Riceviamo e pubblichiamo il documento, elaborato da Confcommercio, con le proposte programmatiche fatte pervenire ai candidati sindaci alle elezioni amministrative in corso nella città di Piacenza.
Nel corso degli ultimi 2 anni l’Italia si è trovata a dover affrontare una crisi sanitaria che si è tradotta in una conseguente crisi sistemica mondiale che ha causato danni devastanti al tessuto economico nazionale e non solo.
C’è chi ha chiuso la propria attività e non l’ha più riaperta, chi è stato travolto dalle difficoltà e chi ha perso i propri cari: in questi mesi l’emergenza da Coronavirus ha delineato una situazione critica, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche sociale.
Disoccupazione, aumento delle disuguaglianze e crisi di numerosi settori: sono questi alcuni degli effetti drammatici causati dalla pandemia ancora in corso. Con il risultato di aver scavato un solco molto profondo nell’economia mondiale, ma in particolare nel nostro Paese: in meno di un anno, l’intera geografia occupazionale italiana è stata stravolta, comportando inedite condizioni di lavoro e la conseguente crisi di moltissimi settori.
Ciò ha portato i governi dei principali Paesi, nonché le istituzioni internazionali, ad approvare ingenti misure di sostegno al reddito di famiglie e imprese, che tuttavia non hanno impedito di avere delle conseguenze devastanti in termini di disoccupazione e contrazione dei mercati. Per le imprese in particolare i cosiddetti ristori in ambito nazionale hanno garantito un aiuto pari ad un delta variabile tra il 3 e 5% del fatturato anti pandemico. Anche il supporto, pur importante in ambito regionale, ha fornito un piccolo contributo che comunque per diverse realtà non è stato possibile ottenere a causa della prescritta regolarità del Durc per la sua concessione. In questo senso meritevoli e degni di nota alcuni interventi della nostra provincia, tra cui quello del comune di Piacenza, che in particolare ha prodotto nei due anni interessati dalla pandemia una riduzione trasversale della tassazione rifiuti.
Risulta in forte aumento anche nella nostra realtà il numero di famiglie scese sotto la soglia di deprivazione, una povertà estrema che rischia di cancellare i progressi fatti negli ultimi anni per risollevare gli strati più bisognosi della popolazione.
Inoltre, in quest’ ultimo periodo, un’altra conseguenza del Coronavirus a cui stiamo assistendo è il numero di continui decessi, non legati al virus, ma al suicidio. L’allarme lanciato dall’Osservatorio suicidi per motivazioni economiche riporta 42 decessi, più della metà delle vittime è costituita da imprenditori. A questo aspetto drammatico della pandemia è necessario sommarvi il bilancio giornaliero dei contagi, chi ha lasciato temporaneamente la forza lavoro o chi è andato in pensione. Si rileva inoltre il grande squilibrio di genere causato dalla pandemia. In Italia i dati di settembre dell’ Ispettorato nazionale del lavoro indicavano un numero preoccupante di dimissioni dei genitori lavoratori, soprattutto donne; nel 2020 quasi 33mila donne hanno lasciato il loro impiego per accudire i propri figli. Tra mamme e donne senza figli c’è una differenza del tasso di occupazione pari al 74,3 %.
Negli ultimi mesi, poi, l’ulteriore sommarsi dell’impennata dei prezzi delle materie prime con il perdurante effetto della guerra in Ucraina hanno prodotto una situazione ancor più devastante: un fortissimo salto inflattivo (che non si registrava da circa 40 anni), unito ad un importante calo della domanda e dei consumi. Situazione che mette fortemente a rischio l’economia mondiale ma in particolare quella dei Paesi più esposti, come l’Italia.
Certamente questo scenario rappresentato frena pesantemente e mette a rischio la resilienza e presenza di tante imprese del settore commercio, turismo e servizi.
Nel nostro territorio gli effetti sono stati estremamente negativi, con un tasso di mortalità tra i più alti a livello nazionale, ciò nonostante una ricerca condotta da Piacenz@ rivela una sostanziale, seppur difficile, tenuta del sistema economico. I dati mettono in rilievo, pur nell’ambito di una congiuntura sempre negativa, le doti di resilienza delle nostre attività commerciali. Dai dati della Camera di Commercio di Piacenza si desume una stabilità del saldo attivo negli anni 2020 e 2021 anche se mantenere questi standard per l’anno in corso potrebbe non essere semplice.
Nel periodo di lockdown si è assistito ad un crollo degli indici economici a seguito del divieto agli spostamenti individuali e della chiusura delle attività produttive. Anche i piacentini, come gli italiani, hanno dovuto modificare gioco forza il loro abituale stile di vita, riducendo i consumi più voluttuari. Inoltre l’utilizzo dello smart working ha ridotto notevolmente il bisogno di acquisti nel ramo abbigliamento calzature (i clienti più timorosi hanno infatti spesso privilegiato l’e-commerce per evitare contatti), desertificato le città ed i relativi ristoranti e bar che hanno visto una evidente contrazione dei coperti riconducibili ai lavoratori. L’azzeramento degli incassi per il periodo di blocco totale ed il forte calo nella fase di allentamento delle restrizioni non è stato, come detto, accompagnato da ristori adeguati. Gli imprenditori sono stati comunque costretti a fronteggiare, nonostante le chiusure ed i contingentamenti, spese fisse come l’affitto (il 78% degli esercenti piacentini ha dichiarato di avere locali in affitto), esborsi molto onerosi per i dpi ed aumenti del costo del personale legati alla necessità di personale aggiuntivo da destinare al controllo dei green pass. Il settore dei pubblici esercizi ha visto dimezzarsi anche i coperti, diminuzione in parte causata dai distanziamenti richiesti ed in parte dovuta a quella clientela che non si è regolarmente sottoposta all’obbligo vaccinale. Il comune di Piacenza, oltre alla riduzione percentuale della tariffa rifiuti, ha contribuito alla diminuzione dei costi che andavano a gravare su alcune attività rendendo ad esempio gratuiti i plateatici e, in alcuni casi, ampliando l’offerta di metri quadrati di suolo pubblico nel tentativo di dare una boccata d’ossigeno ad un settore già fortemente colpito dagli obblighi e limitazione riportati in precedenza. Una situazione ancora più drammatica è stata vissuta dai titolari di attività commerciali poste all’interno di centri commerciali, e pertanto costrette alle stesse restrizioni e chiusure forzate nei fine settimana, perdendo quindi per diverse settimane le giornate di maggiore affluenza di clientela, alle quali erano abituati tali centri.
Certamente la difficoltà di gestire una situazione del tutto eccezionale ha ben presto dimostrato le fragilità del nostro sistema, fragilità che vanno ad aggiungersi all’incapacità di adottare interventi tempestivi; inoltre le misure adottate non sempre si sono rivelate risolutive ed eque.
Questo periodo di particolare difficoltà risulta ancora più preoccupante se sommato al fatto che la popolazione in età da lavoro sta continuamente diminuendo. Come dimostra uno studio statistico, a dir poco allarmante, effettuato dalla Provincia di Piacenza, sulla base di dati raccolti nel 2020, si prevede un calo della popolazione in età da lavoro per il periodo compreso tra il 2020 ed il 2025 pari al 16,8 %.
Per finire le tensioni e le incertezze generate dal conflitto in Ucraina frenano la ripresa del commercio e l’indice di fiducia dei consumatori arretra ulteriormente. I prezzi volano alle stelle, l’inflazione galoppa sulla scia dell’impennata dei prezzi dei beni energetici che incide sulla spesa delle famiglie e che, inevitabilmente, peserà sui consumi interni e sulla crescita futura.
Dal lavoro, comunque, arrivano segnali positivi e a marzo l’occupazione torna a salire tra donne e giovani. Molti però i contratti a termine e frenata del lavoro autonomo: a febbraio 2020, prima del lockdown, i lavoratori autonomi erano 215mila in più.
Il Consiglio dei ministri si appresta a varare ulteriori aiuti, a partire dalle misure di contrasto agli aumenti energetici. Misure che finora hanno funzionato, ma vanno decisamente rafforzate. In particolare imprese ed autonomi avrebbero bisogno di sostegno sul fronte del credito. Servono interventi legislativi che accompagnino le attività in un percorso di uscita graduale dalle misure emergenziali, a partire da una riproposizione delle moratorie per tutto il 2022. Servirebbe inoltre una più spiccata cultura d’impresa ed una maggiore sensibilità ed attenzione al passaggio generazionale. Troppe aziende passano di mano, il più delle volte a società straniere, perchè non si è coltivato per tempo in seno all’azienda chi poteva continuare ad amministrarla. Il passaggio generazionale all’interno di un’impresa familiare rappresenta un nodo strategico per l’azienda e troppo spesso gli imprenditori si trovano ad affrontare questo momento cruciale da soli e senza l’adeguata formazione giuridica e culturale. Con il piano PNRR che prende forma, tutti coloro che fanno impresa dovranno ricevere supporto per poter proporre eventuali progetti e fare richiesta dei fondi. In questo frangente associazioni di categoria, professionisti e amministrazioni comunali sono tenuti ad essere dei protagonisti attivi e farsi portavoce delle proposte avanzate dai vari esercenti. Le risorse che arriveranno dall’Europa dovranno essere spese bene e velocemente sulla base di veri e propri piani strategici concordati. E’ una irripetibile occasione nella quale non si può fallire.
Nel PNRR si parla inoltre di “Rigenerazione urbana” che dovrebbe passare dal “commercio di vicinato”. Per un suo rilancio serve però una fiscalità di vantaggio per i settori in difficoltà, esenzione fiscale per le zone disagiate, attività che svolgono un insostituibile ruolo sociale. Andrebbero calmierati i prezzi delle locazioni commerciali, serviranno in aggiunta un facile accesso al credito ed incentivi per l’innovazione tecnologica, uno stimolo per il cambio generazionale, premi per iniziative commerciali di sviluppo ed innovazione,
L’utilizzo del canale web può aiutare ed integrare i ricavi. Un ulteriore bisogno è quello della semplificazione negli adempimenti, la burocrazia sottrae tempo, frena la volontà di riqualificarsi temendo sanzioni.
Unione Commercianti Piacenza e Confesercenti Piacenza rappresentano il settore del Terziario, con circa tremila imprese e seimila addetti a Piacenza e Provincia. Sono imprese sempre profondamente radicate nel territorio, il cui patrimonio più prezioso è la qualità del lavoro di chi vi opera.
Un aspetto decisivo delle imprese commerciali è quello di abbinare la dimensione imprenditoriale con quella sociale. In particolare, il piccolo esercizio commerciale costituisce un vero e proprio strumento di vivibilità e controllo del territorio e, garanzia di un’essenziale funzione di “servizio pubblico”.
A questo proposito è importante che l’Amministrazione Comunale prosegua anche con iniziative dirette ad accrescere il valore civico delle imprese, mediante campagne di responsabilità sociale (educazione per un consumo coscienzioso di alcool, contro il consumo di stupefacenti, a favore dell’assunzione consapevole di cibo) da realizzare con il coinvolgimento di tutti gli attori interessati: famiglie, scuola, educatori, istituzioni pubbliche e attività economiche.
Le imprese, specialmente quelle più piccole e diffuse, dal commercio all’artigianato, non rappresentano solo un indicatore economico ma, con la loro presenza, sono una garanzia sociale per uno sviluppo armonico del territorio, per una sfida di qualità diffusa all’insegna di un’area metropolitana viva e assortita, in centro come nell’hinterland. Un punto di partenza per la crescita del territorio.
Appare necessario declinare le esigenze del sistema della piccola distribuzione e garantire un equilibrato sviluppo del sistema commerciale. Questo dovrà avvenire tenendo presente che la funzione commerciale crea impatti diversi sulla città, a seconda della formula distributiva, del mix funzionale, dei settori merceologici interessati, della qualità degli interventi, delle localizzazioni e dell’organicità del nuovo rispetto all’esistente.
Riteniamo fondamentale che la prossima Amministrazione Comunale abbia l’obiettivo e la prospettiva di “volare alto” puntando ad una progettualità importante ed ambiziosa. Pensando non solo ad una mera gestione della contingenza ma strutturando programmi che mirino a traguardi di maggiore spessore ed importanza. Scenari che vadano oltre al semplice mandato ma che per step abbiano l’ambizione di una visione declinata già al 2030/2040.
Il nostro territorio, la nostra città, hanno tutti gli elementi per ancor ergersi a punto di riferimento nazionale ed internazionale su vari settori economici, culturali, turistici e non solo.
A questo proposito sarebbe auspicabile poter riproporre una sorta di veri e propri Stati Generali che vedano la presenza di tutti i vari portatori di interesse e stakeholder locali.
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