“Abitare insieme. L’housing sociale: valori, caratteristiche, prospettive”. Questo il titolo della giornata di studio, organizzata da Ausl Piacenza, Comune di Piacenza e ASP Città di Piacenza in collaborazione con SIDiN (Società Italiana per i Disturbi del Neurosviluppo), che si terrà venerdì 20 maggio, dalle 9 alle 17, al Teatro dei Filodrammatici grazie al sostegno di Teatro Gioco Vita(via Santa Franca, 33, Piacenza).
Dopo il saluto della dottoressa Silvia Chiesa, direttore del dipartimento di Salute mentale e dipendenze patologiche dell’Azienda Usl di Piacenza, tanti gli interventi in scaletta. Introduce il dottor Corrado Cappa, direttore Psichiatria di collegamento e inclusione sociale, con un intervento intitolato “La casa è una macchina per abitare”. Seguiranno i contributi di psicologi, ingegneri, pedagogisti, operatori sociali. Interverranno: Carlo Lepri, Marco Lombardi, Angela Pavesi, Roberto Franchini, Brunello Buonocore, Irma Missaglia, Cinzia Paolin, Maria Luisa Montico e Fulvia Cavalieri.
Ma di cosa parliamo quando parliamo di co-housing e housing sociale? Brunello Buonocore, responsabile Servizio disabilità e fragilità sociale ASP Città di Piacenza, chiarisce alcuni punti: “Il co-housing può avere una ricaduta nel più ampio contesto dell’housing sociale, ma è cosa diversa. Non va confuso con una comune. Si tratta di persone che vivono insieme, condividono magari alcuni aspetti ideali, ma soprattutto alcuni spazi comuni. La casa è quindi vista come luogo di relazioni positive. Esistono già ottimi esempi di co-housing a Milano, ma anche a Fidenza. E laddove questa idea funziona, è anche perché le persone non sono lasciate sole. Psicologi ed educatori, periodicamente, si riuniscono con i co-abitanti per affrontare insieme eventuali problemi, difficoltà. Sono convivenze che vanno “educate” perché il co-housing non è una questione solo pratica. Ed è un’opportunità, evidente, per persone con disabilità intellettive o psichiatriche”.
Su questa opportunità insiste Corrado Cappa: “Per i soggetti con disturbi mentali è ancora molto pressante la questione del “dopo di noi”. Ossia, i genitori di queste persone si chiedono, con grande inquietudine, cosa ne sarà del figlio dopo la loro morte. I disabili sono persone poco (o mai) interpellate, discriminate, che raramente hanno l’occasione di esprimere “progetti di vita”. Il rischio, già più che tangibile, è che le famiglie che si occupano di loro comunichino, anche involontariamente, un senso di morte. Dopo di noi, che farai? È un messaggio tremendo a cui rispondo sempre sottolineando che il “dopo di noi” si realizza prima, non dopo, provando a rendere indipendenti (e quindi attivi, e non passivi) i soggetti in questione. Casa, lavoro. Sono questi i cardini. Per questo il convegno del 20 maggio coinvolge tutti (architetti, urbanisti, operatori del sociale, operatori della salute mentale) in nome della co-progettazione. Non si tratta di costruire case per i disabili, ma di progettare realtà credibili per i disabili”.
L’ingresso è gratuito, ma l’iscrizione è obbligatoria inviando una email a e.ghigini@ausl.pc.it e f.legittimo@ausl.pc.it.
Per l’evento sono stati richiesti crediti ECM per tutte le professioni sanitarie.
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