Riaperture il 18 maggio, Beatrice parrucchiera piacentina: “Al 18 maggio manca pochissimo. Non abbiamo ancora niente di ufficiale su come lavorare in sicurezza“. Lo spiega in diretta a Radio Sound una professionista che ha un negozio, Beauty B, da oltre 20 anni a Piacenza.
“E’ venerdì e non abbiamo ancora le linee guida per lavorare in sicurezza – spiega Beatrice – così è difficile organizzarsi per riaprire da lunedì. Abbiamo solo seguito delle indicazioni delle bozze apparse in queste ore, ma non sappiamo se stiamo facendo bene. I clienti ci chiamano, ma non possiamo ancora prendere prenotazioni. Questa situazione è inverosimile.
Certo, dopo tre mesi non vediamo l’ora, saremmo ripartiti anche nel nostro giorno di chiusura! L’unica cosa che posso fare è riprendere da sola senza la mia dipendente così da avere ancora più distanze, ma questa corsa ad aprire diventa impossibile se non sai come farlo.
Coronavirus, aggiornamento Piacenza 15 maggio.
In riferimento al dibattito in corso sui profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro per le infezioni da Covid-19 dei lavoratori per motivi professionali, è utile precisare che dal riconoscimento come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro.
Sono diversi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail per la tutela relativa agli infortuni sul lavoro e quelli per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Queste responsabilità devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail.
Pertanto, il riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Istituto non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, considerata la vigenza in tale ambito del principio di presunzione di innocenza nonché dell’onere della prova a carico del pubblico ministero. E neanche in sede civile il riconoscimento della tutela infortunistica rileva ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa di quest’ultimo per aver causato l’evento dannoso.
Al riguardo, si deve ritenere che la molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità in relazione all’andamento epidemiologico, rendano peraltro estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro.
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