Piacenza Città Primogenita associazione culturale è stata presentata ufficialmente al PalabancaEventi di via Mazzini (Sala Panini) con un partecipato incontro sulla figura del canonico risorgimentale don Raffaele Sforza Fogliani, promosso in collaborazione con Archistorica, Collegio-Opera Pia Alberoni, Banca di Piacenza e Famiglia Piasinteina e coordinato dal giornalista Robert Gionelli.
“Volentieri ospitiamo la presentazione di questo nuovo sodalizio – ha osservato il presidente della Banca Giuseppe Nenna, annunciando che l’Istituto di credito si iscriverà subito all’Associazione – nato per portare avanti e non disperdere una delle tante passioni del nostro compianto Corrado Sforza Fogliani: la storia risorgimentale, soprattutto se legata alla sua amata città. E non è un caso che il tema della prima conferenza organizzata dal neonato sodalizio si riferisca alla figura di un suo “predecessore di famiglia”, come lo stesso Presidente lo definiva. Don Raffaele Sforza Fogliani era un esponente del clero liberale che nel 1863 celebrò i funerali di padre Davide da Bergamo, di cui era ammiratore e amico. E qui il collegamento con Santa Maria di Campagna viene naturale: padre Davide fu per 45 anni organista della Basilica tanto amata e tanto valorizzata dal nostro Presidente e dalla nostra Banca”.
Danilo Anelli, presidente della nuova associazione,che ha sede presso lo studio Sforza Fogliani, in via Garibaldi, ha ringraziato la Banca di Piacenza e Maria Antonietta De Micheli, moglie dell’avv. Sforza, per i suoi preziosi suggerimenti a beneficio della nuova realtà di cui è presidente onorario,vicepresidente è Francesco Mastrantonio.
“Lavoreremo in continuità con l’opera di Corrado Sforza Fogliani per la conoscenza della storia di Piacenza e del Risorgimento”, ha spiegato Anelli annunciando l’uscita nei prossimi giorni del calendario di iniziative messe in campo fino a giugno 2024 e la realizzazione di un sito web.
L’assessore alla Cultura Christian Fiazza ha portato il saluto dell’Amministrazione comunale “che sarà – ha sottolineato – partner di questa nuova avventura”.
A Manrico Bissi il compito di tracciare il profilo biografico di don Raffaele Sforza Fogliani. “Siamo uno dei pochi Paesi – ha premesso il presidente di Archistorica a sottolineare lo scarso appeal della storia risorgimentale – che non va fiero della propria unità nazionale. Per capire il Risorgimento occorre conoscere i protagonisti che ne hanno scritto le pagine”.
L’oratore ha affrontato il tema partendo da Félicité Robert de La Mennais (1782-1854), considerato il padre del Cristianesimo liberale. Il sacerdote francese da subito si mostrò contrario ad ogni sovrapposizione fra Stato e Chiesa e appoggiò i moti patriottici del Belgio e dell’Irlanda. Criticò duramente Papa Gregorio XVI per il suo appoggio alla Russia nella repressione della rivolta polacca e da ciò scaturì la condanna del Papa con l’enciclica Mirari Vas, che mise all’indice tutto ciò in cui credeva La Mennais: il rinnovamento della Chiesa, la libertà di coscienza, la ribellione ai sovrani, l’indifferentismo religioso, la libertà di stampa e di pensiero, la separazione Stato-Chiesa.
In Italia, i riferimenti furono – ha illustrato l’arch. Bissi – Vincenzo Gioberti (1801-1852) e Antonio Rosmini (1797-1855). Gioberti, presbitero torinese, prefigurava la nascita di uno Stato italiano federale guidato dalla presidenza del Papa; fu deputato al Parlamento di Torino nonché ministro in vari governi piemontesi. Rosmini, sacerdote trentino di nobile famiglia, postulò la visione di uno Stato liberale che preservasse la proprietà e l’iniziativa privata (Stato minimo); nutrì sentimenti patriottici che gli valsero l’ostilità dei Borbone e dell’Austria, ma non aderì alla Repubblica romana e seguì Papa Pio IX nell’esilio di Gaeta; ripreso il potere nel 1850, il Papa abbandonò l’aura liberale trasformandosi in reazionario“.
Don Raffaele Sforza Fogliani (1815-1869), nato a Vicobarone da nobile e antica famiglia piacentina, compiuti gli studi al Collegio Alberoni ottenne l’ordinazione sacerdotale, cui seguì la laurea in Giurisprudenza. A seguire, si impegnò nell’insegnamento del Diritto canonico all’Università di Piacenza.
“Nel 1849 – ha proseguito il relatore – è eletto vescovo mons. Antonio Ranza, cattolico di antico stampo, conservatore e perciò avverso allo Sforza Fogliani, che aveva invece abbracciato l’orientamento liberale di Gioberti, Rosmini e La Mennais. Nel 1860, favorevole alla causa nazionale italiana, don Raffaele è tra i sacerdoti liberali ricevuti da Vittorio Emanuele II (a Palazzo Mandelli, allora sede della Prefettura) in visita a Piacenza». L’impegno civile di don Raffaele si concretizzò nel sostegno al Plebiscito («che portò poi a Piacenza Primogenita»), e ai ruoli ricoperti in qualità di consigliere comunale e provinciale, direttore delle scuole magistrali, consigliere della Cassa di Risparmio, cavaliere mauriziano.
«Don Raffaele Sforza Fogliani – ha concluso l’arch. Bissi – diede prova del suo liberalismo firmando nel 1862 la Petizione di don Carlo Passaglia, alla quale aderirono 9.000 sacerdoti liberali italiani, con cui si chiedeva a Pio IX la formale rinuncia al potere temporale su Roma”.
L’intervento di Giorgio Braghieri ha riguardato il Collegio Alberoni fucina del pensiero risorgimentale piacentino. “La storia del clero piacentino negli anni preunitari e sino all’unità d’Italia – ha spiegato il presidente dell’Alberoni – vede protagoniste due istituzioni: il Seminario urbano, sotto il controllo del Vescovo, che preparava i sacerdoti legati alla tradizione e diffidenti verso le novità e il Collegio Alberoni e, dal 1846, il Seminario vescovile di Bedonia, sotto la direzione dei Missionari Vincenziani piemontesi, aperti alle esigenze pastorali e culturali che il periodo postrivoluzionario francese e napoleonico aveva dischiuso. Gli ex alunni dell’Alberoni sono i più sensibili alle aspirazioni italiane ed europee, tutti forniti di grande cultura, il cui capo carismatico, don Giovanni Battista Moruzzi, professore in materie scientifiche, diventa poi rettore del Seminario Urbano, insigne educatore animato da profondo spirito cristiano e filantropico”.
Degno di citazione, e antesignano tra gli alberoniani, Giuseppe Taverna ricordato anche come insegnante di Pietro Giordani presso il Collegio S. Pietro di Piacenza. In Collegio rimase solo tre anni, uscendo per motivi di salute, ma diventò comunque sacerdote, vivendo del lavoro di maestro e pedagogo. «Nei giorni precedenti l’esito plebiscitario che sancì l’adesione di Piacenza al Regno piemontese – ha raccontato il dott. Braghieri – accolse nella propria casa Vincenzo Gioberti, reduce da una visita al Collegio Alberoni, che lo salutò stringendolo in un forte abbraccio».
Preme ricordare anche la figura di don Antonio Emanuelli, alunno alberoniano, professore di filosofia al seminario urbano, arciprete di Fiorenzuola e prevosto in S. Francesco. Proprio lì nella basilica del Santo, il 10 maggio 1848, al termine del Plebiscito, il cui esito fu di 37.089 voti su 37.583 votanti, dichiarò Piacenza annessa al Piemonte, meritando da re Carlo Alberto l’appellativo di Primogenita d’Italia.
«E qui – ha proseguito il relatore – viene a proposito citare, don Raffaele Sforza Fogliani. Non mi dilungo sulla sua figura, ricorderò solo che fece parte di quella delegazione, guidata da Pietro Gioia, che portò personalmente a re Carlo Alberto, in quel di Sommacampagna, la notizia dell’esito del voto plebiscitario. Ricordo anche che, in occasione delle celebrazioni del 350° anniversario della nascita di Giulio Alberoni, nel 2014, è esposta una selezione dei migliori ritratti appartenenti alla collezione del Collegio, raffiguranti illustri professori ed alunni del Seminario. Tra di essi, per gentile concessione della famiglia, è esposto, in prestito temporaneo, il ritratto di don Raffaele Sforza Fogliani, pregevole tela di Francesco Scaramuzza. Ciò mi consente di rivolgere, in questa occasione, un deferente cordiale pensiero alla figura dell’avv. Corrado Sforza Fogliani, della cui amicizia personale e del profondo suo legame con il Collegio Alberoni conservo un ricordo indelebile”.
Nella serie di personaggi alberoniani, vere perle del clero risorgimentale, ricordata anche la figura di mons. Antonio Silva. Le sue spiccate doti di intellegenza ne fecero ben presto un importante professore del Seminario Urbano. «A mons. Silva – ha concluso il dott. Braghieri – il merito di aver propiziato le aperture del Sanvitale, vescovo-conte filoducale, verso il nuovo corso della storia. A lui si deve ascrivere anche la benedizione che, il 20 marzo 1844, il vescovo impartì alla bandiera tricolore, portata solennemente in corteo, preceduta dalla banda cittadina la sera precedente, nella piazza del Duomo».
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