Colpito da un male incurabile: “Vorrei tornare in Ghana per vedere mio figlio un’ultima volta” e l’Ausl esaudisce il suo desiderio.
Vorrei solo tornare a casa. Sono queste le parole pronunciate da Aziz durante il suo primo colloquio con i nostri professionisti delle Cure palliative.
Originario del Ghana, ha solo 28 anni quando gli viene diagnosticato un tumore inoperabile e inguaribile.
Aziz era arrivato in Italia qualche anno fa, lasciando la sua famiglia, la sua storia e le sue tradizioni per cercare un futuro forse migliore. Ricoverato in hospice a Borgonovo a causa della progressione della sua malattia, colpisce tutti i sanitari per il suo limpido e incrollabile desiderio: poter tornare a casa prima di morire.
I professionisti sanitari si mobilitano: “Come potevamo fare? Le sue condizioni di salute – raccontano – non erano certo le migliori. Da solo non era possibile. Gli ostacoli erano tanti e dopo esserci informati sulle procedure burocratiche ci è sembrato un progetto davvero impossibile. Ma quando ci siamo trovati nuovamente di fronte ad Aziz, ci ha stupiti un’altra volta con le sue parole: lo so che devo morire, ma vorrei guardare per l’ultima volta mio figlio negli occhi”.
Scatta allora una vera e propria catena di solidarietà: l’equipe di Cure palliative unisce le forze e tutte le competenze per superare le difficoltà e garantire al giovane la dignità che chiedeva.
I nostri professionisti hanno quindi coinvolto Ivana Gracchi, responsabile della struttura di accoglienza Il Quadrifoglio, e Maurizio Bianchini, presidente dell’associazione Cure palliative Piacenza.
Insieme a loro, quello che sembrava impossibile è diventato realtà, in una incredibile corsa contro il tempo prima che le condizioni cliniche di Aziz peggiorassero al punto da spegnere definitivamente anche l’ultima speranza di realizzare il suo desiderio. Trovato un familiare residente in Spagna, che si è offerto di accompagnarlo in Ghana, la macchina organizzativa è riuscita a concretizzare il viaggio aereo e tutte le pratiche amministrative necessarie.
“Ogni ingranaggio di questo meccanismo – raccontano ancora i professionisti delle Cure palliative – ha dato il proprio contributo, ogni operatore ha impiegato tutte le proprie competenze, andando ben oltre la clinica e dimostrando importanti sfumature di umanità. Tutti si sono dimostrati indispensabili: la rete di Cure palliative diretta da Raffaella Bertè; l’equipe dell’hospice di Borgonovo (ASP Azalea) coordinata da Armand Dragoj, i medici Flavio Mazzocchi e Monica Bosco, il presidente Bianchini e tutti i componenti dell’associazione Cure palliative Piacenza, Ivana Gracchi e la cooperativa Il Quadrifoglio, la Prefettura e il Comune di Piacenza, la consulente di viaggio Elena Perfetti e, non da ultimo, il taxista Roberto Cordani che ha accompagnato Aziz in aeroporto.
“Era così felice – spiega la dottoressa Bosco – è stato bellissimo. Le cure palliative fanno paura a molti, fanno pensare all’abbandono e alla morte. In realtà esaltano la vita fino all’ultimo momento. Cerchiamo in tutti i modi di esaudire i desideri dei nostri malati, ad esempio quelli che si vogliono sposare o desiderano rintracciare un parente che non vedevano da tempo”.
“Grazie a tutti – è la riflessione dei nostri professionisti – abbiamo potuto realizzare un sogno ma soprattutto abbiamo ricevuto ancora una volta un grande insegnamento. Questa esperienza, infatti, ci ha insegnato che la cura della malattia e della persona non si può affrontare singolarmente: solo l’insieme di sanitari e di volontari può raggiungere piccoli e grandi obiettivi e fare la differenza nei momenti difficili dei nostri pazienti”.
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