Oltre 1330 pazienti oncoematologici curati in prossimità della loro residenza, circa 10mila accessi totali e una media di 920 km risparmiati all’anno dal 2017 al 2020. Numeri importanti che incoronano Piacenza primogenita nelle cure oncologiche ed ematologiche sul territorio con un modello di lavoro unico a livello nazionale.
I risultati raggiunti dalla nostra realtà sono stati presentati alla Camera dei deputati da Luigi Cavanna, direttore del dipartimento Oncoematologico nonché presidente del Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri.
All’incontro dal titolo “Tumore al seno e oncologia territoriale, un binomio necessario” erano presenti come relatori Nicola Provenza, presidente intergruppo Cronicità alla Camera, Paola Boldrini, presidente intergruppo Cronicità al Senato, Flori Degrassi e Anna Maria Mancuso, rappresentanti gruppo di lavoro Onconnext, e Manuela Tamburo De Bella, coordinatrice dell’osservatorio per il monitoraggio delle reti oncologiche regionali Agenas.
“Mentre a livello nazionale, l’oncologia territoriale è ferma alla fase progettuale, Piacenza è l’unica realtà in Italia a essere passata dalle parole ai fatti. Oggi – sottolinea Cavanna – presentiamo i risultati di un modello organizzativo che dal 2017 al 2020, a fronte di una ultra decennale esperienza professionale, ha portato i nostri medici oncologi o ematologi direttamente sul territorio per prestare la loro attività in ambulatori dedicati negli ospedali di prossimità e nelle case della salute favorendo la fruibilità di visite, esami e cure oncologiche vicino al domicilio. Negli ultimi quattro anni sono stati curati un totale di 1.339 pazienti attraverso questo metodo che prevede la presenza dei nostri professionisti ai nosocomi di Bobbio, Castel San Giovanni e Fiorenzuola e alla Casa della salute di Bettola”.
Un modello di cura che mette al centro il paziente.
Il modello piacentino di cure oncologiche ed ematologiche sul territorio solleva i pazienti dalle problematiche di ordine psicologico, sociale, economico, lavorativo e familiare che una sede di cura distante dal domicilio porta inevitabilmente con sé.
Dalle indagini condotte è, infatti, emerso che la distanza del luogo di cura, il tempo impiegato, le spese e i disagi del viaggio influenzano negativamente la qualità di vita e del paziente. La creazione di una rete territoriale di cura che porta un team medico infermieristico (oncologo o ematologo e infermiere di oncologia) vicino al domicilio del malato, sfruttando l’esistenza di presidi periferici, consente ai pazienti residenti nelle zone più decentrate del territorio una sostanziale equità nelle opportunità di cura di chi vive vicino alla città e di conseguenza all’ospedale centrale.
I risultati dell’indagine
Da gennaio 2017 a dicembre 2020, sono stati curati 1.339 pazienti oncoematologici in prossimità della loro residenza: 278 pazienti nel 2017, 347 nel 2018, 354 nel 2019, 360 nel 2020. Gli accessi totali nei quattro anni per eseguire i trattamenti sono stati 10.003: 2.214 nel 2017, 2.652 nel 2018, 2.524 nel 2019 e 2.613 nel 2020. I chilometri mediamente risparmiati per ogni paziente/anno sono stati 937 circa nel 2017, 891 nel 2018, 879 nel 2019, 920 nel 2020.
“I dati riportati nello studio – conclude il professionista – evidenziano come sia attuabile un’oncologia di prossimità secondo un modello che prevede una modalità gestionale e di cura dei pazienti equa ed efficace fra ospedale centrale e cura territoriale nell’ottica di una medicina dal volto umano che prenda in cura il paziente nella sua complessità. Inoltre il background culturale e organizzativo dell’assistenza oncologica diffusa sul territorio ha consentito all’Azienda di reagire con prontezza all’emergenza Covid creando un sistema di assistenza e cura dei pazienti positivi direttamente al loro domicilio”.
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