“L’ordinanza del giudice Antonino Fazio poggia sul principio che l’ambiente è sovraordinato tra i valori fondamentali costituzionalmente da tutelare, in primis rispetto all’iniziativa economica che è l’unico valore che il giudice espressamente gli contrappone. Secondo me non funziona: fino a prova contraria non è un aspetto economico alla base del progetto Cittadella, non è finalizzato ad arricchire il concessionario, muove dalla dotazione di posti auto ritenuta utile in quella zona, e parimenti dalla necessità di sottrarre un’area monumentale dal prolungato stato di degrado”. Così in una nota Andrea Fossati, capogruppo del Pd in consiglio comunale.
La nota di Andrea Fossati
Nemmeno incidentalmente queste motivazioni (mai formalmente smentite da quattro diverse amministrazioni, giunta Barbieri compresa) vengono prese in considerazione nell’ordinanza. Tutto ruota attorno al principio dell’ambiente che viene prima di tutto, alla “certezza” del danno eco-salutista derivante dal taglio, alla inadeguatezza di ogni proposta di compensazione (ma anche proponibile visto che il giudice Fazio stronca senza mezzi termini il principio del “chi inquina paga”). A questa stregua mi chiedo se mai si sarebbe potuto realizzare un inceneritore-termovalorizzatore che a Piacenza, molti anni fa, ci liberò dall’eterna emergenza rifiuti che faceva viaggiare la nostra immondizia per tutta Italia, esaurendosi le discariche sul territorio.
Ma mi chiedo anche quale attività umana possa essere ammessa dal momento che non ne conosco una esente da impatti ambientali: ogni volta che accendiamo la macchina produciamo un danno “certo” all’ambiente e alla salute. Ogni azienda locale, non solo quelle della logistica, provoca anche solo un minimo danno. Si dirà: “il no è al taglio degli alberi, non al parcheggio, lo si faccia più in là”. Abbiamo idea di che cosa significhino modifiche progettuali non marginali? Far ripartire da zero tutta la procedura assomiglia molto a far cadere una pietra tombale sull’intera operazione. Vuol dire mettere in conto un rincaro dei costi e l’apertura di un confronto con il concessionario che facilmente finirebbe in contenzioso legale, senza scordare che la scelta di scavare lì, anziché verso piazza Casali, era alla luce del più basso rischio di rinvenimenti archeologici evidenziato dai carotaggi.
Rimarco infine il passaggio in cui il giudice Fazio, puntando il dito su tutti quanti hanno formulato pareri sul progetto (amministrazioni comunali, progettisti, concessionario, soprintendenza, Arpae), parla di “convergenza di intenti di più amministrazioni ed enti” che fanno apparire l’ambiente “intenzionalmente sottovalutato e aprioristicamente recessivo rispetto alle ragioni dell’economia”: se non è una “notizia di reato” questa, quale lo sarebbe? mi aspetto che il giudice porti la sua ordinanza in Procura, anzi che la Procura si attivi di sua iniziativa per incriminare la supposta associazione a delinquere.
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