Cinghiali e lupi, il governo mette mano al problema della fauna selvatica che da anni ormai si trova al centro dei dibattiti tra enti locali e agricoltori o allevatori. Nel testo della legge di Bilancio verso l’approvazione definitiva, figura il testo sul controllo e contenimento della fauna selvatica, inserito in particolare per risolvere il problema dei cinghiali a Roma.
IL TEMA LEGATO AI CINGHIALI
Il nuovo articolo 19, concentrandosi solo sui cinghiali, stabilisce che le regioni provvedano al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto.
“Tale attività è esercitata per la tutela della biodiversità, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche e per la tutela della pubblica incolumità e della sicurezza stradale”, si legge.
Le attività di controllo e contenimento delle specie di fauna selvatica non costituiscono esercizio di attività venatoria.
I piani sono attuati dai cacciatori iscritti agli ambiti territoriali di caccia o nei comprensori alpini delle aree interessate:
1) previa frequenza di corsi di formazione autorizzati dagli organi competenti a livello regionale;
2) sono coordinati dagli agenti delle Polizie provinciali o regionali.
Gli animali abbattuti durante le attività dei controlli sono sottoposti all’analisi igienico sanitaria e in caso negativo, sono destinati al consumo alimentare.
IL TEMA LEGATO AI LUPI
Il tema legato ai lupi è stato sollevato a livello mediatico dal partito dei Verdi. Angelo Bonelli, infatti, ha portato all’attenzione un ordine del giorno con cui la Lega chiede di “adottare opportune iniziative affinché il lupo sia declassato da “specie protetta prioritaria” a “specie protetta”, nella direzione di un piano nazionale di gestione del lupo che tuteli la specie ma anche i comparti agrosilvopastorali. In sostanza, il lupo diventerebbe una specie “un po’ meno protetta”.
Già a fine novembre la questione si era presentata in Unione Europea, dove gli eurodeputati a larga maggioranza (306 voti favorevoli, 225 contrari e 25 astensioni) avevano adottato una risoluzione per modificare lo status di specie protetta del lupo.
“In ragione dell’aumento degli attacchi e non appena sia raggiunto lo stato di conservazione desiderato”, precisa la risoluzione, va modificato lo status del carnivoro per aiutare a proteggere il bestiame e per facilitare il risarcimento dei danni causati agli allevatori dai grandi predatori.
COLDIRETTI: “LO STOP A CINGHIALI FERMERA’ LA STRAGE SULLE STRADE“
“Finalmente un provvedimento concreto e necessario. In Italia siamo passati da 500 mila esemplari nel 2010 agli attuali 2,3 milioni, una vera e propria emergenza nazionale che coinvolge non solo gli agricoltori ma l’intera cittadinanza, mettendo a rischio la sicurezza”, commenta Adriano Fortinelli, referente per la fauna selvatica di Coldiretti.
“Riportare sotto controllo la proliferazione dei cinghiali ha implicazioni anche in materia sanitaria, pensiamo alla peste suina africana che rappresenta un rischio non solo per i cinghiali stessi ma anche per i suini d’allevamento ai quali può essere trasmessa. Non è un pericolo per l’uomo ma rischia di mettere in ginocchio un intero settore, quello della suinicoltura, che è fondamentale per un territorio come il nostro e non solo”.
“Per non parlare poi del problema legato alla sicurezza stradale: la fauna selvatica causa un incidente stradale ogni 41 ore. Negli ultimi dieci anni il numero di incidenti gravi o fatali è raddoppiato, uno scontro mortale con un cinghiale si è verificato recentemente anche nel Piacentino”.
“Infine la fauna selvatica causa danni ingenti alle nostre aziende agricole, ci sono imprenditori agricoli che stanno pensando di cessare l’attività proprio per i danni continui causati dai cinghiali: una piaga a cui economicamente è diventato difficile far fronte”.
Finalmente un provvedimento concreto per porre fine all’incontrollata moltiplicazione dei cinghiali in Italia dove se ne conta uno ogni ventisei abitanti, per un totale di 2,3 milioni di esemplari, che mettono a rischio la salute, il lavoro e la sicurezza degli italiani con un incidente ogni 41 ore causato dalla fauna selvatica. Ad affermarlo è il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in riferimento alla norma sui cinghiali approvata all’interno della Manovra in discussione alla Camera.
I branchi – sottolinea Prandini – si spingono sempre più vicini ad abitazioni e scuole, fino ai parchi, distruggono i raccolti, aggrediscono gli animali, assediano stalle, causano incidenti stradali con morti e feriti e razzolano tra i rifiuti con evidenti rischi per la salute. La situazione è diventata insostenibile in città e nelle campagne con danni economici incalcolabili alle produzioni agricole ma – continua Prandini – viene compromesso anche l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico con la perdita di biodiversità sia animale che vegetale senza dimenticare i rischi per gli allevamenti e il Made in Italy a tavola con la diffusione della peste africana.
L’invasione di vie e piazze da parte dei selvatici viene vissuta dai cittadini come una vera e propria emergenza, tanto che oltre otto italiani su 10 (81%) – secondo l’indagine Coldiretti/Ixè – pensano che vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero anche perché un italiano adulto su quattro (26%) si è trovato faccia a faccia con questi animali. Negli ultimi dieci anni peraltro il numero di incidenti gravi con morti e feriti causati da animali è praticamente raddoppiato (+81%) sulle strade provinciali secondo la stima Coldiretti su dati Aci Istat.
Se nelle città molti abitanti sono costretti a vivere nella paura – conclude Coldiretti -, nelle campagne la presenza dei cinghiali ha già causato l’abbandono di 800mila ettari di terreni fertili che oggi, oltre a non essere più produttivi, sono esposti all`erosione e al dissesto idrogeologico.
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