Peste suina, le reazioni dopo il caso nel piacentino. La situazione della diffusione è sempre più preoccupante. Lo sottolinea la Coldiretti in riferimento ai nuovi focolai confermati in stabilimenti di suini in Lombardia (province Milano, Pavia), in Piemonte (provincia Novara) e in Emilia Romagna (nello specifico nella nostra provincia di Piacenza). “Purtroppo è accaduto quello che più temevamo, il passaggio dall’ambiente selvatico all’allevamento era proprio quello che si cercava di evitare” commenta il direttore di Coldiretti Piacenza Roberto Gallizioli. “Siamo molto preoccupati, confidiamo di avere delucidazioni dalle autorità competenti sulle modalità con le quali possa essere avvenuto questo contagio e su quali ora saranno le ripercussioni nell’area colpita. Sappiamo che le nostre aziende suinicole – afferma il direttore – prestano la massima attenzione a questo tema e alla biosicurezza e che hanno adottato tutte le misure di protezione proprio perché a rischio è il futuro dei loro allevamenti.
Sono temi – prosegue Gallizioli – che Coldiretti denuncia fin da prima dell’arrivo della Peste Suina Africana nei nostri territori, da sempre sono stati troppi i ritardi e la burocrazia che abbiamo riscontrato nella gestione della fauna selvatica”.
Anche nell’ultimo mese Coldiretti ha organizzato manifestazioni in tutta Italia per sensibilizzare le istituzioni e la popolazione sui danni provocati dalla fauna selvatica e nello specifico dai cinghiali, vettori della Psa.
“In poche settimane in tutta la Penisola abbiamo portato in piazza – sottolinea il direttore – 50mila agricoltori e allevatori, di cui 4mila a Bologna (500 i piacentini) per chiedere un cambio di passo di fronte a un problema gravissimo che ha fatto i conti con troppe lungaggini. Si è perso troppo tempo, ora occorre assolutamente accelerare nel depopolamento dei cinghiali vettori della malattia.
A rischio – evidenzia Gallizioli – ci sono il futuro dei nostri allevamenti e un comparto strategico del nostro agroalimentare che già subisce da mesi speculazioni fortissime nella commercializzazione delle carni”.
Qualche dato nello specifico: rischiano la sopravvivenza 31mila allevamenti italiani e un intero comparto strategico dell’agroalimentare made in Italy, che genera un fatturato di 20 miliardi di euro l’anno e garantisce occupazione a 100 mila persone in Italia.
In Italia oggi sono presenti 2,3 milioni di cinghiali ad assediare le campagne e le città, con gravi danni per gli agricoltori, per i cittadini e per gli automobilisti.
“Ho pagato anche personalmente il mio approccio interventista sulla gestione dei cinghiali – commenta disilluso il presidente di Confagricoltura Piacenza Filippo Gasparini – non voglio rivangare il passato, ma sono almeno dieci anni che denunciamo la presenza dei cinghiali in zone non vocate, i rischi che le loro presenza comporta per l’incolumità delle persone e la sanità dell’ambiente e della fauna. E ora siamo qui, con la Psa che è entrata negli allevamenti. Sapevamo che era questione di tempo”. Il commissario straordinario alla Psa ha sparigliato le carte e si è dimesso. È il secondo. Dopo riunioni e proclami ha molla tutto e s’è andato. Confagricoltura Piacenza invita chi era contrario a un radicale piano di depopolamento dei cinghiali a tempo debito a farsi un giro nei boschi del piacentino, disinfettandosi le scarpe prima a e dopo proprio come vogliono le linee guida: i cinghiali stanno morendo. “Finalmente! – incalza provocatoriamente Gasparini – Ma purtroppo muoiono in malo modo, soffrendo e infettando l’ambiente. Muoiono di peste. Non sarebbe stato meglio gestirne la popolazione con strumenti più civili? La moria dei cinghiali è la natura che si regola da sola – rimarca Gasparini – peccato che sulla terra ci siamo anche noi, coi nostri campi e i nostri allevamenti che producono cibo anche per quelli che “poverino il cinghiale, poverino l’orso” ma si nutrono con i nostri prodotti e pretendono di passeggiare sicuri nei boschi”.
L’ipocrisia è esasperante, rimarca Confagricoltura Piacenza – a poco serve raccogliere firme ora e chiedere un cambio di passo quando gli imprenditori agricoli che vivono in sinergia con la natura denunciano una fauna selvatica fuori controllo da troppo tempo. Intanto la Psa è entrata in allevamento anche a Piacenza. Non è una malattia pericolosa per l’uomo, ma è letale per i suini.
“A livello nazionale – precisa Giovanna Parmigiani allevatrice suinicola piacentina e presidente della sezione di prodotto – un anno fa sono stati abbattuti 40.000 suini e ora si stimano altri 20.00 abbattimenti, con gli ultimi 6 casi in allevamento. Magari – aggiunge Parmigiani – si potessero abbattere 60.000 cinghiali, invece vengono uccisi i suini negli allevamenti. È emblematico il fatto che l’allevamento piacentino colpito sia sempre stato portato ad esempio per l’elevata biosicurezza, applicata anche prima dell’emergenza. È un allevamento storicamente indenne da molte malattie diffuse e molto ben gestito. Ciò dimostra che possiamo fare tutti gli investimenti che vogliamo, ma se la carica degli animali infetti fuori è troppo elevata diventa comunque una lotta inefficace”.
“A Piacenza, stanno per essere abbattuti centinaia di capi – rimarca Gasparini – dopo gli investimenti fatti per innalzare la biosicurezza ai massimi livelli e dopo aver fornito ai maiali persino delle palle per giocare, perché in allevamento va rispettato il benessere animale anche nelle sue declinazioni più folli. Le rappresentanze agricole hanno diritto di partecipazione ai Got, ma nella nostra provincia non sono gradite e non vengono invitate, anche se si sta puntualmente verificando tutto ciò che avevamo detto. Come suona ridicolo l’approccio della prima ora che voleva recintare con reti le zone infette e poi l’esasperante continuo esercizio di delimitare zone di restrizione via via più ampie. Gli allevatori sanno per esperienza che di fronte ad un vettore di malattia o si interviene con un vaccino (e in questo caso purtroppo non esiste) o si elimina il vettore. Il principale vettore sono i cinghiali. Si è perso del gran tempo con un approccio sbagliato, figlio del mantra del non controllo della natura. il sistema è troppo ripiegato sulla colpevolizzazione dell’allevamento. L’obiettivo della tutela del cittadino e del consumatore non si raggiunge se non si parte dalla tutela degli allevamenti. Gli allevamenti sani sono la prima condizione. Non bisogna essere complottisti per arrivare alla conclusione che non si vogliono più gli allevamenti, altrimenti questi vanno protetti. Anche in funzione di questo occorrerebbe un commissario che conosca il nostro territorio, le zone impervie dell’appennino e quelle agricole di collina e pianura, le nostre necessità e il nostro contesto. Auspichiamo sia nominato un veterinario, più esperto di abbattimenti che di biosicurezza, che agisca per il bene degli allevamenti preservandoli in funzione dell’origine della malattia, giudicheremo la nomina anche da questi punti di vista. Come sarebbe diverso il mondo – conclude il presidente degli imprenditori agricoli – se solo si usasse ragionevolezza”. Confagricoltura Piacenza esprime vicinanza e supporto alle aziende suinicole in questo tragico momento. Sembra un necrologio e in effetti, purtroppo, non è molto lontano dalla realtà.
“La filiera delle produzioni salumiere DOP del piacentino è seriamente a rischio e desta rabbia la totale nullafacenza di una giunta che conta solo i giorni che la separa dalle prossime elezioni regionali”.
Così il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Giancarlo Tagliaferri dopo il primo caso di peste suina africana in un allevamento suinicolo a Ponte dell’Olio. “Mentre alcuni giornali regionali – continua Tagliaferri – puntavano ad un sensazionalismo fine a se stesso, non ci si è soffermati sufficientemente sul dramma economico per l’abbattimento di migliaia di esemplari come previsto dalla normativa vigente. Uno scenario che desta preoccupazione e che mette seriamente a rischio la filiera piacentina nella produzione dei tre salumi DOP (coppa, salame e pancetta) per cui la nostra provincia è giustamente famosa”.
Per il consigliere regionale di Fratelli d’Italia c’è poi un ulteriore fattore che desta enorme preoccupazione: la totale inazione della Regione Emilia-Romagna sul tema. “Magari si trattasse solamente della mancanza di una qualunque strategia da parte della Regione, qui oltre al danno c’è la beffa. Sono anni che l’esecutivo regionale non fa nulla contro la proliferazione dei cinghiali – il mezzo principale con cui si sposta il virus – e chiunque abbia sollevato il problema nel corso degli anni è stato trattato come un pazzo sanguinario o un cacciatore di frodo. Ora i cinghiali si sono appropriati di zone mai popolate prima e la contiguità con gli allevamenti è ormai un rischio costante. E’ ora che la giunta regionale la smetta con le parole prive di significato e si adoperi concretamente per dare una senso reale alle zone di tutela. Qui si parla del futuro di numerosi allevamenti, del mantenimento di un comparto produttivo che nella sola provincia piacentina genera un controvalore da oltre 50 milioni di euro e garantisce lavoro a molte persone. Vista l’incompetenza mostrata da chi governa da sempre la Regione e con il campo larghissimo auspicato dal PD per le prossime elezioni per contrastare lo schieramento di centrodestra, temo che vi sarà un atteggiamento ancora più lassista verso gli animalisti estremisti e questo potrebbe significare la fine del settore suinicolo per tutti i nostri territori. Spero quindi che il governo nazionale voglia esautorare quanto prima questo gruppo di dilettanti allo sbaraglio e voglia conferire i poteri straordinari al commissario nazionale per combattere concretamente la PSA”.
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