Sabina Guzzanti, autrice televisiva e comica, ha di recente scritto un romanzo che ha per protagonisti degli anziani che cercano di scongiurare la propria estinzione da parte di giovani robot: questione di anagrafe e di tecnologia. Marco Cappato, tra i più importanti attivisti politici dell’ultimo decennio, ha promosso a livello nazionale ed europeo l’uso dell’intelligenza artificiale per aumentare la capacità dei cittadini di essere informati, attivarsi e in definitiva controllare chi ci rappresenta nelle istituzioni pubbliche. I due hanno dialogato insieme su dove, tra società e istituzioni, andremo a finire. Le possibilità della finzione che vuole assomigliare alla realtà, e della realtà quando pretende di non essere più soltanto una finzione.
“Un futuro che è già avvenuto. Effettivamente il libro è divertente e tecnicamente abbastanza fondato perché ho lavorato con alcuni informatici quindi credo sia una lettura piacevole ma anche utile per capire quali siano le problematiche etiche, inerenti ai diritti sul lavoro e a tantissime problematiche per cui nessuno ancora ha alzato un dito, non ci siamo nemmeno posti il problema e invece l’intelligenza artificiale è arrivata”, dice Guzzanti.
“Sono risorse che devono essere gestite in modo democratico. Non è possibile che pochi privati decidano sull’intelligenza artificiale perché questa cambia le relazioni umane, la nostra secrezione ormonale. Quella che si chiama biopolitica: non c’è più solo un controllo sulla privacy, che conosciamo, ma c’è proprio un controllo sui nostri corpi e non è possibile che questo sia in mano ai privati. Punto”, conclude Guzzanti.
“L’intelligenza artificiale vede investimenti enormi o per venderci le cose oppure per controllarci. Quello che manca è l’intelligenza artificiale pubblica, cioè un investimento pubblico perché sia anche, non dico solo, ma anche a servizio del cittadino. Con questa roba qui possiamo fare tutto, l’unica attività umana che le nuove tecnologie non ci consentono di fare è partecipare, unirci con chi condivide le nostre idee. Quello che serve è un investimento pubblico sull’intelligenza artificiale”, commenta Cappato.
Cappato porta un esempio: “Meno dello 0,3% degli italiani ha fatto il testamento biologico, perché? Perché nessuno ne sa nulla. Dovrebbe essere possibile prendere in mano il telefono e chiedere: ‘Se mi succede qualcosa come faccio a non subire decisioni sulla mia pelle? In questo caso l’intelligenza artificiale, invece di venderci qualcosa, potrebbe spiegarci come fare il testamento biologico. Perché senza conoscenza i diritti restano solo sulla carta. Se non c’è un investimento pubblico l’interesse commerciale rimane al servizio di chi se lo può permettere e questo riguarda il lavoro e le categorie sociali più deboli”, conclude Cappato.
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