Il 4 novembre unisce la commemorazione della giornata dedicata all’Unità Nazionale che ricorda la fine della prima guerra mondiale e del lungo percorso risorgimentale che ha portato alla riunificazione e alle Forze Armate che hanno permesso di scrivere, dopo anni trascorsi nelle trincee, quelle pagine gloriose di storia patria. Così il prefetto Daniela Lupo commenta la Giornata delle Forze Armate che si celebra oggi, 4 novembre. “103 anni sono trascorsi dalle battaglie del Piave quando il Paese trovò le forze per riuscire a capovolgere le sorti di un conflitto che sembrava perso, riuscendo con la battaglia di Vittorio Veneto, ultimo scontro armato tra Italia e Impero austro-ungarico, a conseguire, sotto l’egida del Tricolore, quella insperata e repentina avanzata finale dell’esercito italiano fino a Trento e Trieste.
Il Prefetto di Piacenza, Daniela Lupo, ricorda come sia essenziale, in questi giorni di commemorazione tramandare, facendo memoria, le piccole, grandi gesta dei nostri valorosi soldati ma anche delle tante donne e uomini che, pur non al fronte, hanno contribuito alla vittoria del nostro Paese. Quest’anno la cerimonia assumerà un valore ancor più significativo laddove ricorre il centenario della traslazione della salma del Milite Ignoto da Aquileia all’Altare della patria. Rendendo onore al Milite ignoto si rende onore a tutti quei caduti che hanno perso la vita per l’Italia, partecipato alla nostra riunificazione”.
“Nella ricorrenza che celebra l’Unità nazionale del Paese e le nostre Forze Armate, la comunità piacentina si sente partecipe dei profondi sentimenti di riconoscenza e coesione che oggi vengono espressi – pur nel contenimento imposto dal rispetto delle normative anti Covid – in tutte le piazze d’Italia” ha invece detto il sindaco Patrizia Barbieri durante la cerimonia in forma ridotta questa mattina.
“A ciascuno, oggi, diciamo grazie: al coraggio dei nostri Caduti in ogni epoca e al sacrificio immane delle loro famiglie, così come ai nostri militari impegnati ogni giorno nel presidio del territorio, sempre pronti a intervenire laddove c’è bisogno di aiuto, con quel meraviglioso e autentico senso di appartenenza di cui abbiamo avuto più che mai testimonianza negli ultimi due anni. A tutti coloro che, nella strenua opera di difesa e ricostruzione in regioni minate da conflitti e terrorismo, proteggono la sicurezza e i diritti inalienabili delle persone, rendendoci orgogliosi di essere rappresentati nel mondo da questo straordinario esempio di umanità e abnegazion”.
“Negli ultimi anni – prima dell’irrompere della pandemia nella nostra quotidianità – grazie all’entusiasmo e allo spirito di condivisione che anima le nostre Forze Armate, abbiamo potuto vivere il 4 novembre nella sua dimensione di festa, recependone appieno l’importanza anche per la società civile. Senza mai dimenticare, tuttavia, che questo è innanzitutto il momento del ricordo, della gratitudine, della consapevolezza. E allora non poteva esserci, a sottolineare il valore e l’universalità dei simboli, occasione più significativa, in questo 2021, del centenario della traslazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria, dove la fiamma perenne e la veglia d’onore ci richiamano, nella loro semplicità solenne, a un lutto che ci appartiene e sentiamo nostro, nell’abbraccio di una Nazione intera”.
E’ trascorso un secolo, da quel giorno d’autunno in cui la salma di un soldato senza nome – perché potesse racchiuderli e rappresentarli tutti, senza distinzione – venne tumulata a imperitura memoria nel cuore della Capitale, dopo un lungo viaggio in treno iniziato in Friuli, nei cui campi di battaglia, tra gli altipiani del Carso e le Dolomiti, si erano cercati i poveri resti dei militari italiani tra cui ritrovare, senza conoscerne l’età o la provenienza, il figlio perduto di tutte le madri. Fu una di loro, Maria Bergamas, che su quel fronte aveva perso il suo Antonio, a scegliere una tra le 11 salme che, per garantire ulteriormente l’anonimato, erano state sistemate le une accanto alle altre: vi depose il suo velo nero come un’ultima carezza che sfiorava, in un semplice e toccante gesto d’amore, il volto di 650 mila Caduti, quasi un terzo dei quali non furono mai identificati.
La locomotiva a vapore che trasportava il feretro, partita da Aquileia il 28 ottobre, in una settimana attraversò 5 regioni e 120 stazioni per raggiungere Roma, rallentando ad ogni passaggio nelle città perché la gente potesse tributare un applauso, dedicare una preghiera o un istante di eloquente silenzio, in ginocchio, al cospetto di quella bara. Ogni italiano poteva seguire, nell’incedere di quel viaggio, le orme degli scarponi consunti, il profilo di un familiare, l’universo racchiuso in una piastrina identificativa.
A cento anni di distanza anche Piacenza, nell’adesione unanime e commossa al progetto sostenuto dal Gruppo delle Medaglie d’Oro al Valor Militare d’Italia, in collaborazione con Anci e con il supporto del Consiglio nazionale permanente delle Associazioni d’Arma, conferisce oggi al Milite Ignoto la cittadinanza onoraria, emblema di un Paese che si stringe per celebrare non il singolo, non l’eroe decorato, ma ognuno dei Caduti per cui ha pianto, ognuno dei dispersi cui non si è potuto concedere il conforto e la dignità di una sepoltura.
Ora che il Milite Ignoto è cittadino d’Italia, è come se tutti fossero tornati a casa. E nell’intensità del ricordo, nella gratitudine del presente, riaffermiamo “Viva le Forze Armate, viva l’Italia unita”.
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