“Noi insegnanti siamo stati colti di sorpresa quel famoso 21 febbraio. La nostra vita è rimasta congelata quel preciso giorno: alcuni di noi hanno persino lasciato i libri a scuola”. A parlare è Michela Vignola, insegnante del Liceo Gioia, che racconta come è cambiata la quotidianità per i docenti con l’inizio della pandemia.
“Come liceo eravamo già abituati alla tecnologia avanzata, avevamo già attivi podcast e piattaforme. Ma rappresentavano solo una parte dell’intero insegnamento: quando abbiamo capito che l’emergenza sarebbe stata lunga abbiamo deciso di incentrare su queste tecnologie l’intero insegnamento. Abbiamo dovuto reinventare la didattica: materiali adatti all’online, difficoltà di concentrazione per gli alunni dovuta alla distanza e al collegamento digitale. Da questo punto di vista dobbiamo ringraziare le famiglie per la collaborazione”.
“Abbiamo cercato di mantenere gli orari intatti. Ma questa nuova modalità digitale nasconde anche aspetti negativi. Innanzitutto la scuola non può costringere i ragazzi a stare di fronte al computer per tante ore. Inoltre ci sono famiglie che possiedono un solo computer ma hanno due o più figli. Abbiamo cercato di alleggerire i pomeriggi dedicandoli all’attività fisica e insegnando metodi per salvaguardare la salute personale”.
“E’ presto per dirlo, vedremo gli effetti tra un po’ di tempo. Il Ministero ha dato il via libera alle verifiche ma non sapevamo come eseguirle: i ragazzi infatti sono a casa e hanno la possibilità di copiare. Abbiamo persino sorpreso genitori intenti a suggerire ai propri figli le risposte corrette. A quel punto abbiamo reinventato le verifiche. Più che la nozione fine a se stessa, che potevano consultare senza essere scoperti, abbiamo deciso di testare la capacità di mettere in pratica quella nozione, le competenze insomma. Per certi aspetti è più funzionale perché si stimola l’intelligenza dell’alunno”.
“Negli aspetti relazionali i ragazzi si sono sentiti penalizzati perché la scuola è per metà apprendimento e per metà socializzazione. Alcuni studenti hanno lamentato un aumento del mal di testa a causa del computer, è vero, e confermo che anche noi docenti abbiamo patito lo stesso disagio. L’eccesso di lavoro è un problema che ci siamo posti e abbiamo dovuto calibrare la quantità del compiti sottoposti agli studenti. Anche perché ci siamo trovati di fronte alla possibilità di inviare compiti e lezioni attraverso diversi canali come Drive, Whatsapp, mail ecc. Da questo punto di vista era facile creare confusione. Ci siamo dovuti organizzare. L’aspetto positivo è questo: dal momento che gli studenti seguivano le lezioni in compagnia della famiglia, molti genitori hanno per certi versi rivalutato il ruolo dell’insegnante”.
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