Libri da ardere, Elio De Capitani in scena al Municipale il 19 febbraio. L’unico testo teatrale di Amélie Nothomb, scrittrice ironica e maliziosa per alcuni, nera, sulfurea e morbosa per altri, autrice di romanzi di successo che hanno ispirato film e spettacoli. Si tratta di “Libri da ardere”. A metterlo in scena Teatro dell’Elfo e La Corte Ospitale. Il tutto con la regia di Cristina Crippa e la magistrale interpretazione di Elio De Capitani affiancato da Angelo Di Genio, Carolina Cametti.
Lo vedremo al Teatro Municipale di Piacenza mercoledì 19 febbraio alle ore 21. Spettacolo nel cartellone Altri Percorsi della Stagione di Prosa “Tre per Te” 2019/2020. Rassegna proposta da Teatro Gioco Vita. Direzione artistica di Diego Maj, con la Fondazione Teatri di Piacenza, il Comune di Piacenza e il sostegno di Fondazione di Piacenza e Vigevano e Iren.
Cristina Crippa, assidua lettrice della Nothomb, nel 2006 ha scelto di portare in scena “Libri da ardere”. In particolare certa della forza dei tre personaggi coinvolti in questo gioco crudele. Ne è nato uno spettacolo che ha debuttato al Festival Asti Teatro. Inoltre è stato riproposto con successo all’Elfo di via Ciro Menotti e in tour. A distanza di oltre dieci anni torna in scena con Elio De Capitani. Come allora nel ruolo protagonista. Inoltre ci sono due nuovi interpreti Angelo Di Genio e Carolina Cametti (a sostituire Elena Russo Arman e Corrado Accordino).
Una città, forse di un paese dell’est europeo, in un gelido inverno di guerra è stretta nella morsa finale di un assedio. Un tempo ha avuto una rinomata università e una brillante vita culturale, ormai è semidistrutta dai bombardamenti e ridotta alla fame. Ancora in piedi, la casa di un illustre professore di letteratura ospita, oltre al padrone di casa, Daniel, il suo assistente, e una giovane allieva, amante di turno di Daniel. La situazione d’emergenza altera brutalmente questo microcosmo: a poco a poco i normali punti di riferimento, non solo le convenzioni formali, ma anche quelle più solide su cui si basava l’esistenza precedente crollano, travolti dal puro desiderio di sopravvivenza, che inverte e modifica ogni rapporto, intellettuale, affettivo, di potere, e stravolge il senso intimo di ogni gesto, di ogni abitudine. Il freddo domina la scena, con la sua capacità di paralizzare, di annullare ogni desiderio che non sia legato ad un pur minimo innalzamento della propria temperatura corporea. È Marina, fragile sotto l’apparente spregiudicatezza, a soffrirne di più, e a proporre per prima l’utilizzo della fornita biblioteca del professore come combustibile. All’inizio si tratta quasi di un gioco un po’ intellettuale, un complicato “distinguo” tra buona e cattiva letteratura. Ma alla fine, giunti all’ultimo romanzo sopravvissuto, non sono più le qualità letterarie ad avere importanza. E il libro rivela tutta la sua valenza simbolica: rappresenta ciò che più identifichiamo con l’umano: il linguaggio, la comunicazione, la capacità di raccontare e ricordare, la voglia di sognare e immaginare insieme ad altri esseri umani. E allora, dopo l’ultima fiammata, non resta che la grande piazza coperta di neve e bersagliata dalle bombe, per aspettare la morte.
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