Secondo le prime valutazioni elaborate da Regione, Unioncamere Emilia-Romagna e Art-ER, gli effetti del conflitto russo-ucraino sul sistema produttivo regionale vede a rischio un import che in Emilia-Romagna, nel 2021, vale dall’Ucraina oltre 530 milioni di euro (su totale di circa 3.300 milioni in Italia), il 16% di quello nazionale, mentre dalla Russia 316 milioni (su un totale 14mila milioni) il 2% della quota nazionale.
Sono 834 le imprese emiliano-romagnole che hanno importato da Russia e Ucraina nel triennio 2018-2020.
Per quanto riguarda l’export, sempre nel 2021, ha toccato quota 458 milioni il 22% del Paese (oltre 2.100 milioni dall’Italia) verso l’Ucraina, mentre quota 1.526 milioni 20% del totale in Italia (7.700 milioni complessivi) in direzione della Russia. Il 23% delle esportazioni italiane del sistema moda verso la Russia è made in Emilia-Romagna: 1.220 le imprese interessate nel triennio 2018-2020.
Sono 4.921 le imprese dell’Emilia-Romagna che hanno esportato verso Russia e Ucraina nel triennio 2018-2020. Inoltre, 148 Le imprese della regione che controllano società in Russia (130) e Ucraina (33), mentre 231 le società controllate in Russia (196) e Ucraina (35).
Ben 193 sono le società di capitali dell’Emilia-Romagna, controllate da società o persone di nazionalità russa (84) o ucraina (109): 28 del totale hanno un fatturato superiore al mezzo milione di euro.
Circa 210mila i turisti russi e ucraini arrivati ogni anno in Emilia-Romagna nel periodo 2017-2019
(180mila dalla Russia, 30mila dall’Ucraina): a 195 milioni di euro ammonta la loro spesa ogni anno.
Un tavolo permanente di coordinamento e monitoraggio sulla crisi Ucraina per avere certezze sui regolamenti e sulle norme applicabili e per una gestione dell’impatto economico, sociale e relazionale della crisi.
E poi, anche sul fronte del lavoro, una gestione condivisa che eviti qualsiasi forma di sfruttamento e abuso prevedendo, invece, percorsi nella piena legalità e nel rispetto della dignità dei rifugiati.
Sono questi gli impegni assunti dai firmatari del Patto per il Lavoro e per il Clima sottoscritto a dicembre 2020 dalla Regione insieme a enti locali, sindacati, imprese, università, mondo della scuola, associazioni ambientaliste, Terzo settore e volontariato, professioni, Camere di commercio e banche- riuniti ieri in viale Aldo Moro per un confronto sulle conseguenze della guerra in Ucraina, tra cui l’accoglienza e l’inserimento sociale dei profughi, le difficoltà delle imprese emiliano-romagnole, nonché iniziative di politiche attive per i rifugiati.
“Siamo in contatto costante con il Governo per spingere affinché tutti gli strumenti a disposizione possano essere attivati -ha dichiarato la vicepresidente della Regione, Elly Schlein-. Nel frattempo, siamo impegnati al massimo, in raccordo con i Comuni e le Prefetture, per aumentare i posti di accoglienza ma anche per individuare forme con cui, in collaborazione con il Terzo Settore, possiamo seguire le persone che vengono accolte. Vogliamo creare un modello di piena inclusione e inserimento, che veda operare fianco a fianco pubblico e privato, con un coordinamento forte dei Comuni”.
Tra i temi affrontati quello del lavoro. Tra le criticità prese in esame, l’ultima ordinanza del Dipartimento nazionale della Protezione Civile che non è stata interpretata in modo univoco rispetto le modalità di rilascio dei permessi di soggiorno straordinari ai profughi ucraini, necessari per l’iscrizione ai Centri per l’Impiego e per l’accesso immediato al lavoro: questo ha portato a comportamenti difformi sul territorio regionale da parte delle diverse Questure.
“Abbiamo bisogno di risposte omogenee e certe – ha affermato l’assessore allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla. – Per questo chiederemo al Governo un Dpcm o un’ordinanza interpretativa che chiarisca al più presto le modalità di rilascio dei permessi di soggiorno. Dobbiamo vigilare tutti – ha aggiunto, rivolto ai rappresentanti delle associazioni di categoria, sindacati e terzo settore presenti – affinché non vi siano zone d’ombra e vengano applicati contratti regolari di lavoro. Nel frattempo, è necessario avviare operazioni di formazione nella certezza del diritto, per dare dignità a chi è scappato dalla guerra ma vuole darsi da fare”.
Altro tema affrontato, quello della formazione e delle misure per l’accompagnamento al lavoro. È stata confermata la disponibilità di opportunità già finanziate con risorse del Fondo sociale europeo e con il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione compresi percorsi di alfabetizzazione della lingua italiana, attività di mediazione culturale, possibilità di materiali informativi in lingua.
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