
“La recente sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale che ha introdotto un meccanismo di perequazione ( rivalutazione ) delle pensioni a blocchi anziché a scaglioni, riducendo progressivamente l’indicizzazione per gli assegni superiori a quattro volte il trattamento minimo”. Lo sostiene il sindacato Spi Cgil.
La nota dello Spi Cgil
Pur riconoscendo la necessità di garantire la stabilità del sistema, la sentenza ha ribadito che non esiste un diritto costituzionale alla perequazione piena e automatica e che il legislatore ha discrezionalità nel bilanciare le esigenze di bilancio pubblico con la tutela previdenziale.
A nostro avviso e, secondo il parere del collegio sindacale che ci assiste, la Corte non ha adeguatamente valutato il meccanismo di applicazione delle aliquote di rivalutazione . Il passaggio dal sistema a scaglioni a quello a blocchi ha introdotto un criterio più iniquo e penalizzante.
Il sistema a blocchi applica l’aliquota decrescente sull’intero trattamento pensionistico, determinando una riduzione più marcata della rivalutazione rispetto al sistema a scaglioni , che invece suddivide la pensione in fasce applicando la percentuale di rivalutazione a ciascuna di esse . Questo cambiamento produce effetti distorsivi e un’erosione strutturale del potere di acquisto delle pensioni, senza alcuna garanzia di recupero futuro. Infatti la riduzione del potere d’acquisto delle pensioni non è temporanea e non è recuperabile.
Una tassazione occulta
Questa può essere considerata una tassazione occulta delle pensioni. La stabilità delle regole di rivalutazione dovrebbe essere un principio cardine del sistema previdenziale, invece il Governo ha nuovamente modificato il meccanismo di rivalutazione , determinando un taglio sulle pensioni di oltre 3,5 miliardi di euro nel 2023 e oltre 6,8 miliardi nel 2024, per un totale di oltre 61 miliardi di euro nel decennio 2023 – 2032. Questi numeri evidenziano come la perequazione ( rivalutazione ) delle pensioni venga costantemente utilizzata come leva per ridurre la spesa pubblica a scapito dei pensionati.
Proprio per questo , ribadendo la nostra iniziativa politica e sindacale per avere uno strumento certo di tutela del potere d’acquisto delle pensioni , riteniamo ancora valido il contenzioso che, come CGIL, SPI e INCA , abbiamo promosso davanti a diversi tribunali in Italia , con l’obiettivo di chiedere l’applicazione della stessa percentuale di rivalutazione per fascia di importo e non per l’intero trattamento pensionistico. Questo principio, che garantirebbe almeno maggiore equità , è uno dei punti di ancoraggio della nostra battaglia .
Pensioni inadeguate
Inoltre vogliamo sottolineare il tema dell’adeguatezza delle pensioni, in particolare quelle più basse, che si sarebbe potuto affrontare attraverso l’ampliamento della platea dei beneficiari della quattordicesima ; questo insieme all’attuazione di un corretto meccanismo di perequazione automatica sopracitato è uno dei temi centrali contenuti nella Piattaforma Unitaria su cui siamo impegnati a dare continuità alle iniziative di sensibilizzazione e di mobilitazione, coinvolgendo anche le singole realtà territoriali.
Il meccanismo della mancata piena rivalutazione colpisce in particolare i pensionati che, dopo una vita di lavoro, hanno versato contributi significativi , pagato le tasse e contribuito alla sostenibilità del nostro sistema di welfare e dei servizi. Ora, questi pensionati, vedono progressivamente ridursi il valore delle loro pensioni, mentre allo stesso tempo circa 100 miliardi di euro all’anno vengono sottratti alla casse dello Stato a causa dell’evasione fiscale e contributiva . Oltre a questo il Governo ha deciso di non introdurre alcuna forma di tassazione né sugli extra-profitti ne’ sui grandi patrimoni, preferendo invece continuare a considerare i pensionati come un bancomat da cui attingere ogni anno ingenti risorse certe.
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