«Siamo grati a Giacomo Manfredi come magistrato sempre lineare, come amico della Banca, come studioso profondo. L’ho frequentato – oltre che durante il suo impegno professionale – negli ultimi anni della sua vita, e quando lo incontravo tornavo poi a casa con quintali di sapere». Il presidente esecutivo della Banca di Piacenza Corrado Sforza Fogliani ha voluto ricordare con queste parole lo storico pretore di Piacenza mancato alla fine del 2018, in occasione della presentazione (in presenza e in streaming) a Palazzo Galli, della ristampa anastatica del primo volume pubblicato dall’Istituto di credito locale: “Gli statuti di Piacenza del 1391 e i decreti viscontei”, scritto proprio da Manfredi (presente in sala il figlio Paolo con la moglie). «Da magistrato ha dimostrato doti di grande equilibrio in un momento tribolato per la giustizia piacentina – ha proseguito il presidente Sforza -. Come studioso è stato un faro per la Deputazione di Storia Patria, per l’Istituto per la Storia del Risorgimento e per il nostro Dizionario biografico. Tanta era la sua curiosità, che già in età avanzata aveva iniziato a studiare l’egizio. E’ stato un piacentino integerrimo, fedele alla sua città».
Venendo al volume – illustrato in dialogo con il direttore emerito dell’Archivio di Stato Gian Paolo Bulla – l’avv. Sforza ha spiegato l’origine degli statuti e dei decreti trecenteschi («figli dell’età comunale») dicendo del Medioevo che fu «un periodo storico durato 10 secoli, come nessun altro, perché aveva più ordinamenti giuridici e flessibili, che rispettavano e valorizzavano le autonomie, come mai più avvenuto. Poi, nel ‘500 tutto è stato ricondotto allo Stato centrale». Il presidente Sforza ha fatto quindi osservare come quello medievale sia stato un periodo importante dal punto di vista legale perché caratterizzato, in continuità con il periodo romano, dal processo accusatorio, nel quale il giudice sta alla finestra giudicando (in tempi brevi) sulla base di quanto prodotto dalle parti» (il processo inquisitorio, che sostanzialmente persiste tuttora, sarebbe arrivato solo nel ‘500 con l’Inquisizione romana contro gli eretici) e ha segnalato la presenza nella ristampa anastatica del volume di Manfredi di un’aggiunta: una sentenza della Cassazione del 1965 in materia di concessione e derivazione di acque pubbliche e private che rimanda agli antichi statuti piacentini dichiarandoli tuttora vigenti oltre che «di una chiarezza esemplare rispetto alle leggi odierne», ha concluso Sforza.
Il dott. Bulla – che, in ricordo della serata, ha ricevuto in dono dalla Banca la riproduzione di una rara piantina di Piacenza del XVII secolo – dopo aver compiuto un excursus sulla produzione statutaria precedente al 1391, citando in proposito lo studio di Emanuela Fugazza, dell’Università di Pavia, sugli statuti piacentini dal XII secolo al 1323, ha illustrato più in particolare il libro di Manfredi. Innanzitutto, citando la prefazione di Emilio Nasalli Rocca, quando afferma che l’opera è indirizzata “a non specialisti, ma a persone di cultura” e quando scrisse (già più di mezzo secolo fa) che le sue pagine “escono per il comprensivo gesto di un Istituto di credito che già nel suo nome si vuole identificare con la nostra città”.
E poi, esaminando i vari capitoli «nei quali Manfredi tocca svariati argomenti: le cariche pubbliche con in primo piano la figura del podestà; le disposizioni fiscali, di polizia e sanitarie (era limitata la libertà di associazione); il diritto criminale (la falsa testimonianza prevedeva come pena l’asportazione della lingua, per il furto in abitazione c’era l’impiccagione); il diritto civile (dai trasferimenti immobiliari erano esclusi i forestieri); l’attività economica e commerciale (con la disciplina del mercato settimanale da tenersi il sabato, in piazza Duomo».
Il libro verrà inviato alle Biblioteche di città e provincia aperte al pubblico e – fino ad esaurimento delle copie disponibili – a chi ne farà richiesta alla Banca (Ufficio Relazioni esterne).
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