Da qui escono hamburger e tagli di carne che arrivano nei supermercati: solo una decina di dipendenti diretti e tutti gli altri – oltre sessanta – impiegati tramite appalti e cooperative che continuano a cambiare, lasciando per strada lavoratrici, lavoratori “e i loro diritti” spiegano Flai Cgil, Uila Uil e Si Cobas di Piacenza che parlano di “diciannove licenziamenti indiscriminati”.
E’ sciopero in corso alla Sole srl di Montale (Piacenza) con il 97% di chi lavora le carni, attività principale dell’azienda di via Grazia Cherchi, che hanno incrociato le braccia e hanno organizzato un sit-in di fronte ai cancelli dell’azienda dalle prime ore di martedì 2 aprile.
Sono Fiorenzo Molinari (Flai Cgil), Michela De Nittis (Si Cobas) e Matteo Placentino (Uila) a spiegare i termini della protesta. “Seppur nella criticità di un numero di cambi appalto frequentissimi nel tempo, appena prima di chiudere un accordo in merito, l’azienda ha presentato una lista di lavoratori non graditi che sarebbero stati lasciati a casa, tra chi presta servizio da 20 anni a chi era appena rientrato dalla maternità – spiegano Molinari, De Nittis e Placentino di fronte ai cancelli dell’azienda – Abbiamo interessato di questa incredibile vicenda la Prefettura di Piacenza, a cui venerdì abbiamo chiesto di convocare un incontro: attendiamo fiduciosi”.
“Quel che è certo è che proseguiremo questa battaglia anche dal punto di vista legale, perché siamo di fronte non a un cambio di appalto ma a un trasferimento d’azienda, il tutto fittizio con il solo obiettivo di ridurre il costo del lavoro e aumentare gli utili sulle spalle di chi lavora. Per noi – continuano i sindacalisti – l’obiettivo è l’internalizzazione che metta fine a questi balletti sulla pelle di chi lavora per vivere”.
Al Sole si lavora fino a otto ore nelle celle frigorifere, in un’azienda “che appalta il suo core business” sostengono Cgil, Sicobas e Uil. Un’unità sindacale raggiunta immediatamente dopo la presentazione, da parte dell’azienda, di due “liste” per l’imminente cambio appalto. In una, i dipendenti “graditi” che avrebbero proseguito il lavoro e l’altra con la lista dei nomi di chi doveva finire il proprio servizio. “Una discriminazione inammissibile che non ha fatto altro che unire il fronte sindacale, facendo emergere che la responsabilità civile delle aziende, prevista dalla Costituzione, qui sembra non valere. Così non va”.
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