Micro e nanoplastiche, radici e foglie delle piante coltivate potrebbero sensibilmente risentire della loro presenza nel suolo: le modifiche sono state osservate su piantine di lattuga in uno studio coordinato da Luigi Lucini, docente di Chimica agraria alla Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica, campus di Piacenza e dal professor Marco Trevisan, Preside della Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali e ordinario in Chimica Agraria.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Plant Physiology and Biochemistry. A rischio sembrano esserci sia il metabolismo della pianta, sia il ciclo dell’azoto, processo naturale importantissimo per la nutrizione delle colture e per la biodiversità.
Ogni anno si deposita sui terreni agricoli qualcosa come 63000 tonnellate di micro- e nanoplastiche in Europa e 44000 tonnellate nel Nord America. Ciò avviene principalmente tramite la contaminazione di acque, compost, fanghi, materiali plastici usati in agricoltura e deposizioni atmosferiche.
Nella maggior parte dei casi, i materiali plastici sono noti per la loro elevata resistenza ai processi di degradazione, che ne determina l’accumulo nell’ambiente. Gli agenti fisici e biologici possono disgregare le plastiche e le bioplastiche in micro- e nano-plastiche (rispettivamente con dimensioni comprese tra 5 mm e 1 m le prime, e inferiori a 1 m le seconde), che pongono potenziali problemi tossicologici ed ecotossicologici.
L’identificazione e la quantificazione delle micro- e nano-plastiche in matrici complesse come il suolo, le piante, gli alimenti e i tessuti umani è incerta, il che aumenta la difficoltà di comprenderne i potenziali rischi. Mentre la contaminazione da plastica negli ambienti acquatici è stata studiata per decenni, solo recentemente la comunità scientifica ha spostato l’attenzione sugli ambienti terrestri. La contaminazione da plastiche e bioplastiche in agricoltura influisce sulle funzioni fisiche, chimiche e microbiologiche del suolo, inclusi i suoli agrari, e quindi potenzialmente delle colture agrarie.
I ricercatori hanno indagato gli effetti delle micro e nanoplastiche sulle piante di lattuga (Lactuca sativa L. var. capitata) concentrandosi su quattro diverse dimensioni di particelle di micro e nanoplastica di polietilene, a quattro concentrazioni. Gli esperti hanno valutato eventuali modifiche dell’attività fotosintetica delle piante, eventuali cambiamenti morfologici nelle piante e variazioni biochimiche nel metabolismo delle radici e delle foglie.
“I nostri risultati hanno rivelato che la dimensione delle particelle gioca un ruolo fondamentale nell’influenzare vari aspetti della crescita della lattuga (biomassa, accumulo di clorofilla ed altri pigmenti, area fogliare e attività fotosintetica), parametri fisiologici sostanze presenti nelle radici”, spiega il professor Lucini.
“Le plastiche di dimensioni più piccole hanno dimostrato un impatto sulle strutture e sulla biochimica delle porzioni aeree quali le foglie. Al contrario, le plastiche di dimensioni più grandi hanno avuto un impatto maggiore sul metabolismo delle radici. Ad esempio, i composti dell’azoto si sono accumulati nelle radici dopo l’esposizione alle plastiche. La presenza di microplastiche nel suolo sembra associata ad anomalie del ciclo dell’azoto, con alterazioni sia delle forme azotate, sia delle riserve di azoto disponibili. Questi risultati sottolineano l’intricata relazione tra specifiche contaminazioni da plastica, dinamiche dell’azoto e performance delle piante”.
“Lo studio – spiega il professor Lucini – dimostra che nanoparticelle e microparticelle nel suolo influenzano la crescita della pianta, con effetti diretti ed indiretti a carico sia dell’apparato radicale, sia di quello fogliare. La presenza di alterazioni del metabolismo anche in foglia, ovvero in organi non direttamente esposti alle micro e nanoplastiche, apre inoltre la possibilità che queste possano essere assorbite e traslocate in colture agrarie, ponendo un possibile problema di sicurezza alimentare.
Inoltre – conclude – l’effetto sul ciclo dell’azoto implica un possibile impatto sull’efficacia dei fertilizzanti azotati, e conseguentemente un effetto sulla sostenibilità delle colture, nell’ottica del Farm-to-Fork e green new deal che pone come obiettivo la riduzione del 30% dei fertilizzanti”.
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