Attualità

Inaugurato il Giardino di Vita in ricordo delle vittime della pandemia: “Non potremo mai dimenticare ciò che è accaduto in quelle settimane” – FOTO

“Credo che, nell’intitolazione di quest’area verde a “Giardino di Vita”, la nostra comunità esprima lo stesso sentimento di condivisione e raccoglimento, rendendo il proprio tributo alle vittime della pandemia e stringendosi di nuovo in un forte, sincero e caloroso abbraccio ai loro cari”. Così il sindaco Patrizia Barbieri nel corso della cerimonia di inaugurazione del Giardino di Vita, dedicato alle vittime della pandemia da Covid 19.

Accanto a lei sono intervenuti, dopo la benedizione e il momento di preghiera affidati al vescovo della Diocesi di Piacenza – Bobbio monsignor Adriano Cevolotto, il prefetto Daniela Lupo e il dottor Andrea Magnacavallo, direttore sanitario dell’Azienda Usl di Piacenza.

Il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini era rappresentato dalla consigliera regionale Katia Tarasconi.

Il discorso del sindaco Patrizia Barbieri

Ho ripensato molto, nell’approssimarsi della cerimonia odierna, a quel profondo senso di unità e coesione che provammo nel giugno 2020, quando – dopo i mesi trascorsi in un silenzio immobile, spezzato solo dal suono delle sirene, così carico di intimo e personale dolore per ciascuno di noi – ci ritrovammo per la prima volta insieme all’Arena Daturi, per la celebrazione religiosa nel ricordo dei tanti concittadini che il nostro territorio ha pianto in quel periodo così buio e difficile.

Credo che, nell’intitolazione di quest’area verde a “Giardino di Vita”, la nostra comunità esprima lo stesso sentimento di condivisione e raccoglimento, rendendo il proprio tributo alle vittime della pandemia e stringendosi di nuovo in un forte, sincero e caloroso abbraccio ai loro cari. Nella stele che oggi scopriamo insieme, nell’apposizione dei cartelli che attribuiscono un nome a questo spazio pubblico, si legge infatti molto di più della doverosa e univoca adesione alla legge 35 del 2021, che ha istituito e riconosciuto la ricorrenza del 18 marzo quale “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di coronavirus”.

In questa stessa data, due anni fa, i camion dell’Esercito Italiano avanzavano, in un incedere muto ed eloquente che scosse l’intero Paese, lungo le strade di Bergamo, trasportando altrove le centinaia di bare depositate presso il cimitero monumentale del capoluogo lombardo. Una ferita che, come abbiamo rimarcato più volte, fu risparmiata a Piacenza, così duramente colpita dall’incidenza del virus, unicamente dalla fondamentale azione di raccordo tra il Dipartimento di Protezione Civile Nazionale, il Corpo militare della Croce Rossa e il Ministero della Difesa, che consentì il provvidenziale invio dei container dotati di celle refrigeranti per evitare, alle tante famiglie già provate da un lutto vissuto spesso in solitudine, ma con estrema dignità e compostezza, l’ulteriore sofferenza di non poter neppure rendere l’ultimo saluto, nella propria città, ai loro affetti.

Non potremo mai dimenticare ciò che è accaduto in quei giorni, in quelle settimane. La disperazione nella voce di chi chiedeva aiuto, l’iniziale senso di impotenza e la paura nel confrontarci con un’emergenza di proporzioni inedite, ma anche la fatica e l’incessante, straordinario lavoro di tutto il personale medico e infermieristico, degli operatori socio-sanitari e assistenziali, delle istituzioni riunite sotto il coordinamento della Prefettura, della Regione Emilia Romagna e di tutti i Comuni della nostra provincia, dei volontari delle associazioni di soccorso e Protezione Civile, del Corpo dei Vigili del Fuoco, delle nostre Forze Armate e di tutte le Forze di Polizia, cui guarderemo sempre con riconoscenza per la sfida immane di cui si sono fatti carico, con coraggio, spirito di servizio e senso di responsabilità esemplari.

Tanti, tra quelle stesse fila, si sono ammalati proprio perché hanno scelto di restare in prima linea, andando ben oltre il dovere e l’etica professionale, facendosi testimoni e interpreti di quella solidarietà che è stata, nelle fasi più critiche e feroci della pandemia, il primo e più luminoso faro capace di guidare i nostri passi. Con questa consapevolezza, esprimendo una sensibilità che il Consiglio comunale ha condiviso, nei mesi scorsi, all’unanimità, restituiamo oggi alla cittadinanza quest’area verde riqualificata; un bosco urbano di 22 mila metri quadri che possa rappresentare – in ogni albero, come abbiamo voluto scrivere, un simbolo di vita – un gesto d’amore nei confronti di chi non è più accanto a noi, ma anche un segno di vicinanza e continuità per chi resta.

Sentiamo il bisogno di ricordare, perché la tragedia che il nostro territorio ha subito, da quel 21 febbraio di due anni fa in avanti, è parte di noi, della nostra identità, di un vissuto comune che non si cancella. Ma crediamo che non vi sia, per tutte le persone cui oggi va il nostro pensiero commosso e partecipe, omaggio più giusto e significativo di questo: un luogo in cui la memoria si possa respirare, quasi toccare con mano tra le fronde dei rami, al tempo stesso riconoscendo, nel mutare delle stagioni o nei fiori che sbocciano, il ciclo delle nostre esistenze.

Oggi, nell’inaugurare un giardino che possa celebrare la vita e l’amore per i familiari, gli amici e i conoscenti che abbiamo perduto, non possiamo che avvertire l’urgenza di un messaggio di pace, in un abbraccio a tutto il popolo ucraino. Perché dalla sofferenza, come questa piccola, semplice cerimonia vuole ricordarci, possa sempre scaturire una fraternità nuova, profonda e consapevole, che ci sostenga nel costruire, insieme, un futuro migliore.

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