Attualità

“I tentativi di pacificazione tra fascisti e antifascisti non furono finti”, presentato a Palazzo Galli il libro di Bergamaschi contro il pensiero unico

«Oggi mio papà sarebbe stato molto orgoglioso di questa serata». Ferdinando Bergamaschi, concludendo il suo intervento a Palazzo Galli durante la presentazione del libro da lui scritto, ha mandato un pensiero al padre Massimo, consigliere segretario del Cda della Banca di Piacenza portato via dal Covid un anno fa.

Il volume “Tentativi di pacificazione tra fascisti e antifascisti” (edito da Fondazione Thule Cultura e in vendita alla Libreria Romagnosi) è stato illustrato in Sala Panini (con Sala Verdi videocollegata e centinaia di spettatori che hanno seguito l’evento in streaming) dall’autore in dialogo con Giuseppe Parlato, ordinario di Storia contemporanea all’Università Pio V e Corrado Sforza Fogliani, presidente esecutivo della Banca, autori – rispettivamente – della postfazione e della prefazione alla pubblicazione. L’avv. Sforza Fogliani ha ricordato come «Ferdinando Bergamaschi sia uno dei tanti giovani che si è chiesto come mai a scuola gli parlassero solo dei crimini nazisti (o, meglio, nazionalsocialisti) e non di quelli sovietici e che ha vissuto la falsità del pensiero unico direttamente, in famiglia».

«Nell’autunno del 1919 – ha proseguito il presidente – l’azienda del nonno fu assalita da un migliaio (come accertato da una sentenza) di scioperanti che volevano la consegna dei crumiri (che poi non c’erano, come verificato da due ispezioni all’interno della Casa Bergamaschi da parte di delegazioni degli assalitori). Gli scontri che seguirono causarono 5 morti. I suoi famigliari (uno, qualche tempo dopo, cadde vittima di un agguato notturno) scontarono 8 mesi di carcere e furono poi assolti in istruttoria per legittima difesa».

«Ma di quest’ultima parte della vicenda nulla fu mai scritto» – ha detto ancora e per quanto a lui risulta l’avv. Sforza, che ha così proseguito: «Come nulla trovate scritto sui libri di storia delle vicende narrate in questo libro: i tentativi di pacificazione tra fascisti e antifascisti, o meglio, socialisti e comunisti, che Salvatorelli definiva finti e che invece Ferdinando analizza in profondità, fin dal primo tentativo, nel 1921, con la firma del patto fra parlamentari socialisti e Confederazione generale del lavoro da una parte e parlamentari fascisti dall’altra, avvenuta nello studio del presidente della Camera dei deputati De Nicola (poi diventato, dopo il secondo dopoguerra, capo provvisorio dello stato italiano) e che quindi non poteva certo essere una messinscena. Altra caratteristica del volume, che dà giustamente un giudizio complessivo negativo del fascismo, quella di indicare peraltro un parziale merito del fascismo stesso: l’aver realizzato, per l’epoca, un avanzato modello sociale».

Il prof. Parlato ha definito il libro «interessante, perché i libri di storia devono dire qualcosa di nuovo, con capacità di riflessione ed analisi, dando un giudizio appunto storico, non certo morale o politico. Il lavoro di Bergamaschi – ha aggiunto il docente, che è stato allievo di De Felice e Perfetti – è un utile strumento per tutti noi in un momento di eccessiva semplificazione, dove dominano le frasette ad effetto dei social che cancellano le complessità e dove tutto è rosso o è nero». Il prof. Parlato – al quale la Banca ha riservato un dono a ricordo della serata – ha poi spiegato come il fascismo giunse al potere (l’incapacità dei partiti di trovare un accordo per un governo di legislatura e l’inadeguatezza politica dei socialisti italiani, divisi tra riformisti e massimalisti, con velleitarismi rivoluzionari), arrivando alla conclusione che «forse la storia poteva avere altri corsi».

L’editore Tommaso Romano, videocollegato dalla Sicilia, ha sottolineato come quello di Bergamaschi sia un libro «che entra in questioni spesso messe tra parentesi» riguardo la formazione socialista del giovane Mussolini, direttore della rivista Utopia impregnata del pensiero di Rousseau, e il concetto di democrazia diretta. «I fatti narrati dall’autore con grande onestà intellettuale – ha concluso il prof. Romano – si inquadrano nella nascita del fascismo e nei due tentativi di pacificazione con i socialisti e con parti del Partito comunista (tentativi falliti a differenza – come già detto – del primo). Temi sui quali varrebbe la pena scavare ancora, per non far prevalere il pensiero unico».

L’autore – dopo aver ringraziato i relatori, l’editore e la Banca per l’ospitalità – ha individuato «nell’amore per la verità» la molla che lo ha spinto a scrivere il libro. «Il fascismo – ha evidenziato Bergamaschi – è stato autoritario e violento: due cose nemiche della libertà. Ma non è corretto, come sostiene il pensiero dominante, rappresentare il fascismo mussoliniano come braccio armato del capitalismo. Fu, invece, almeno in fase iniziale, un movimento trasversale, ispirato alla democrazia radicale rousseuiana, che porta alla rappresentanza diretta del popolo nella vita politica della nazione».

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