Il nemico più pericoloso durante la mia prigionia? La solitudine. Patrick Zaki, ospite a Piacenza, ha raccontato della sua prigionia in Egitto, dopo essere stato incarcerato per la sua opposizione al regime e per la sua lotta per i diritti umani. Alla Cgil, Zaki ha raccontato i terribili anni della prigionia, narrati nel suo libro “Sogni e illusioni di libertà. La mia storia” edito dalla casa editrice La Nave di Teseo.
“Ventidue mesi di carcere in Egitto, nel mio libro passo in rassegna la situazione che si vive in un carcere nel mio Paese. Ci sono tanti colleghi dal punto di vista intellettuale superiori a me che preferirebbero che io tracciassi un quadro della politica generale in Egitto, invece in questo libro mi concentro soprattutto sugli aspetti psicologici della reclusione, su quanto sia difficile per una persona starsene per 22 mesi chiusa in un posto stretto nelle condizioni carcerarie che ci sono in Egitto. Ho voluto rappresentare le sensazioni che ho provato, dall’ansia alla speranza, e con questo mio libro ho voluto in qualche modo farmi paladino delle condizioni dei reclusi per ragioni politiche nel mio paese. Attraverso l’esperienza di queste persone incarcerate per motivi politici parlo ovviamente anche della situazione politica del mio paese”.
“Prima di essere incarcerato ero abituato a essere circondato da centinaia di persone, amici e familiari. La cosa peggiore del carcere è esattamente l’opposto, ovvero essere solo. Perché in carcere il nemico principale è il tempo, quell’entità che ti costringe a porti migliaia di domande. Se sei insieme ad altre persone il tempo lo puoi ammazzare, parlando, raccontando di te stesso, raccontando dei tuoi sogni e ascoltando quegli degli altri. Mentre le esperienze che ho vissuto solo in cella sono state spaventose, ho davvero avuto paura di perdere il senno”.
A questo punto Zaki racconta un aneddoto di quando fu trasferito al carcere di Mansura.
“Entrai in questa cella dove da otto mesi era rinchiuso un ragazzino di 18 anni. Erano otto mesi che questo ragazzo non parlava con nessuno. Durante la prima notte venni svegliato dalla voce di questo ragazzo: stava parlando a delle figure che lui stesso aveva disegnato sul muro della cella. Questa cosa mi ha spaventato e mi sono detto: non voglio fare questa fine, non voglio finire col parlare a dei disegni sulla parete. La solitudine in carcere può davvero impattare sulla nostra psiche”.
Tra le accuse che ti vennero attribuite ricordiamo quella di aver diffuso fake news in merito alla situazione dei cristiani copti. Una minoranza che rappresenta il 9% della popolazione.
“Ecco, questa informazione è parte della propaganda del regime. I copti non sono il 9% della popolazione, ma il 20% circa, al massimo il 18%. Il regime vuole farci credere che la percentuale dei cristiani nel paese sia più bassa rispetto alla realtà. E’ vero, io ho scritto un articolo che mi ha fatto finire nei guai proprio su questo tema. Il problema è che malgrado io sia finito in galera per quell’articolo, le informazioni in esso contenute sono state poi confermate dal regime stesso. Purtroppo la situazione dei copti non è cambiata molto rispetto al passato, pare però che almeno sia calati i delitti di natura settaria”.
A tal proposito, però, Zaki tiene a precisare un elemento.
“Tengo a precisare questo. A differenza di quello che il governo egiziano ha cercato di far passare riguardo alla mia persona, io non sono un attivista per i diritti dei copti. Io sono un attivista per i diritti umani in senso assoluto. Mi spendo e mi sono speso per agnostici, atei, ebrei, per qualsiasi minoranza religiosa. Ora che sono in Europa mi batto per i diritti dei musulmani laddove i loro diritti vengano messi in discussione per il fatto che non sono nel loro paese”.
Dopo aver pronunciato queste parole, la Cgil ha chiesto a Zaki di sottoscrivere la “Carta di Piacenza”, documento emanato nel marzo 2023 proprio per tutelare i diritti civili dei migranti che hanno scelto la nostra città.
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