“Negli ultimi 10 anni la Sanità Pubblica ha subito tagli di 37 miliardi di euro. Rispetto agli altri paesi europei il finanziamento pubblico è sceso nel 2022 intorno al 6% del PIL , quando in Europa la media è di circa l’ 8-9%”. Una situazione che secondo i sindacati riguarda anche Piacenza. Per questo motivo la Cgil ha deciso di scendere in piazza insieme ad altre organizzazioni sindacali, associazioni e comitati della provincia. Un sit in allestito questa mattina in piazza Cavalli, sotto i portici Inps.
“Sono stati chiusi 111 Ospedali e 113 Pronto Soccorso. Rispetto al 2013 sono 37.000 i posti letto in meno e 29.000 meno gli addetti fra medici, infermieri, personale tecnico e operatori socio-sanitari. In questo scenario, la sanità privata (convenzionata e non) prolifera ed aumenta a dismisura i profitti. Questo a discapito della Sanità Pubblica che, invece, sta morendo lentamente”, spiegano gli organizzatori.
“Chiediamo più finanziamenti per la sanità pubblica e riforme che recuperino lo spirito originario della legge 833/1978 smantellata negli anni, adeguandola all’attuale contesto sociale”. Spiega Stefania Pisaroni, responsabile per la Sanità della Cgil.
“Riteniamo che la discussione aperta attorno alla possibile realizzazione del Nuovo Ospedale di Piacenza (la cui realizzazione, se ci saranno le risorse, non è prevista in meno di 10-12 anni) non debba distogliere risorse per il funzionamento di tutti i servizi ospedalieri e territoriali della provincia su cui invece occorre investire, e subito, in risorse economiche ed umane per rispondere alle criticità da più parti riscontrate”.
“A Piacenza è urgente riprogettare il Piano socio sanitario del 2017 e lo si deve fare avviando un percorso partecipato con la cittadinanza, il personale della sanità e le diverse associazioni di rappresentanza per cercare soluzioni condivise. Chiediamo un piano di investimenti, anche in organico, per la salvaguardia ed il potenziamento della rete ospedaliera provinciale ripristinando quei servizi (a Fiorenzuola, Castel San Giovanni) che in questi anni si sono visti depotenziati e/o cancellati, compresa la riapertura dei Pronto Soccorso H24. Chiediamo impegni su Bobbio che rendano evidente quel potenziamento promesso, ma che ancora non si vede, nel passaggio da Os.Co a ospedale di Montagna”, continua.
“Bisogna attivare un modello di sanità provinciale che garantisca il rispetto dei tempi di attesa per visite, esami e ricoveri (LEA). Che riduca i disagi dovuti ai lunghi spostamenti e che eviti un ormai problematico sovraccarico di lavoro sul nosocomio del capoluogo (al quale va riconosciuta e potenziata la risposta specialistica). Chiediamo che vengano realizzati, nello spirito del DM 77, gli obiettivi della medicina territoriale nei vari distretti della provincia (Case di Comunità). Non solo dal punto di vista infrastrutturale, ma anche nelle funzioni che lo stesso piano sociosanitario regionale del 2016 aveva previsto”.
Case di Comunità come punti di riferimento per la popolazione. Con adeguata attrezzatura diagnostica, consultori, ginecologici e per le malattie mentali, pediatria, reti di assistenza domiciliare potenziate dalla figura dell’infermiere di comunità. Una organizzazione di supporto al cittadino per l’accesso ai servizi sanitari e sociosanitari della provincia, rilanciando così il sistema della prevenzione, cura e riabilitazione.
Una organizzazione territoriale anche a supporto dei Centri di Assistenza ed Urgenza (C. A. U.) indicati recentemente dalla regione come punti di riferimento per la presa in carico degli interventi di emergenza in codice bianco e verde. Possono trovare nelle Case di Comunità (come previsto dalla stessa Regione) quel supporto logistico, professionale e di dotazioni necessarie allo svolgimento delle loro funzioni..
L’obiettivo che proponiamo è una risposta sanitaria integrata (e non concorrente) tra Case di Comunità. Medicina Territoriale e rete ospedaliera provinciale che garantisca una adeguata presa in carico/cura della persona organizzando al meglio le procedure d’accesso ai servizi sanitari e sociosanitari della provincia,
Per questo serve una riorganizzazione chiara e condivisa, che non può prescindere da maggiori risorse per aumentare gli organici di tutti i profili professionali che operano all’interno del sistema socio – sanitario.
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