«Le banche più efficienti sono quelle meglio gestite e la qualità della gestione non dipende affatto dalla loro dimensione». Ne è convinto il prof. Roberto Ruozi, ospite dell’Autunno culturale della Banca di Piacenza e relatore della conferenza sul tema “Considerazioni sulle dimensioni delle banche”, che si è tenuta al PalabancaEventi di via Mazzini davanti a un pubblico talmente numeroso che sono state necessarie tre sale – la Panini, con la Verdi e la Casaroli videocollegate – per poterlo accogliere. L’illustre relatore è stato presentato dal condirettore generale della Banca Pietro Coppelli, che ne ha sottolineate «l’indipendenza del pensiero» e «la grande esperienza del settore bancario». Per tanti anni rettore dell’Università Bocconi, di cui è professore emerito, il docente è nel consiglio d’amministrazione di numerose società e banche, presidente del Touring Club e di Unione Fiduciaria. Giornalista e saggista, ha collaborato e collabora con diversi quotidiani e periodici. Fra le tante passioni, quella per la musica lirica e per Giuseppe Verdi in particolare (è presidente della Fondazione intitolata al Maestro che gestisce a Milano la casa di riposo per musicisti).
Il prof. Ruozi ha definito «non banale» il problema della dimensione delle banche, dimensione che un tempo veniva valutata con il volume dei depositi, mentre oggi si utilizza il totale dell’attivo dello stato patrimoniale. «Le Autorità di vigilanza e quella italiana in particolare – ha spiegato il relatore – hanno negli anni passati fatto pressioni affinché gli Istituti di credito perseguissero l’obiettivo dell’aumento dimensionale per migliorare l’efficienza e l’efficacia del sistema bancario. Un traguardo che può essere raggiunto per via interna o esterna: in quest’ultimo caso attraverso l’acquisizione di altre banche, siano esse in buona salute o in difficoltà, operando nel caso un salvataggio. L’acquisizione ovviamente aumenta la concentrazione bancaria perché la dimensione media cresce». Il prof. Ruozi ha quindi fornito alcuni dati significativi di questa incrementata concentrazione: nel decennio 2012-2021 il numero di istituti di credito operanti è passato da 706 a 456; il numero di sportelli è diminuito da 32.881 a 21.650 e gli addetti scesi da oltre 315mila a 269.625. Ma perché si fanno le fusioni? Tre gli obiettivi, ha esemplificato l’oratore. L’ottenimento di economie di scala (pesando meno i costi, questo può tradursi in una riduzione dei prezzi, ovvero in un aumento dei profitti); l’entrata in segmenti di mercato dove vengono richieste certe soglie dimensionali; la difesa delle posizioni competitive già acquisite (esigenza delle banche piccole e medie che operano nei loro territori di appartenenza e che bloccano così la crescita della concorrenza).
«Studi più recenti – ha proseguito il prof. Ruozi – hanno sollevato perplessità sulla bontà di un sistema bancario con solo grandi banche, portando ad esempio l’importanza strategica che negli Usa hanno le oltre 4mila community bank esistenti. Comincia a farsi strada il principio che sia meglio avere un sistema più variegato, con banche di diverse dimensioni; qualcuno ha parlato di biodiversità del sistema bancario. Si è cominciato a vedere che le economie di scala, al di là di una certa dimensione, non funzionano più e si è iniziato a valutare il rischio sistemico dell’eccessiva concentrazione, che porta con sé il rischio di limitare la concorrenza, che deve guardarsi dal pericolo dell’elefantiasi bancaria». In alcune situazioni si è iniziato a porre dei limiti dimensionali, obbligando gli Istituti a cedere a terzi certe attività. Il docente ha infine fatto presente come l’efficienza di una banca non sia legata alla dimensione, ma ad altre variabili, come i crediti deteriorati, la qualità dei ricavi, il rapporto tra questi ultimi e i costi. «Le banche piccole – ha ribadito il prof. Ruozi, al quale il dott. Coppelli ha consegnato la Medaglia della Banca – possono essere efficienti, perché la capacità strategica e la qualità di gestione sono molto più importanti delle economie di scala, dalle quali prescindono». Un concetto ripreso dal presidente del Cda Giuseppe Nenna, che ha ricordato le caratteristiche della Banca di Piacenza, fortemente legata al territorio e dove conta la capacità di gestire e amministrare.
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