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Stanziamenti Covid bloccati, anche gli infermieri piacentini a Bologna, mobilitazione il 28 gennaio: “Ci hanno chiamato eroi, ora non ci concedono ciò che ci spetta” – AUDIO

“Anche gli infermieri di Piacenza scioperano perché credono che valorizzare la loro professione sia nell’interesse dei cittadini e che migliorarne le condizioni di lavoro migliorerebbe l’assistenza di tutti”. Lo annuncia il sindacato degli infermieri NurSind, per bocca del segretario provinciale Renata Tommasi. La mobilitazione si svolgera a Bologna sabato 29 gennaio.

“Sono due anni che ci troviamo in trincea, non c’è stata nessuna possibilità di apertura da parte del governo. Il governo Conte aveva stanziato per il nostro settore 335 milioni di euro, 100 milioni per gli OOSS, 500 milioni di euro per i medici. Questi ultimi erano stati stanziati il primo gennaio 2021, mentre i nostri sono stati vincolati al rinnovo dei contratti. Nel 2022 alcuni emendamenti hanno cercato di svincolare queste somme cercando di farci avere anche gli arretrati, ma il governo attuale si è rifiutato, in modo inspiegabile. Questo ci ha fatto molto male: ci hanno chiamato eroi, ci hanno chiamato angeli, siamo stati quelli più colpiti dalla pandemia sia in termini di vittime che sotto il profilo familiare e psicologico. Ora ci sono soldi che sono nostri e sono lì che giacciono e non ce li vogliono concedere”.

Anche una delegazione di infermieri piacentini sarà dunque in piazza a bologna il 28 gennaio per una mobilitazione generale.

“Scioperiamo perché il governo Draghi non ha ritenuto di dare alcun segnale di vicinanza agli operatori sanitari (infermieri, ostetriche, OSS, professionisti sanitari), erogando già da questo mese le risorse stanziate a dicembre 2020. Il personale medico già da un anno ha giustamente ricevuto mezzo miliardo di euro, il restante personale sanitario e sociosanitario ancora nulla. Siamo i più esposti, garantiamo l’assistenza nelle 24 ore e siamo trattati come figli di un dio minore”.

“Le condizioni di lavoro sono diventate inaccettabili: spostamenti continui e improvvisi di reparto, ferie bloccate, nessun affiancamento per i neoassunti, montagne di ore di straordinario non pagato, nessuna quarantena per i contatti stretti, sempre sotto-organico, richiamati continuamente in servizio, i più colpiti dalla pandemia, i primi per i quali è stato deciso l’obbligo della vaccinazione per lavorare. Non abbiamo vita al di fuori del lavoro”.

DOPO DUE ANNI DI PANDEMIA, SIAMO STANCHI, STREMATI, MOLTI PENSANO DI ABBANDONARE LA PROFESSIONE così svalutata che non incentiva i giovani a volerla intraprendere. Gli infermieri sono una risorsa rara. E non solo in Italia. Talmente ambiti che anche quelli formati dalle nostre università migrano all’estero, attratti da condizioni di lavoro migliori e stipendi più alti Abbiamo gli stipendi tra i più bassi d’Europa. In Italia il lavoro è da laureati mentre la paga è da diplomati”.

“Il peso della responsabilità che poggia sulle nostre spalle è sempre più gravoso. Andiamo al lavoro sapendo di stare fianco a fianco tutti i giorni con la morte. Ci sobbarchiamo a nostre spese l’assicurazione, la formazione e l’iscrizione all’ordine professionale. Non siamo eroi ma professionisti e rispondiamo direttamente per ciò che facciamo o non facciamo, ma ad oggi nulla ci è riconosciuto rispetto a chi non ha le nostre stesse responsabilità e le nostre stesse angosce. Gli applausi e le pacche sulle spalle non ci aiutano ad arrivare a fine mese”.

Non vogliamo creare disagio ai cittadini più di quello che già stanno vivendo. Vogliamo però che tutti sappiano che gli infermieri sono una risorsa fondamentale per tutti i sistemi sanitari del mondo, ma evidentemente non per il nostro Governo e le nostre Regioni”.      

Chi di noi può si ferma e sciopera, gli altri garantiranno i servizi essenziali, come sempre abbiamo fatto. Confidiamo nel fatto che tutti coloro che hanno apprezzato il nostro coraggio e il nostro lavoro durante la prima ondata pandemica possano condividere le ragioni della nostra protesta. E’ proprio a loro che chiediamo un gesto di solidarietà, fermamente convinti che la società civile sia sempre molto più avanti di chi ci rappresenta nelle istituzioni e ben consapevoli del fatto che migliorare le nostre condizioni di lavoro significhi migliorare l’assistenza di tutti”.

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