In merito all’incidente avvenuto in data 12 Aprile a Piacenza, che ha coinvolto una delle nostre ambulanze in servizio su un codice, che ci tengo a puntualizzarlo, era di massima urgenza per una sospetta patologia tempo-dipendente, sentiamo il dovere di intervenire con alcune riflessioni.
Paolo Rebecchi, coordinatore provinciale di Anpas, interviene sull’incidente avvenuto in via Rigolli, incidente che ha visto coinvolta un’ambulanza.
Premetto che queste poche righe non vogliono entrare nel merito dell’incidente su cui esprimiamo vicinanza a tutti i coinvolti e nel caso tutto il supporto necessario, e per quanto concerne le responsabilità ci affidiamo pienamente alle autorità competenti affinché vengano ricostruite con precisione le dinamiche dell’accaduto. Non siamo qui per individuare colpe, né da una parte né dall’altra. Quello che ci preme sottolineare è altro.
Successivamente all’accaduto, abbiamo assistito con amarezza alla diffusione di alcuni, per fortuna pochi, commenti social dai toni discutibili per non dire altro, alcuni giudicanti e, in alcuni casi, intrisi di ignoranza e forse anche di cattiveria. Comprendiamo e rispettiamo la libertà di espressione, ma crediamo fermamente che questa debba sempre rimanere nei limiti del rispetto, soprattutto quando si commentano eventi complessi e delicati come un incidente in cui sono coinvolti operatori del soccorso in pieno servizio di emergenza.
Chi guida un’ambulanza, chi sale su un mezzo di soccorso o di emergenza in generale, lo fa consapevole di assumersi grandi responsabilità. Non mi soffermo sulla vita di molti dei NOSTRI che spesso fanno sacrifici incredibili per essere li con noi anche per VOI, nelle nostre divise, togliendo tempo a famiglia, lavoro o altro, o venendo nelle nostri sedi dopo una seduta di chemioterapia.
Ci tengo però a dire che ogni giorno, i nostri volontari e operatori professionisti, affrontano situazioni difficili, prendono decisioni in pochi secondi, percorrono strade anche a sirene spiegate per cercare di arrivare il prima possibile dove qualcuno ci aspetta, non per fare l’aperitivo del Venerd, “che è bellissimo”, ma per occuparci di un famigliare, di un collega, di un genitore, comunque di qualcuno che ha bisogno. Noi siamo persone ricche di difetti, siamo persone che sbagliano, ma siamo li per TUTTI, con i limiti degli esseri umani. Il nostro è un impegno costante, silenzioso, spesso dato per scontato.
I mezzi di soccorso non sono semplici veicoli: sono spesso strumenti di vita, presidi mobili di speranza, colonna portante di un sistema di protezione e cura che non si ferma mai – né di giorno né di notte.
Per questo, non accettiamo che vengano gettate ombre o discredito generiche su chi, in buona fede, opera al servizio della comunità. Ogni parola scritta sui social ha un peso. E quando questo peso si trasforma in giudizio, offesa o condanna, si finisce per ferire chi si sta semplicemente mettendo al servizio degli altri.
Pur consapevoli che ormai è comune vedere quotidianamente attacchi social spesso mascherati da nickname fantasiosi a persone, istituzioni, o altro, non chiediamo di non essere criticati, ci mancherebbe, ma di avere un minimo rispetto.
Continueremo a lavorare con serietà, rispetto e dedizione. E chiediamo alla cittadinanza – a cui siamo vicini ogni giorno – di fare lo stesso: con spirito critico, certo, ma anche con consapevolezza e umanità.
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