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Piacenza calcio 1919
Il calcio non è fatto solo di grandissime squadre ma anche di piccole realtà che sopravvivono da un secolo e godono della passione e dell’attaccamento dei propri tifosi.
È il caso del Piacenza Calcio 1919, orgoglio della città in ambito sportivo e segno di appartenenza dei suoi abitanti.
In un’Italia appena uscita dalla grande guerra, la sua nascita attesta la volontà di tornare nuovamente a giocare, riscoprendo la dimensione della sana competizione e dell’intrattenimento ludico.
È il caso del Piacenza Calcio 1919, orgoglio della città in ambito sportivo e segno di appartenenza dei suoi abitanti.
In un’Italia appena uscita dalla grande guerra, la sua nascita attesta la volontà di tornare nuovamente a giocare, riscoprendo la dimensione della sana competizione e dell’intrattenimento ludico.
La fondazione e i primi anni
Il nucleo fondatore del Piacenza Calcio 1919 era formato da studenti e giovani lavoratori, il simbolo di un paese che desiderava scrollarsi di dosso gli orrori appena subiti.
Non a caso il primo presidente fu il diciottenne Giovanni Dosi, che immediatamente scelse gli iconici colori bianco e rosso per rappresentare l’appartenenza alla città emiliana.
Il primo campionato che vide la partecipazione della nuova squadra fu quello regionale, portato a termine con successo grazie alle prestazioni dello storico capitano Mario Giumanini, che assieme ai suoi compagni ottenne la promozione in Prima Categoria.
Il calcio era ben diverso da quello attuale e le varie squadre erano raggruppate in realtà più ristrette, comunque la compagine ottenne per tutto il corso degli anni ’20 piazzamenti piuttosto soddisfacenti e nel 1927-28 si qualificò per la Prima divisione.
Al termine del decennio nacquero le attuali serie A e serie B, ma tuttavia i biancorossi galleggiarono per alcuni anni in campionati di C e D, con qualche sporadica apparizione a livello superiore.
Un importante fatto di cronaca avvenne nel 1930-31, quando la federazione cancellò due ottime prestazioni dei giocatori e non gli permise di qualificarsi alla B, nonostante militasse tra loro uno dei campioni più amati di sempre, il “Pitìn” Giuseppe Cella, che detiene ancora oggi il record di goal con la storica maglia.
Il periodo antecedente la guerra vide nel 1937-38 l’occasione di accedere nuovamente alla serie cadetta, ma lo spareggio finale con il Lodi decretò la permanenza nella serie inferiore.
I conflitto mondiale determinò campionati piuttosto travagliati e vide il coinvolgimento del Piacenza in B ma solo per mancanza di squadre arruolabili, che avevano quasi la totalità dei calciatori impegnati al fronte.
Non a caso il primo presidente fu il diciottenne Giovanni Dosi, che immediatamente scelse gli iconici colori bianco e rosso per rappresentare l’appartenenza alla città emiliana.
Il primo campionato che vide la partecipazione della nuova squadra fu quello regionale, portato a termine con successo grazie alle prestazioni dello storico capitano Mario Giumanini, che assieme ai suoi compagni ottenne la promozione in Prima Categoria.
Il calcio era ben diverso da quello attuale e le varie squadre erano raggruppate in realtà più ristrette, comunque la compagine ottenne per tutto il corso degli anni ’20 piazzamenti piuttosto soddisfacenti e nel 1927-28 si qualificò per la Prima divisione.
Al termine del decennio nacquero le attuali serie A e serie B, ma tuttavia i biancorossi galleggiarono per alcuni anni in campionati di C e D, con qualche sporadica apparizione a livello superiore.
Un importante fatto di cronaca avvenne nel 1930-31, quando la federazione cancellò due ottime prestazioni dei giocatori e non gli permise di qualificarsi alla B, nonostante militasse tra loro uno dei campioni più amati di sempre, il “Pitìn” Giuseppe Cella, che detiene ancora oggi il record di goal con la storica maglia.
Il periodo antecedente la guerra vide nel 1937-38 l’occasione di accedere nuovamente alla serie cadetta, ma lo spareggio finale con il Lodi decretò la permanenza nella serie inferiore.
I conflitto mondiale determinò campionati piuttosto travagliati e vide il coinvolgimento del Piacenza in B ma solo per mancanza di squadre arruolabili, che avevano quasi la totalità dei calciatori impegnati al fronte.
La seconda metà del secolo
Diciamo che gli anni ’50 non furono particolarmente felici per i biancorossi, che ottennero l’appellativo di “Papaveri” riferito alla celebre canzone di Nilla Pizzi.
Nel 1955-56 la squadra venne coinvolta in uno scandalo di combine con il Piombino, venendo retrocessa senza appello per illecito sportivo nella IV divisione e dovendo risalire la china negli anni successivi.
Fu tuttavia il periodo di grandi calciatori, poi rimasti impressi nella memoria dei tifosi che non potendo godere di molte vittorie vivevano di queste soddisfazioni.
È il caso dell’attaccante Gastone Bean, proveniente dalle fila del Milan e capace di segnare 23 reti in 21 partite, o dei fratelli Albino e Giancarlo Cella, successivamente ceduti nel 1960-61 per un forte ridimensionamento voluto della società.
Sono anni molto difficili, che vedono il succedersi sulla panchina di ben tre allenatori differenti senza riuscire a risollevare in modo adeguato la squadra che piombò nuovamente in serie D, nonostante uno sprint finale di tutto rispetto.
La permanenza nel campionato minore durò fino al 1963-64, quando l’allora capitano Francesco Meregalli riuscì a portare i compagni in C, iniziando un periodo di discreti successi che nel 1968-69 valsero un’ulteriore avanzamento in B, prima solo sfiorata sotto la direzione prima di Sandro Puppo e poi di Leo Zavatti.
Il presidente Romagnoli decise allora di regalare alla città un nuovo stadio, edificando la storia struttura della Galleana e abbandonando la storica roccaforte di Barriera Genova.
La pagina lieta del Piacenza Calcio 1919 durò solo un anno e gli anni ’70 riportarono nuovamente la squadra nella sua classica dimensione altalenante, nonostante un gioco di livello proposto su tutti i campi italiani.
Non a caso nel 1975 Mazzola dichiarò alla Domenica Sportiva che i biancorossi giocavano il miglior calcio della penisola, guidati dall’allenatore Fabbri e da un gruppo compatto in grado di guadagnare ancora la serie cadetta.
Tuttavia la costanza non fu mai una caratteristica della compagine emiliana e, l’anno successivo, la C la accolse di nuovo tra le sue fila. Una grande attestazione d’amore giunse però al condottiero, che venne portato in trionfo per aver permesso comunque ai tifosi di divertirsi con il suo gioco dinamico e mostrando ancora una volta alle grandi potenze italiane come il legame tra maglia e pubblico vada ben al di là delle vittorie sul campo.
Il 1983 fu un anno di svolta grazie all’avvento del Presidente Grilli, un piacentino Doc impegnato nel settore del metano, che portò la sua creatura dalla C2 alla B nel 1988, dove rimase per due anni consecutivi, fatto totalmente anomali per il vissuto che abbiamo visto.
Dopo un breve scivolone gli anni ’90 segnarono una pagina mai provata prima dai cittadini di Piacenza, che nel 1993 assaporarono per la prima volta i campi della serie A permanendo nel massimo campionato per ben 8 stagioni di fila.
Un’emozione unica a seguito della storica vittoria sul campo del Cosenza, che valse ai giocatori una celebre accoglienza allo stadio della Galleana gremito di persone ebbre di gioia e riconoscenti a tutto lo staff.
La prima vittoria nella competizione giunse alla quinta giornata, quando i biancorossi si imposero sul Lecce per 2-1.
Numerosi sono i dolci ricordi del periodo, come l’eliminazione in Coppia Italia perpetrata ai danni del Milan dopo un indimenticabile contropiede portato avanti da Piovani.
Nel 1955-56 la squadra venne coinvolta in uno scandalo di combine con il Piombino, venendo retrocessa senza appello per illecito sportivo nella IV divisione e dovendo risalire la china negli anni successivi.
Fu tuttavia il periodo di grandi calciatori, poi rimasti impressi nella memoria dei tifosi che non potendo godere di molte vittorie vivevano di queste soddisfazioni.
È il caso dell’attaccante Gastone Bean, proveniente dalle fila del Milan e capace di segnare 23 reti in 21 partite, o dei fratelli Albino e Giancarlo Cella, successivamente ceduti nel 1960-61 per un forte ridimensionamento voluto della società.
Sono anni molto difficili, che vedono il succedersi sulla panchina di ben tre allenatori differenti senza riuscire a risollevare in modo adeguato la squadra che piombò nuovamente in serie D, nonostante uno sprint finale di tutto rispetto.
La permanenza nel campionato minore durò fino al 1963-64, quando l’allora capitano Francesco Meregalli riuscì a portare i compagni in C, iniziando un periodo di discreti successi che nel 1968-69 valsero un’ulteriore avanzamento in B, prima solo sfiorata sotto la direzione prima di Sandro Puppo e poi di Leo Zavatti.
Il presidente Romagnoli decise allora di regalare alla città un nuovo stadio, edificando la storia struttura della Galleana e abbandonando la storica roccaforte di Barriera Genova.
La pagina lieta del Piacenza Calcio 1919 durò solo un anno e gli anni ’70 riportarono nuovamente la squadra nella sua classica dimensione altalenante, nonostante un gioco di livello proposto su tutti i campi italiani.
Non a caso nel 1975 Mazzola dichiarò alla Domenica Sportiva che i biancorossi giocavano il miglior calcio della penisola, guidati dall’allenatore Fabbri e da un gruppo compatto in grado di guadagnare ancora la serie cadetta.
Tuttavia la costanza non fu mai una caratteristica della compagine emiliana e, l’anno successivo, la C la accolse di nuovo tra le sue fila. Una grande attestazione d’amore giunse però al condottiero, che venne portato in trionfo per aver permesso comunque ai tifosi di divertirsi con il suo gioco dinamico e mostrando ancora una volta alle grandi potenze italiane come il legame tra maglia e pubblico vada ben al di là delle vittorie sul campo.
Il 1983 fu un anno di svolta grazie all’avvento del Presidente Grilli, un piacentino Doc impegnato nel settore del metano, che portò la sua creatura dalla C2 alla B nel 1988, dove rimase per due anni consecutivi, fatto totalmente anomali per il vissuto che abbiamo visto.
Dopo un breve scivolone gli anni ’90 segnarono una pagina mai provata prima dai cittadini di Piacenza, che nel 1993 assaporarono per la prima volta i campi della serie A permanendo nel massimo campionato per ben 8 stagioni di fila.
Un’emozione unica a seguito della storica vittoria sul campo del Cosenza, che valse ai giocatori una celebre accoglienza allo stadio della Galleana gremito di persone ebbre di gioia e riconoscenti a tutto lo staff.
La prima vittoria nella competizione giunse alla quinta giornata, quando i biancorossi si imposero sul Lecce per 2-1.
Numerosi sono i dolci ricordi del periodo, come l’eliminazione in Coppia Italia perpetrata ai danni del Milan dopo un indimenticabile contropiede portato avanti da Piovani.
Gli anni 2000
Dopo una serie di salvezze piuttosto agevoli, il 2000-01 vide l’affermarsi di una figura iconica come quella di Dario Hubner, attaccante vecchia maniera che ottenne il titolo di capocannoniere della serie A con 24 reti, condividendo il titolo con il più blasonato juventino Trezeguet.
Il 2002-03 il sogno subì un notevole colpo di arresto e il Piacenza Calcio 1919 tornò nuovamente in serie B, dove rimase stabilmente per 8 anni consecutivi.
Nel 2010-11 la società non versava in ottime acque e per questo la rosa venne allestita dal tecnico Madonna e dai dirigenti con una serie di prestiti e giocatori svincolati, uniti a giovani di belle speranze.
Lo spareggio con l’Albinoleffe non rese giustizia ai biancorossi, che precipitarono nella Lega Pro Prima Divisione, suscitando la delusione di una tifoserie sempre rimasta vicina alla squadra anche per la presunta implicazione di alcuni giocatori in un giro di calcio scommesse, poi mai confermata.
Dopo un rapido passaggio di consegne a una cordata di imprenditori, il presidente Garilli torna alla guida del club ma il 22 marzo 2012, ricordato come il giorno più nero, il club fallisce ufficialmente.
Si ritrova così a dover ricominciare dalla quarta divisione e venire rilevata dall’associazione dei tifosi Salva Piace, che riuscirono a mantenere nome e marchio.
Il 2002-03 il sogno subì un notevole colpo di arresto e il Piacenza Calcio 1919 tornò nuovamente in serie B, dove rimase stabilmente per 8 anni consecutivi.
Nel 2010-11 la società non versava in ottime acque e per questo la rosa venne allestita dal tecnico Madonna e dai dirigenti con una serie di prestiti e giocatori svincolati, uniti a giovani di belle speranze.
Lo spareggio con l’Albinoleffe non rese giustizia ai biancorossi, che precipitarono nella Lega Pro Prima Divisione, suscitando la delusione di una tifoserie sempre rimasta vicina alla squadra anche per la presunta implicazione di alcuni giocatori in un giro di calcio scommesse, poi mai confermata.
Dopo un rapido passaggio di consegne a una cordata di imprenditori, il presidente Garilli torna alla guida del club ma il 22 marzo 2012, ricordato come il giorno più nero, il club fallisce ufficialmente.
Si ritrova così a dover ricominciare dalla quarta divisione e venire rilevata dall’associazione dei tifosi Salva Piace, che riuscirono a mantenere nome e marchio.