“Quella mattina si è alzata alle 7 e si è preparata per uscire alle 8 per andare fare colazione con le amiche. Le ho detto ‘ok amore ci vediamo a pranzo, ma il pranzo non è mai arrivato’”, comincia così la drammatica testimonianza della mamma di Aurora ai microfoni di Storie Italiane su Rai1 con Eleonora Daniele. La tredicenne è deceduta dopo essere precipitata da un tetto e per questo è stato disposto il fermo per il fidanzato quindicenne della ragazza.
“Ho scoperto poi anche dal vicinato che lui si appostava, dormiva sul pianerottolo, nelle cantine, sui tetti. Temo che mia figlia non sia mai neanche uscita dal palazzo, secondo me lui era nascosto sulle scale e in qualche modo, non so come, è riuscito a richiamarla, a dirle qualcosa, non lo so…Mia figlia è uscita di casa e non è più rientrata”.
“Io sono scesa e sul marciapiede, mentre attraversavo la strada per prendere la macchina mi ha fermato un carabiniere, mi ha preso per la spalla e mi ha detto ‘signora deve essere forte’. Ho chiesto ‘ma è morta?’ e lui ha fatto cenno di sì con la testa, ‘allora ci è riuscito’ gli ho detto. Ho sentito una vicina che ha detto che ha sentito gridare aiuto, però aveva paura. Strisciando è sceso dalle scale e ha suonato ad un piano chiedendo di chiamare i soccorsi, ma come se nulla fosse e lo ha detto dicendo ‘Stai attento! E guardami bene, io ritornerò!’, come una minaccia”.
La mamma prosegue parlando delle sue preoccupazioni per la frequentazione tra i due giovani: “Io ho costruito una rete difensiva a 360 gradi. Ho direttamente parlato con il servizio sociale, a cui ho dimostrato le mie paure e mi è stato risposto che erano infondate, che era un amore infantile. Mia figlia aveva voglia di vivere, voleva fare tante cose, la manicure per il compleanno, Halloween, il viaggio a Parigi…Aveva tantissimi interessi, il suicidio è impossibile”, conclude la donna.
In diretta è intervenuta poi Lorenza Dordoni legale della famiglia della vittima: “La mamma è crollata, come era inevitabile. Nell’immediatezza dei fatti, ha trovato non so come la forza di combattere per chiedere verità sulla morte della figlia. Ora sono arrivati i primi, seppur parziali referti, e il ragazzo non ha saputo giustificare perché avesse con sé un cacciavite”, mentre sulle mani della vittima sarebbero stati rilevati dei segni compatibili con l’aggressione con il cacciavite.
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