Informare sui rischi dell’azzardo, con una particolare attenzione ai più giovani; formare il personale sanitario e sociale e quello dei pubblici esercizi per aiutarli a riconoscere le dipendenze; sostenere una rete per il trattamento integrato che comprenda interventi ambulatoriali e residenziali.
La Regione Emilia-Romagna continua a tenere alta la guardia nella sfida alla ludopatia; anche per il 2020 stanzia alle Azienda sanitarie del territorio, da Piacenza a Rimini, oltre 3,7 milioni di euro per l’attuazione del Piano regionale di contrasto del gioco d’azzardo patologico.
La ripartizione delle risorse sui territori, che avviene in base al numero di residenti, prevede 239.290,21 euro per l’Ausl di Piacenza. Di questi 167.503,15 euro in quota distretti e 71.787,06 in quota Ausl.
Meno slot machine ma più gratta&vinci, nessuno spostamento significativo dall’azzardo fisico a quello digitale “nonostante le pressioni dei social”, un unanime aumento del benessere familiare per la mancata disponibilità di strumenti di gioco. L’esperienza del lockdown ha avuto un impatto evidente sui giocatori d’azzardo patologici; di queste conseguenze si è occupato il servizio dedicato dell’Ausl di Piacenza, che ha condotto un’indagine su un campione di ludopatici che stanno svolgendo il loro percorso clinico nei SerDP della provincia.
Più della metà degli intervistati (il 60%) ha parlato di “benessere elevato” durante la pandemia; principalmente determinato dalla “assenza della disponibilità di giochi d’azzardo”. Tutto questo nonostante il 44% di loro vivesse stati d’ansia legati alla paura per il Covid-19.
La grande maggioranza dei giocatori (82%) è rimasta completamente astinente dal gioco d’azzardo; il 15% ha mantenuto le proprie abitudini di gioco; solo il 3% le ha aumentate, giocando online. Una modalità, quella online, su cui nessun giocatore che non la praticasse già in precedenza ha scelto di virare, nonostante le “pressioni dei social” e “la quantità di tempo libero”. E anche per le persone in carico per problemi di gioco online, nella maggior parte dei casi il lockdown non ha portato a un aumento della ludopatia. Anche il passaggio al gioco d’azzardo illegale è risultato nullo.
E se il lockdown ha comportato un piccolo spostamento dei consumi dal gioco offline di prima scelta (di solito slot machine) ad altro gioco offline (gratta&vinci) per l’indisponibilità del primo, nessun servizio si è ritrovato a dover gestire sindromi di astinenza dal gioco d’azzardo.
Durante il lockdown le nuove richieste di aiuto al servizio per le dipendenze da l’azzardo patologico si sono praticamente azzerate; per poi riprendere lentamente alle fine del periodo di chiusura forzata, principalmente per gratta e vinci e gioco d’azzardo online – cioè le due formule disponibili nei mesi più critici della pandemia. Per quanto riguarda invece gli utenti già in carico, i pazienti hanno riconosciuto alle Ausl una buona riorganizzazione dei servizi; servizi che sono riusciti a erogare interventi a distanza via web o per telefono.
Quasi la metà dei giocatori patologici (41%) ha lavorato anche durante il lockdown, periodo in cui gli utenti hanno generalmente parlato di una convivenza familiare positiva (73% dei casi); il tutto a fronte di un 23% che ha trascorso i mesi da marzo a giugno da solo e di un 4% che ha invece vissuto una convivenza difficile.
Su una considerazione tutti i ludopatici intervistati sono stati concordi in maniera unanime. La restrizione all’offerta di gioco, sia nella fase 1 e ancora nella fase 2 ma solo fino alla riaccensione delle slot, ha portato a un aumento del benessere soggettivo e familiare.
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