I 30 anni del 118 in un Salone di Palazzo Gotico affollato di volontari e operatori sanitari. Con il DPR 27 marzo del 1992, 30 anni fa nacque in Italia il numero unico per le emergenze sanitarie 118.
Stamattina a Piacenza si è celebrata quella data cruciale (il 118 cittadino arrivò un anno dopo, nel 1993) con un incontro colmo di voci e testimonianze autorevoli.
Oggi, a Piacenza, l’unità operativa Emergenza territoriale può contare su un direttore medico (Enrica Rossi), un dirigente infermieristico di nuova nomina (Stefano Nani) e quattro coordinatori infermieristici: Alessandro Gandolfi, Marilena Longinotti, Paola Pelizzeni e Luisella Zanlunghi.
Sul territorio sono otto le postazioni con mezzi di soccorso avanzato: due a Piacenza, una a Castel San Giovanni, una a Fiorenzuola, una a Roveleto di Cadeo, due a Bobbio e una a Farini.
L’integrazione con il sistema del volontariato consente di aggiungere al sistema una trentina di mezzi di Anpas e Croce Rossa.
L’unità operativa conta 11 medici, una settantina di infermieri e una cinquantina di autisti soccorritori dipendenti.
LE CELEBRAZIONI DEL 118
La prima parte, coordinata dalla giornalista di PiacenzaSera Paola Pinotti, è stata aperta da Giuliana Bensa, direttore generale ad interim dell’Azienda Usl di Piacenza: “Non diamo per scontato un sistema che funziona. Perché ciò che lo fa funzionare – velocità di risposta associata ad un alto livello di professionalità – è un meccanismo delicato”. Tra un ricordo (il primo di tanti rivolto alla figura di Maurizio Saltarelli, fra i pionieri del 118 piacentino) e i volontari definiti “cuore pulsante del 118”, Bensa non ha mancato di servire un assist alla Regione: “Per una centrale 116117 (numero unico per cure non urgenti) di futura creazione, Piacenza c’è; si candida”.
E se Patrizia Barbieri, presidente della Provincia, ha introdotto l’idea che il nostro sia “un modello da imitare”, il prefetto Daniela Lupo ha invece fatto luce sul concetto – poi sviluppato da altri relatori – di “coordinamento”. “Il Sistema Sanitario coordina il volontariato: su questo asse si gioca quasi tutto”. Tempo per un messaggio video dell’assessore regionale alle Politiche per la Salute Raffaele Donini (“Il sistema 118 si è rivelato in tutta la sua efficacia durante la pandemia”) e poi la parola è passata ai professionisti della nostra Ausl.
Andrea Magnacavallo, direttore sanitario, ha rilevato come “gli investimenti in tecnologia e formazione siano stati il motore necessario per sviluppare questa visione che oggi compie 30 anni. E adesso c’è il PNRR, un’opportunità in più da sfruttare”. Andrea Contini, direttore assistenziale, ha invece raccolto un grande applauso quando, partendo dalle emozioni, ha ricordato Maurizio Saltarelli, un assente più che mai presente a cui far risalire le origini di un servizio da noi attivo nel 1993, ma che già qualche anno prima “attingeva idee e informazioni dalle esperienze parigine della medicina dell’urgenza e delle catastrofi” (dottor Sergio Orlando).
Mauro Gandolfini, presidente dell’Ordine provinciale Medici e Odontoiatri di Piacenza, ha sottolineato il fattore tempestività (“Per il 118 non esiste un “per favore, restate in attesa”), mentre Fabio Mozzarelli, vicepresidente Ordine Professioni Infermieristiche di Piacenza, ha sigillato il primo blocco di testimonianze sviluppando meglio le questioni della tecnologia, delle competenze e delle tecnologie organizzative, queste ultime utili, nella fattispecie, “a caratterizzare il nostro rapporto con il cosiddetto Terzo settore”. Dopo tanti interventi, Mozzarelli ha concluso che l’autentico fattore x del 118 sono “le persone: la differenza l’hanno fatta, e la fanno, loro”.
La mattina è proseguita con il tavolo coordinato da Giampietro Bisaglia, giornalista de Il Piacenza, che, ricordando i suoi stretti rapporti con il mondo del 118, ha rievocato la serata di un vecchio Capodanno particolarmente arroventato: “Un’operatrice rispose a una chiamata molto agitata. L’uomo che cercava aiuto urlava e la insultava. Il 118, in quell’occasione, riuscì comunque a intervenire, ma dopo mi venne spontaneo chiedere all’operatrice perché non avesse risposto agli insulti. Lei mi disse, “perché i professionisti siamo noi”. La palla è quindi rotolata nella metacampo di una memoria storica del 118 piacentino, Maurizio Arvedi, già direttore del dipartimento Emergenza urgenza dell’Ausl di Piacenza: “Il nostro 118, ricordiamolo, visse un’autentica prova del fuoco nel 1997, in occasione della tragedia del pendolino. I morti furono 6 o 7, i feriti 36; durante quella tragedia raccogliemmo tutto quanto avevamo seminato”. Miriam Ducci, presidente Anpas Emilia Romagna, e Giuseppe Schirripa, direttore sanitario Croce Rossa Italiana Emilia Romagna, hanno insistito sulla “qualità dell’integrazione Ausl/volontariato e della formazione, garanzie assolute per i cittadini”.
Antonio Pastori, responsabile 118 Emilia Romagna, ha poi ripercorso anche le prime tappe evolutive del servizio regionale: “La strage alla stazione ferroviaria di Bologna Centrale del 1980 è stato l’inizio ideale del 118. Il 118 come necessità, la necessità di poter contare su una rete coordinata di soccorso. Poi, a Italia ’90 – i mondiali di calcio – i primi test fra Bologna e Udine”.
La terza e ultima parte dell’incontro è stata coordinata da Paolo Marino di “Libertà”, abile nel sottolineare come in tempi di “file e foto digitali immediatamente inviabili che possono evitare al giornalista la fatica di “battere il terreno”, la figura del soccorritore del 118 non può prescindere dalla presenza fisica in loco”. Al centro di questo blocco, più che mai, il modello piacentino. Ne hanno parlato Enrica Rossi, direttore emergenza territoriale 118 Azienda Usl Piacenza, Rino Buratti, governatore Confraternita Misericordia Piacenza, Alessandro Guidotti, presidente Comitato Croce Rossa Piacenza, e Paolo Rebecchi, coordinatore Anpas Piacenza. Il loro, di fatto, è stato quasi un coro: “Il modello Piacenza non è l’unico, ma esiste, e trova il suo livello di eccellenza in un raro esempio di integrazione fra le parti e sulla formazione continua di infermieri e volontari”.
Fin dall’inizio, infatti, il sistema piacentino si distingue per quella che negli anni sarà poi riconosciuta come un’intuizione vincente: il coordinamento delle associazioni di volontariato, le Pubbliche assistenze (la prima fu quella di San Giorgio) e Croce Rossa..
C’è un’altra caratteristica distintiva che il sistema dell’emergenza territoriale ha applicato fin dal suo esordio e che ha coltivato e valorizzato negli anni: l’integrazione con il Pronto soccorso. “È stata e continua a essere una scelta strategica, un punto di forza – hanno osservato più relatori – che permette al personale di crescere, di formarsi più efficacemente e di confrontarsi con gli altri colleghi in maniera più operativa”. Infine, ma non ultimo, l’investimento sulla crescita dell’autonomia dell’infermiere.
È quindi esportabile, questo modello? Certo, Piacenza ha il dovere di continuare a promuoversi.
E dopo il video di Daniela Aschieri, presidente Progetto Vita e direttore Cardiologia ospedale Piacenza (“i defibrillatori salvano le vite, ma è essenziale che ci sia chi gestisce appropriatamente i defibrillatori”), le conclusioni di Stefano Nani, dirigente emergenza territoriale 118 Ausl Piacenza, colpito dal contributo fornito da ogni voce che si è espressa: “È stato detto tutto, oggi, in questa sede. E in parte, torno all’inizio: non diamo questa realtà per scontata. Mi piacerebbe ora chiudere con un occhio al futuro: ci siamo per il servizio 116117, come ci siamo per il NUE112, il numero europeo dell’emergenza, e per nuovi modelli di risposta, a livello territoriale, che possano anche rendere la vita più facile alle sale operatorie”.
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