Richiedenti asilo. “Invasione? In Emilia-Romagna i richiedenti asilo rappresentano appena il due per mille della popolazione. Poco più di 9 mila su una popolazione di quasi quattro milioni e mezzo di persone. Mentre a Piacenza la percentuale è 3,2 per mille. Il vero rischio su cui occorre fare attenzione è la marginalità sociale. Marginalità che inevitabilmente finisce per alimentare il lavoro nero e lo sfruttamento”. E’ quanto emerge, numeri alla mano, da un’analisi della Cisl regionale presentata ieri a Bologna nel corso del convegno “#Primalepersone L’Emilia-Romagna che accoglie”.
La critica esplicita mossa dal segretario generale della Cisl Filippo Pieri è indirizzata al cosiddetto ‘decreto sicurezza’. Decreto “che contrappone al modello emiliano di accoglienza un sistema di strutture, come i Cas e gli Sprar, senza i servizi di integrazione sociale. Il riferimento è a corsi di italiano, di formazione professionale, orientamento al lavoro. Proprio quei servizi di integrazione sociale che hanno invece determinato il successo del sistema regionale”.
“Tutto è migliorabile, ma il sistema di accoglienza della nostra regione è stato sicuramente un modello virtuoso. Per la presenza di un hub centrale per l’accoglienza in emergenza, la preferenza di strutture di piccole e medie dimensioni. Ma anche la diffusione territoriale, fino ad arrivare all’ ’80% dei comuni che accoglieva”. Così gli ha fatto eco Ciro Donnarumma, componente della Segreteria regionale Cisl con delega alle politiche migratorie”.
“Il vero pericolo – commenta Marina Molinari, Segretario generale Cisl Parma Piacenza, a margine dei lavori del convegno – è che l’abolizione del permesso per motivi umanitari, produca entro l’anno prossimo tra i 130 e i 140 mila migranti irregolari. Possibili, se non probabili, vittime di caporalato, lavoro nero e sfruttamento. La tenuta sociale della comunità di Piacenza ne riceverebbe un duro colpo, perché le nuove norme tenderanno a determinare un sistema di minore qualità nell’assistenza e nell’accoglienza con risvolti occupazionali negativi per tante professionalità che in questi anni si sono formate per facilitare l’integrazione. Un’integrazione che ha conseguito risultati complessivamente positivi nel mondo del lavoro considerato che nella sola Emilia-Romagna, i lavoratori immigrati contribuiscono al 12% del Pil regionale”
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