«La sfida della sostenibilità non deve avere solo una dimensione ambientale ma anche sociale. Dimensione di cui le banche di territorio sono il presidio perché la banca di qualità, quella che conosce i propri clienti, ha una funzione di coesione sociale». Non ha avuto dubbi Giovanni Ferri, ordinario di Economia politica a Roma, nell’augurare “lunga vita alle banche locali”. Era questo il tema del convegno a Palazzo Galli alla presenza di un pubblico molto numeroso, distribuito in tre sale (Panini con Verdi e Casaroli videocollegate).
Al tavolo dei relatori, oltre al prof. Ferri, Claudio Cacciamani, ordinario di Economia degli intermediari finanziari a Parma. Insieme a lui Corrado Sforza Fogliani, presidente del Comitato esecutivo della Banca di Piacenza e presidente di Assopopolari, che ha introdotto e moderato i lavori.
«In questo palazzo, che abbiamo fatto visitare ai nostri illustri ospiti, museo storico della Banca compreso – ha ricordato il presidente Sforza – la cooperazione è nata e si è sviluppata; qui Luzzatti era di casa con le sue sfide al grande capitale in difesa della proprietà in genere ed anche piccola, e del risparmio.
La nostra Banca ha acquistato Palazzo Galli (dove è nata la Banca Popolare Piacentina, progenitrice della Banca di Piacenza, ndr) proprio per conservare questo patrimonio di valori che Luzzatti predicava. Valori che cerchiamo di difendere nella tradizione delle banche popolari; le quali hanno la missione di valorizzare il territorio dove operano».
Il presidente di Assopopolari ha evidenziato la funzione storica degli istituti locali («il passaggio da economia agricola a industriale è avvenuto grazie alle banche popolari e alla qualità della loro azione, che oggi viene riconosciuta e premiata in Germania, Stati Uniti, Canada, mentre in Italia è spirato un vento contrario che però sta cambiando direzione, perché si comincia a capire che senza di noi nessuno pensa al territorio e si va piuttosto verso il monopolio bancario») ed ha giudicato «incomprensibile» la persecuzione subita dalle Popolari nel nostro Paese con la riforma Renzi, che ha di fatto consegnato gli Istituti costretti a trasformarsi in Spa ai fondi speculativi internazionali.
«Come Banca di Piacenza, che non ha dovuto cambiare natura giuridica – ha affermato il presidente Sforza -, restiamo comunque al nostro posto: siamo l’azienda della provincia con il maggior numero di dipendenti, riversiamo sul territorio, esclusi i finanziamenti, 70 milioni di euro circa ogni anno. Nessun altro soggetto, esclusi gli enti pubblici assistiti da prestazioni imposte, arricchisce il territorio come la nostra Banca. Occorre – ha concluso – ribadire con orgoglio il ruolo delle banche di territorio e approfondire i valori di indipendenza, concorrenza e mercato a tutela del piccolo risparmio».
Il prof. Ferri ha evidenziato gli errori della regolamentazione bancaria «che ha applicato alle banche le teorie della finanza svilendo il ruolo della banca, specie locale», auspicando che la stessa si ravveda («se vogliamo vederli, ci sono tutti i segni che la regolamentazione bancaria deve cambiare per riportare la banca al servizio della società. Fa riflettere che in Europa non si siano differenziate le regole tra grandi banche e banche locali, come hanno fatto negli Usa»).
Il relatore ha quindi messo in rilievo le differenze tra Spa e cooperative. La prima ha il solo obiettivo di massimizzare il profitto per remunerare gli azionisti; la seconda ha, in tutto o in parte, finalità mutualistiche; in quella cooperativa i clienti si sentono parte della banca e, figurando spesso come depositanti, debitori e soci hanno incentivi differenti rispetto ai clienti della banca Spa; terza differenza, rispetto alla governance: gli azionisti della Spa contano sulla base del numero di azioni possedute, nella cooperativa ogni socio ha un voto indipendentemente dal numero di azioni, una caratteristica che eleva la responsabilità democratica della banca. Nel primo caso, alle assemblee partecipano una ventina di azionisti contro le migliaia, perlomeno, di ogni banca locale.
«La trasformazione in Spa della dieci Popolari più grandi – ha osservato il prof. Ferri – è andata nella direzione sbagliata, come se si fosse imboccata l’autostrada contromano, inducendo questi istituti a spostarsi verso gli investimenti finanziari, piuttosto che fare credito a famiglie e imprese». Mettendo in guardia dal pericolo che «il nuovo nichilismo del nostro tempo ci porti alla banca senza qualità», il prof. Ferri ha concluso il suo intervento segnalando i vantaggi dell’avere banche locali, come presidio dei territori, «che in una globalizzazione che appare sempre più sfilacciata, devono avere la capacità di resilienza e risposta al cambiamento».
Il legame con il territorio punto di forza della banca locale, è stato sottolineato anche dal prof. Cacciamani, che ha osservato come spesso «si siano confusi il “localismo bancario”, cioè la volontà delle grandi banche di essere vicine ai territori, con la “banca locale”, quella effettivamente radicata sul territorio».
Il docente ha riferito di una recente analisi pubblicata dalla Bce che ha registrato un livello di efficienza della banche locali superiore a quello delle grandi banche commerciali. «Le banche locali – ha evidenziato il prof. Cacciamani -, mettendo in comune elementi di costo, come back office, consulenza e ricerca, e fattori di ricavo, prodotti e servizi comuni, riescono a coniugare il mantenimento dei centri decisionali nei territori, l’efficienza operativa e la ragionevole redditività in un quadro culturale e valoriale condiviso, volto a generare un impatto di trasformazione nei territori stessi».
Per la valutazione del credito, poi, «occorre apprezzare l’analisi qualitativa e non solo quella quantitativa, mentre i rating bancari sono di tipo quantitativo e non catturano le informazioni deboli che una banca locale riesce ad avere». Molto critico, infine, il prof. Cacciamani, nei confronti di quella che ha definito “la signora Vigilanza”: «E’ folle – ha affermato – che non si applichi il principio di proporzionalità, trattando le banche di territorio alla stregua delle banche speculative».
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