Grande distribuzione e nuovi insediamenti, Ugl: “Serve un tavolo di confronto”. Pubblichiamo la nota dell’Ugl, a firma di Pino De Rosa.
Riteniamo doveroso intervenire sul dibattito in corso che verte sulle dinamiche del commercio di Piacenza a seguito degli ipotizzati insediamenti della grande distribuzione organizzata.
Un’efficace analisi della questione non può prescindere dal punto di vista dei lavoratori del comparto; siano essi dipendenti delle aziende della GDO o delle (purtroppo sempre meno numerose) piccole ditte; e pertanto ci teniamo subito a condividere e sostenere la proposta di Confesercenti Piacenza volta ad aprire un tavolo di confronto con l’amministrazione comunale. Tavolo al quale dovranno essere chiaramente presenti anche le rappresentanze del mondo del lavoro dipendente.
Utile è però sin da subito comprendere i processi di cui parliamo; al fine d’indirizzare la discussione nel giusto alveo evitando di sbagliare bersaglio e quindi vanificare ogni iniziativa. Riducendola a sterile polemica funzionale a strumentalizzazioni da bottega elettorale.
E’ dal 1998 con la “liberalizzazione” del commercio che si è tentato di affrontare il tema della GDO e della sua espansione, durata invero meno di un ventennio e tramutatasi in “situazioni di crisi” da qualche anno (Auchan, Carrefour, Dico, Mercatone 1, Unieuro, Gruppo Pam……così a memoria). Il “rilancio del commercio” teorizzato da Bersani con la sua riforma dovrà pure essere consuntivato ed il fallimento dell’”impresa” certificato.
Furono Berlusconi prima e Monti a conferma, nello stesso anno (2011), a compilare l’altra ricetta “liberalizzatrice”; quella delle aperture libere. In meno di 8 anni si sono contate oltre 60.000 chiusure di piccole attività a fronte dell’apertura di poco più 3000 mega store. Sul tema degli orari si attende invano la “decisa” azione riequilibratrice del M5S che così ebbe a dire “in situazioni differenti”.
La creazione di nuova occupazione della GDO non è elemento marginale ma va soppesata con le numerose crisi cui si accennava, con le retribuzioni dei lavoratori coinvolti e le vicende della contrattazione collettiva del settore, con la precarizzazione dell’occupazione stessa (alla luce delle altre liberalizzazioni e deregolamentazioni del progressismo liberal), con le condizioni di lavoro in termini di orari e turni.
Non condividiamo affatto la logica di prendere atto ed assecondare la “direzione del mercato” perché la programmazione socio-economica, nel pubblico interesse, deve venire prima e sovrastare quella del “mercato” in quanto l’alternativa è che lo condizioni a vantaggio del profitto ed a scapito della collettività, come con tutta evidenza è desumibile dalla sciagurata riforma Bersani del 1998 ad oggi.
Dobbiamo anche ammettere che negli anni passati, forse, la presenza di attività commerciali nelle Gallerie dei Centri, invero redditizie, ha forse tenuti fin troppo bassi i toni delle stesse associazioni di categoria che oggi si ergono e puntano l’indice.
Tutto quanto sinteticamente esposto ha chiaramente inciso in termini burocratici e politici sulle scelte di programmazione degli Enti. E’ certamente il caso del PSC del comune di Piacenza, varato dalla precedente amministrazione ed in adesione al quale arrivano oggi le iniziative imprenditoriali.
Resta da capire se gli ambiti di discrezionalità dell’attuale amministrazione comunale siano più vasti dei pericoli delle sentenze dei Tribunali Amministrativi ai quali potrebbero legittimamente appellarsi le aziende investitrici, forti di leggi, regolamenti regionali e PSC della giunta Dosi; converrebbe anche rammentare che vi sono diverse situazioni di crisi aziendale finite male o avviate verso tragici epiloghi, con diverse decine di lavoratori che dovrebbero trovare ricollocazione in maniera stabile in luogo dei precari.
Un tavolo di confronto, lo ribadiamo, sicuramente male non farà e consentirà di comprendere meglio l’atteggiamento dell’amministrazione rispetto ad uno sviluppo economico che se decresce non rende felici ma se cresce con metodo predatorio ai danni del territorio…..rischia di far incazzare.
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