«Un insegnante meraviglioso». Questa l’espressione ricorrente nelle testimonianze ascoltate a Palazzo Galli (Sala Panini) durante la tavola rotonda – coordinata dalla prof. Valeria Poli – con gli ex allievi di Giacomo Bertucci, organizzata dalla Banca di Piacenza dell’ambito delle manifestazioni collaterali alla mostra dedicata al pittore piacentino e allestita nello stesso Palazzo Galli (sono gli ultimi giorni per visitarla, chiude infatti domenica 19 gennaio).
Nel presentare i relatori, la prof. Poli ha sottolineato l’importante ruolo svolto in ambito culturale dalla Banca sul territorio d’insediamento senza gravare sulla comunità e ripercorso le tappe della formazione di Bertucci: il diploma di geometra (nel 1922, quando il Tramello era un indirizzo del Romagnosi); la frequentazione dell’Istituto Gazzola, allievo di Ghittoni, nel 1922-23 (istituto dove tornerà da insegnante nel 1967 e fino al 1980), e dell’Accademia di belle arti di Brera dal 1931 al 1935, allievo di Aldo Carpi.
“A Milano insegnò figura disegnata per 22 anni (dal 1951 al 1973) al Liceo artistico di Brera, dove aveva avuto tra i suoi allievi Franco Scepi. «Fu mio insegnante di ornato nel rivoluzionario clima milanese degli anni Cinquanta – ha confermato il regista piacentino – e lo ricordo come un professore estremamente silenzioso ed un pittore molto legato al bel disegno, che rifiutava le avanguardie storiche”.
Gli altri ex allievi hanno tutti frequentato l’Istituto Gazzola. «Ho del professor Bertucci ricordi meravigliosi – ha testimoniato il fotografo Maurizio Cavalloni -. Fu determinante nella mia vita lavorativa. Ho frequentato il Gazzola per 5 anni da studente-lavoratore: al sabato e alla domenica andavo infatti allo Studio Croce. Poi Bertucci mi trasmise un tale entusiasmo (disegnava e dipingeva in mezzo a noi rapidissimo, era in grado di realizzare un quadro in mezz’ora) che presi la decisione di fare il pittore, comunicando che non sarei più andato a dare uno mano allo studio fotografico. Croce parlò con il professore, che mi convinse invece a fare il fotografo, anticipandomi che Croce mi avrebbe lasciato poi l’attività. E così è stato».
Il pittore Valter Lusardi ha dal canto suo definito «fondamentale» Giacomo Bertucci per la sua formazione artistica: «Creava entusiasmo tra i suoi allievi – ha proseguito – lavorando insieme a noi. Era molto interessato amio modo di disegnare e mi spronava a intraprendere il mestiere dell’artista. Mio padre non voleva facessi il pittore e per un periodo smisi di disegnare. Incontrai il professor Bertucci dopo il servizio militare a una personale da Braga. Mi abbracciò e mi incitò di nuovo. E’ grazie a lui se ora mi ritrovo a fare l’artista».
«Mi ha insegnato a dipingere ad olio – ha raccontato Francesco Rossi – facendomi apprendere la tecnica degli impressionisti. E’ stato un periodo molto bello quello del Gazzola. Per tutta la mia vita lavorativa ho sì tenuto in mano la matita, ma come disegnatore meccanico. Dal 2004 ho iniziato a dipingere facendo tesoro, anche a distanza di tanto tempo, dei consigli del mio maestro Bertucci».
«E’ stato mio professore per due anni – ha spiegato la scultrice e ceramista Giuseppina Vey – ed ha acceso in me la passione per il disegno e per l’arte, lasciandomi moltissimo. Mi ha fatto imparare come si affronta un foglio bianco, in modo serio ma non altezzoso. Correggeva, ma non mortificava. E’ stato un insegnante meraviglioso, unendo determinazione e dolcezza».
Il figlio del pittore, Rinaldo, ha ringraziato tutti i relatori (ai quali è stata consegnata una pubblicazione della Banca in ricordo della serata): «In queste vostre testimonianze di stima da ex allievi – ha osservato – ho sentito rivivere mio padre, cosa che fino ad ora avevo potuto fare solo attraverso i suoi quadri. Mio padre rivive anche in voi». Il dottor Rinaldo Bertucci ha concluso il suo intervento raccontando un simpatico aneddoto: «Mio nonno non voleva che mio padre facesse l’artista. Nel 1924 s’iscrisse allora al primo anno della Facoltà d’Agraria all’Università di Bologna. Ancora conservo i disegni dei suoi professori, che ritraeva durante le lezioni, per niente interessato agli argomenti trattati».
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