lavoro.
Nulla viene detto rispetto ai servizi di Asilo Nido e non è un caso. E’ chiaro che si tratta della fascia più delicata, rispetto alla quale è evidente, oltre che contrario alle logiche educative tipiche dell’età, l’impossibilità di rispettare il distanziamento, di utilizzare le mascherine (o di non toglierle, giocando, agli educatori) di non toccarsi il viso o di non avvicinare le mani e oggetti potenzialmente infetti alla bocca.
Lo diciamo chiaramente, i servizi di asilo nido non sono babysitteraggio e non sono le “tate” tagesmutter: sono servizi educativi che non vanno snaturati. Dobbiamo parlare di interventi mirati a favore delle famiglie più in difficoltà, di gruppi piccolissimi con rapporti educatore-bambino di 1 a 2 o al massimo 1 a 3. Abbiamo necessità di parlare di un raccordo serio con la pediatria di comunità e con i pediatri di libera scelta.
Dobbiamo e possiamo, in definitiva, pensare a un modello piacentino in sicurezza e di qualità ma dobbiamo farlo insieme e farlo presto.
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