Attualità

Giovanni Battista Scalabrini proclamato santo, papa Francesco a monsignor Cevolotto: “Un grande vescovo”. Le iniziative della Diocesi per celebrare la canonizzazione

Sono state presentate nel corso di una conferenza stampa nella Curia vescovile le iniziative in programma nella diocesi di Piacenza-Bobbio in occasione della canonizzazione del vescovo mons. Giovanni Battista Scalabrini in programma a Roma il 9 ottobre.

Sono intervenuti: il vescovo mons. Adriano Cevolotto, padre Mario Toffari, vicepostulatore della causa di canonizzazione per l’Europa e l’Africa, suor Milva Caro, responsabile della Missionarie Scalabriniane in Europa, Valeria Perini (Ufficio diocesano pellegrinaggi), don Alessandro Mazzoni, responsabile del Servizio per la Pastorale giovanile-vocazionale, e l’architetto Manuel Ferrari, direttore dell’Ufficio per i Beni culturali ecclesiastici.

“Siamo felici di questa canonizzazione”: mons. Cevolotto ha sottolineato la gioia di questo evento precisando che la figura del vescovo Scalabrini va compresa rileggendo oggi la sua visione pastorale e il suo impegno in diocesi come vescovo.

Di recente mons. Cevolotto ha incontrato papa Francesco nel corso per i vescovi di nuova nomina avvenuto in Vaticano. “Nel salutare il Papa – ha detto mons. Cevolotto – mi sono presentato come vescovo di Piacenza-Bobbio. La sua risposta è stata chiarissima: “E’ stato un grande vescovo quello!»”.

Scalabrini – ha aggiunto il Vescovo – si è accorto della necessità di accompagnare il fenomeno dell’emigrazione e le persone coinvolte che si stavano sradicando dai loro luoghi natali dirigendosi verso un contesto ignoto. Lui non è stato a guardare ma è intervenuto con una presenza pastorale al loro fianco. Ora viene riconosciuta la santità di questo nostro vescovo che ha segnato in maniera molto forte la Chiesa e la società piacentina. Il suo ministero si lega anche al favorire la presenza attiva dei cristiani nella società civile; ha intuito che questo spazio era necessario che fosse abitato con responsabilità.

Le iniziative legate alla canonizzazione sono state predisposte da una Commissione al lavoro in diocesi, coordinata dal vicario generale don Giuseppe Basini.

La Congregazione dei Missionari di San Carlo, Scalabriniani

I missionari scalabriniani sono circa 650 religiosi sparsi in 33 paesi del mondo. Nei primi 50-60 anni della sua storia, la Congregazione si diffuse soprattutto negli Stati Uniti e in Brasile. Erano le nazioni a cui Scalabrini aveva mandato i primi missionari. Il forte calo degli espatri nel periodo tra le due guerre, dovuto sia alle leggi restrittive adottate dagli Stati Uniti nel 1921-1924 che alla politica anti-migratoria del regime fascista, avevano portato a una stabilizzazione delle missioni e dei missionari

Negli anni ’60 maturò la necessità di espandere il fine della Congregazione, per rispondere ai mutamenti dei flussi migratori, estendendo il carisma alla cura dei migranti di tutte le nazionalità.  Con le nuove “Regole di Vita” iniziava una nuova vitalità ed espansione della Congregazione. Furono potenziati i i Seminari dell’America latina e furono aperte missioni in Asia e con annessi i Seminari nelle Filippine, Indonesia e Vietnam portarono a una espansione della presenza in quel continente. La Congregazione è oggi presente anche in Africa, quindi in tutti i continenti.

Gli Scalabriniani si impegnano a tradurre il carisma del Fondatore nella missione che la Chiesa affida a loro tra i migranti. Per questo, nell’incontro con i migranti si aprono all’incontro con Dio; diventano compagni dei migranti per scoprire con loro che Gesù è parte del cammino; promuovono il rispetto per la dignità del migrante; creano fraternità nella società e nella Chiesa; sostengono la libertà culturale dei migranti, portatori di diritti e di doveri; testimoniano con loro l’appartenenza al Regno annunciato da Gesù.

Nell’ambito pastorale i missionari scalabriniani lavorano anzitutto in parrocchie, missioni e cappellanie, luoghi in cui si ricostruisce comunità e comunione, si ascolta la Parola e si celebra l’Eucarestia. Per chi è lontano dalla propria terra, frequentando le parrocchie e le missioni è possibile sentirsi accolto, sentirsi a casa. Sono oltre 170 nel mondo le missioni degli Scalabriniani.

Dall’inizio gli Scalabriniani sono stati presenti anche nei porti. È una presenza che continua ora a fianco dei marittimi e dei pescatori, categorie importanti della mobilità umana. L’apostolato del mare ha compiuto 100 anni e le presenze tra i marittimi si sono rinominate “Stella Maris”.  Porti dove operano gli scalabriniani sono a Buenos Aires, Montevideo, Santos, Rio de Janeiro, Ravenna, Cape Town, Manila, Kaohsiung, Keelong, Tokyo, Guatemala e Arica.

Da sempre, la prima cosa di cui i migranti hanno bisogno è l’accoglienza. Per questo i missionari scalabriniani hanno sviluppato una rete di “case del migrante”, attualmente 27, sparse soprattutto nelle Americhe e in Asia. Sono luoghi dove i migranti trovano rifugio. Ma sono anche luoghi dove trovano una formazione per potersi inserire nel paese di destinazione con una attività lavorativa. Per coloro che sono vittima della tratta sono luoghi di rifugio per sfuggire dai loro sfruttatori.

La pastorale con i migranti non si ferma soltanto al momento dell’arrivo, ma continua anche quando i migranti si fanno anziani e non hanno potuto realizzare il sogno di tornare al loro paese: per loro in Nord America, Europa e Australia i missionari scalabriniani hanno sviluppato una decina di queste strutture, che cercano di riprodurre per i migranti il clima del villaggio di origine.

La sensibilità per l’attenzione ai migranti comporta una stretta collaborazione tra gli Scalabriniani e la Chiesa locale. In particolare, gli Scalabriniani offrono la loro competenza negli uffici che la Chiesa istituisce espressamente per la pastorale con i migranti, come le commissioni delle Conferenze Episcopali e quelle delle diocesi. Sono quasi 30 gli uffici della Chiesa per le migrazioni in cui gli Scalabriani prestano il loro servizio, incluso il Dicastero per lo Sviluppo umano integrale.

Nelle sue attività la Congregazione cura la formazione e facilita il coinvolgimento dei laici. I laici scalabriniani sono persone che condividono il carisma Scalabriniano e dedicano la loro professionalità e il loro tempo nei vari ambiti in cui la Congregazione opera.

Accanto a questi ambiti pastorali sonoparsi necessari i servizipastorali: si tratta di attività a sostegno del lavoro pastorale diretto, sia verso la Chiesa e la società in genere sia all’interno della congregazione.

Per poter agire correttamente nel mondo delle migrazioni bisogna, infatti, conoscerle. Per questo, già a partire dal 1963, gli Scalabriniani hanno stabilito una rete di centri studi, che approfondiscono l’analisi delle migrazioni, dialogano con altri istituti accademici, organizzano ricerche e conferenze e pubblicano riviste scientifiche; si trovano a Roma, Parigi, New York, San Paolo, Buenos Aires, Manila e Cape Town.), che ha un programma online di insegnamento della teologia delle migrazioni.

La presenza nel mondo delle comunicazioni è fatta attraverso una rete scalabriniana di radio, che operano soprattutto nel Rio Grande do Sul, Brasile, e attraverso periodici di carta stampata. La rivista “Scalabriniani” (e le rispettive versioni nelle altre lingue) raggiunge la rete di amici e sostenitori della Congregazione.

Per le attività sociali gli Scalabriniani utilizzano, come organismo di sostegno, la “Scalabrini International Migration Network (SIMN)”, attiva anche nel dialogo con le Nazioni Unite e le altre organizzazioni internazionali per migliorare e rafforzare sensibilità gli impegni della comunità internazionale e della società civile a favore dei migranti.

La pastorale scalabriniana

I missionari scalabriniani operano a servizio della Chiesa. In tanti anni di storia, hanno appreso dall’insegnamento del Fondatore e dall’esperienza in quali modo essere presenti tra i migranti. Si tratta di presenza e stile che si modificano a seconda della nazione in cui si trovano, delle direttive della Chiesa locale e delle necessità dei migranti che incontrano. Tuttavia, vi sono alcune caratteristiche che la pastorale scalabriniana ha maturato. Si tratta di una pastorale che esige una lettura interdisciplinare attualizzata dell’emigrazione; che si fonda su una lettura di fede delle migrazioni, che è ricavata dagli insegnamenti del Fondatore, attuati con fedeltà creativa e che viene declinata lungo l’asse della memoria e della profezia; è una pastorale organica e integrale, che comprende l’impegno per la giustizia, il riconoscimento e la difesa della dignità e dei diritti dei migranti, che implica un’azione in comunione e a servizio della Chiesa locale e che consiste nell’annuncio che il Regno è in mezzo a noi e Cristo ne è la via; si realizza come prassi intercomunitaria che ricerca e propone percorsi di comunione e privilegia l’incontro con i migranti più al margine nel cammino; che è molto attenta a valorizzare le iniziative che rendono i migranti capaci di rendere ragione della speranza di cui anche il migrare è espressione.

Padre Mario Toffari

Scalabriniano, vicepostulatore della causa di canonizzazione

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