Anche Isola Serafini al centro del primo progetto ufficiale di sperimentazione volto ad individuare le microplastiche nel Fiume Po.
Dopo alcuni mesi di analisi mirate il Manta River Project consegna i risultati dell’avanzata ricerca pianificata e coordinata dall’Autorità Distrettuale del Fiume Po-Ministero dell’Ambiente; il tutto in proficua collaborazione con i laboratori dell’Università La Sapienza di Roma, la struttura operativa ARPAE Daphne della Regione Emilia Romagna che da anni svolge le analisi anche in mare e AIPo (Agenzia Interregionale per il fiume Po) che ha fornito supporto logistico e mezzi.
Il progetto, alla luce dei risultati emersi, stupisce. Consegna al distretto del Grande Fiume e alle sue comunità un quadro complessivo più rassicurante del previsto o supposto in avvio di ricerca.
In sintesi infatti si può affermare, sulla base dei dati scientifici acquisiti, che la presenza diffusa di microplastiche e la loro quantità ad oggi non rientrano ad un livello di criticità; pur partendo dal presupposto che la loro presenza rappresenta comunque un problema da risolvere al meglio con azioni concrete lo scenario conferma chiaramente che anche sotto questo profilo lo stato della risorsa idrica del Po non è allarmante.
Questo dimostra, in sostanza, che l’incremento del numero dei depuratori e il conseguente livello di depurazione hanno prodotto, con il trascorrere del tempo, esiti positivi. Ma anche che l’introduzione della pratica della “raccolta differenziata” in vaste aree del Nord del paese sta dando progressivamente buoni frutti anche da questa prospettiva.
Tutto questo però non deve assolutamente far abbassare la guardia nella lotta all’abbattimento di tutte le possibili quantità e presenze di materiali plastici (macro e micro) nelle acque dei nostri fiumi; bensì deve rafforzare il convincimento che la strada imboccata è quella dei comportamenti virtuosi e azioni corrette.
Quattro sono stati i punti di prelievo all’interno delle aree individuate come rappresentative dai ricercatori: Isola Serafini (Piacenza), Boretto (Reggio Emilia), Pontelagoscuro (Ferrara), Po di Goro–Delta (Rovigo). Nel complesso sul totale dei materiali raccolti su cui è stato possibile determinare la provenienza emerge un 22% di materiali industriali da imballaggio; un 10% provenienti da sorgenti civili e un 56% di provenienza da scarichi di depuratori, pesca, rifiuti di origine civile e sanitaria o agricola.
L’obiettivo dello studio ha identificato, oltre alla tipologia dei materiali campionati, il riconoscimento del tipo di polimero per ogni particella analizzata, la caratterizzazione morfologica e morfometrica delle microplastiche e la correlazione tra il polimero e attributi morfologici e morfometrici delle microplastiche rinvenute.
Nel dettaglio la correlazione tra la tipologia di polimero e la categoria di microplastica ci testimonia la presenza di: Frammenti (costituiti principalmente da Polietilene (circa il 90%: i due polimeri più richiesti dal mercato per la produzione di imballaggi); i Filamenti costituiti da Poliammide seguiti da polipropilene e Polietilene categoria di origine secondaria derivate dalla degradazione di corde, tessuti e fili per la pesca; Granuli (Polipropilene, Polietilene e Polistirene Espanso) anch’essi di origine secondaria come progressivo processo di degradazione dei rifiuti plastici di maggiori dimensioni; infine i Pellet, considerati in base alla loro forma di origine primaria (Polietilene, Polipropilene per il 95%): anch’essi polimeri utilizzati per lo più per le lavorazioni industriali.
Sul tema della presenza delle microplastiche poi è assai rilevante la comparazione dell’acqua del fiume Po con le ricerche periodiche effettuate sui grandi corsi d’acqua mondiali ed europei che avvalora ancora di più quanto rilevato dallo studio italiano: se il livello della sperimentazione Manta River Project attesta le acque del Po ad un numero su unità di volume di microplastiche oscillante tra il 2,06 e 8,22, la Senna in Francia è tra il 9,6 e 63,9 (ricerca 2019 Alligant), Oujiang, Minjiang Cina 100-4100 (ricerca Zhao 2019), Tamigi Gran Bretagna 14,2-24,8 (ricerca Rowley 2020), Clyde, Bega e Hunter estuary in Australia 98-1032 (ricerca Hitchcock & Mitrovic 2019).
“Siamo particolarmente soddisfatti di avere collaborato con partners eccellenti e qualificati sia a livello tecnico che accademico – ha sottolineato il Segretario Generale dell’Autorità Distrettuale del Fiume Po Meuccio Berselli – per raggiungere l’obiettivo di indicare, per la prima volta in modo ufficiale, i dati da cui partire per poter migliorare l’intero contesto. Dati che ci spronano a seguire le migliori pratiche possibili, ma che al contempo non ci allarmano come accaduto per altre ricerche diffuse in passato. Questo risultato fornisce importanti indicazioni sulle possibili strategie d’intervento legate alla riqualificazione e valorizzazione delle zone laterali dei corsi d’acqua e delle importanti reti di canali artificiali di bonifica come possibili fitodepuratori dei carichi di inquinanti che sono veicolati nei corsi d’acqua principali affluenti del Po”.
“Il rapporto dell’Autorità Distrettuale del Fiume Po sulla prima sperimentazione per la valutazione delle microplastiche”, questo ha evidenziato il Sottosegretario di Stato Ministero dell’Ambiente Roberto Morassut. “Si rivela un documento molto importante dai contenuti interessanti e utili. La lotta alle plastiche e microplastiche nei bacini idrografici è essenziale infatti per definire le strategie di aggressione e lotta per l’abbattimento di questi materiali inquinanti anche nei nostri mari e nel Mediterraneo oggi questa è una emergenza. La nostra legislazione si sta muovendo in tal senso in modo molto concreto; alle misure legislative del decreto Salvamare faremo seguire a breve le azioni operative per raggiungere l’obiettivo. Lodevole questa iniziativa dell’Autorità del Po che aiuta il percorso nazionale volto a restituire ai nostri fiumi, laghi e mari la loro dimensione naturale e la piena fruibilità per la fauna ittica e per la popolazione”.
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