Un duplice evento culturale, sabato prossimo 26 ottobre 2019, alla Galleria Alberoni, e una terza iniziativa in programma nella mattinata di domenica prossima 27 ottobre a Veano di Vigolzone, animeranno il prossimo weekend piacentino, facendo entrare nel vivo il ricco calendario di eventi che accompagna, come un vero e proprio festival, la mostra L’ultimo albero.
Galleria Alberoni, gli eventi del 26 e 27 ottobre 2019
Sabato 26 ottobre alle ore 18.30 si terrà infatti l’inaugurazione ufficiale, alla Galleria Alberoni, della mostra evento L’ultimo albero. (Ingresso gratuito e libero)
Sarà proprio l’ultimo albero, una pianta di oltre sette metri di altezza con un nido alla sua sommità, caduta sulle nostre colline, recuperata dall’artista Romano Bertuzzi e da lui dipinta totalmente di bianco, opera icona della mostra e ispiratrice del titolo, ad accogliere i visitatori nella Sala degli Arazzi della Galleria Alberoni e a introdurre un suggestivo percorso di mostra tra l’arte naturale di Romano Bertuzzi, la scienza e il cinema, che vuole condurre i visitatori in una riflessione attraverso i segreti della natura, i cambiamenti climatici e le responsabilità dell’uomo.
Al termine sarà offerto un apericena nel portico, in attesa dell’inizio del secondo evento della serata: il concerto della Monferrato Classic Orchestra.
Alle ore 21, nella suggestiva cornice della Sala degli Arazzi, la Monferrato Classic Orchestra, interessantissima ensemble di 50 giovani talenti provenienti da tutto il mondo, aprirà gli eventi in mostra, attraverso le partiture di Beethoven eDvořák, e con la straordinaria partecipazione di Benedict Kloeckner, uno dei giovani violoncellisti più acclamati di Germania.
Domenica 27 ottobre, ore 10
Il viale dei tigli
Passeggiata alla scoperta del grande viale dei tigli della Villa Alberoni di Veano
Domenica 27 ottobre, alle ore 10, sarà la volta di un’immersione in un autentico tesoro naturale piacentino. A Veano di Vigolzone, alle ore 10 si terrà infatti la passeggiata alla scoperta dello straordinario viale dei tigli della Villa Alberoni di Veano, la cui storia e la cui intensa bellezza e ricchezza botanica sarà illustrata ai presenti da Maria Rosa Pezza e da Paolo Iacopini.
La partecipazione è gratuita e l’occasione da non perdere per chi desidera conoscere uno dei più significativi tesori verdi della nostra provincia, ma anche per chi vuole apprezzarlo nel suggestivo foliage autunnale.
Descriviamo di seguito i tre appuntamenti
Sabato 26 ottobre, ore 18.30
Il programma dell’inaugurazione
La mostra L’ultimo albero inaugura alla Galleria Alberoni sabato prossimo 26 ottobre alle ore 18.30
Le piante ad accogliere il pubblico
Saranno alcune piante, pronte per essere piantate, ad accogliere il pubblico all’esterno della Galleria Alberoni, predisposte, a introduzione della mostra, da Geocart, uno degli Enti che collaborano al progetto L’ultimo albero
Ai saluti delle Autorità e dei Responsabili degli Enti promotori seguiranno gli interventi di:
Giorgio Braghieri, Presidente Opera Pia Alberoni
Padre Nicola Albanesi, Superiore del Collegio Alberoni
Padre Erminio Antonello, Visitatore della Provincia Italiana della Congregazione della Missione
Carlo Francou, cocuratore della mostra
Adriano Marocco Direttore Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali Sostenibili Università Cattolica del Sacro Cuore
Romano Bertuzzi, artista
Apericena nel portico
Seguirà un apericena gratuito sotto il portico della Galleria in attesa del primo evento della mostra ovvero il concerto della Monferrato Classic Orchestra che torna a esibirsi nella Sala degli Arazzi, dopo il successo dello scorso inverno, con un programma particolarmente pensato per la mostra e con un solista d’eccezione.
Un evento nell’evento
Monferrato Classic Orchestra in concerto
Sabato 26 ottobre 2019, ore 21
Le note della Pastorale di Ludwig van Beethoven aprono la mostra
Diretta da Markus Popp e con la straordinaria partecipazione di Benedict Kloeckner, uno dei più acclamati giovani violoncellisti di Germania, torna alla Galleria Alberoni la Monferrato Classic Orchestra, dopo la applaudita performance musicale dello scorso inverno.
Si tratta di un’interessantissima ensemble musicale costituita da circa 50 giovani talenti, provenienti dall’Italia e da numerosi altri paesi del mondo, selezionati dalla direttrice artistica Sabrina Lanzi, una delle più importanti pianiste del panorama contemporaneo.
L’Orchestra, nata nel 2017, sta raccogliendo il riscontro entusiastico del pubblico e della critica.
Il concerto è promosso da Opera Pia Alberoni, in collaborazione con Fondazione Teatri di Piacenza.
La natura in musica
L’apertura della mostra L’ultimo albero attraverso le partiture di Beethoveen e Dvořák
Chiamata ad aprire la mostra L’ultimo albero la Monferrato Classic Orchestra ha deciso di inserire nel programma musicale l’esecuzione della Sinfonia n. 6 in fa maggiore, op. 68, di Ludwig van Beethoven, detta “Pastorale”.
L’intenso programma musicale prevede inoltre:
Ouverture Coriolano, op. 62 di Ludwig van Beethoven e il Concerto per violoncello
e orchestra, op. 104 di Antonín Leopold Dvořák
La Pastorale di Ludvig van Beethoven apre la mostra L’ultimo albero
Nella cornice suggestiva degli arazzi alberoniani e sotto il grande albero bianco di Romano Bertuzzi la Monferrato Classic Orchestra eseguirà, in un intenso programma musicale, anche la Sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68, detta Pastorale, composta da Ludwig van Beethoven ed eseguita per la prima volta a Vienna, il 22 dicembre 1808. Una partitura che conduce dentro la bellezza e i sentimenti della natura e della vita campestre.
Una sinfonia composta di cinque movimenti
Il primo movimento Allegro (Risveglio dei sentimenti all’arrivo in campagna); il secondo Andante molto mosso (Scena presso il ruscello); Il terzo movimento Allegro (Riunione di contadini in Festa); il quarto movimento Allegro (“Temporale”) e infine il quinto movimento Allegretto (Canto pastorale; gioia e ringraziamento dopo il temporale
Il sentimento della natura è sempre stato vivissimo in Beethoven. In tutti i periodi della sua vita innumerevoli aneddoti lo mostrano desideroso di trovarsi in campagna.
In campagna riusciva più facilmente a trovare tranquillità, isolamento e contatto con la natura, che egli adorava. “Mi sembra quasi che ogni albero d’intorno mi dica: Santo! Santo! Chi mai può esprimere sino in fondo l’estasi nei boschi?”
In una lettera del 1810 esprime il desiderio di soggiornare in campagna: “Come sarò felice vagabondando tra cespugli e boschi, sotto gli alberi, sull’erba e tra le rocce. Nessuno può amare la campagna quanto io l’amo: poiché davvero boschi, alberi e rocce producono quell’eco che l’uomo desidera udire”.
Un perfetto inizio per la mostra L’ultimo albero che vuole proprio condurre il pubblico alla scoperta dei segreti e della bellezza della natura che interpella le responsabilità dell’uomo.
Il programma musicale della serata
Il programma del concerto si concentra su due grandi compositori: Ludvig van Beethoven(1770-1827) e Antonín Leopold Dvořák (1841-1904).
Di Ludvig van Beethoven, sarà eseguita la Ouverture Coriolano, op. 62 e la Sinfonia n. 6 in fa maggiore, op. 68 “Pastorale”
Di Antonín Leopold Dvořák sarà eseguito il Concerto per violoncello e orchestra, op. 104, considerato da molti il più bel concerto Concerto per violoncello (forse assieme a quello di Schumann), e certamente una delle opere più intense diDvořák.
Il Concerto occupa un posto di rilievo tra le ultime composizioni del compositore ceco ed è considerato un testamento della sua attività artistica, che rivela la sua caratteristica inconfondibile, cioè la fedeltà al retroterra contadino e la riscoperta del sentimento popolare, ovvero lo studio e la rilettura delle proprie radici musicali.
Benedict Kloeckner
Uno straordinario giovane violoncellista alla Galleria Alberoni
A rendere ancor più speciale la serata sarà la straordinaria presenza, in qualità di solista nel concerto per violoncello e orchestra diDvořák, di Benedict Kloeckner, uno dei giovani violoncellisti più acclamati di Germania.
Di lui Daniel Barenboim ha detto: Modo di suonare straordinario, davvero notevole, perfetto! Controllo assoluto di tecnica, intonazione e colore, mentreSimon Rattleha confessato di adorare il suo modo di suonare.
Uno dei giovani violoncellisti più acclamati della Germania, Benedict Kloeckner (1989), si esibisce con orchestre rinomate come la Royal Philharmonic, la German Philharmonic Orchestras, la NDR e la Leipzig Radio Symphony Orchestras, la Kremerata Baltica, la Russian Radio Orchestra e la Russian and Polish State Philharmonic Orchestre, accanto a direttori come Christoph Eschenbach, Howard Griffiths, Ingo Metzmacher, Michael Sanderling, Karl Heinz Steffens, Christoph Poppen e Heinrich Schiff.
Domenica 27 ottobre 2019, ore 10
Il viale dei tigli
Passeggiata alla scoperta del grande viale della Villa Alberoni di Veano
Nel corso del foliage autunnale
Partecipazione gratuita
In caso di pioggia la passeggiata non si terrà
Saranno Maria Rosa Pezza, studiosa di storia del Collegio Alberoni, e Paolo Iacopini, agronomo e membro dell’Accademia dei Georgofili, a guidare una passeggiata, tra i suggestivi colori del foliage autunnale, alla scoperta e attraverso uno straordinario tesoro naturale: il viale dei tigli della Villa Alberoni di Veano.
La passeggiata guidata condurrà anche alla scoperta di quel tesoro di alberi e natura che è il grande parco della Villa Alberoni
Il viale dei tigli
La trasformazione più evidente della Villa Alberoni di Veano avvenne probabilmente nel decennio tra il 1930 e il 1940.
Il primo intervento importante fu, nel 1943, l’alberatura dello stradone che ha generato il grande viale dei tigli, seguito dall’impianto del grande parco.
Il viale dei tigli di Veano è un elemento paesaggistico che tutti i piacentini conoscono e apprezzano.
Lo stradone privato, lungo quattro chilometri in linea retta, era un “comodo” ragguardevole della casa, tanto da essere uno degli aspetti che pesarono a favore dell’acquisto da parte del Collegio nel 1869.
Testimonianze orali ne rimandano l’origine alla visita della Duchessa Maria Luigia nel 1835 a cui si cercò di facilitare l’accesso con una salita dolce da Ancarano.
Si ignora se vi fosse un corredo arboreo o arbustivo sulle strisce laterali. La pianta del feudo di Veano, disegnata al tempo dell’acquisto, non mostra segni di alberatura di alcun tipo.
Il parco con pineta
Nel 1937 il Consiglio dell’Opera Pia deliberò la trasformazione del prato stabile, a sud della Villa, in parco con pineta. Furono messe a dimora, tra le altre, 100 conifere, 600 piante d’alto fusto per viali e boschetti, 50 piante decorative, 200 arbusti sempreverdi e fioriferi e numerose altre tipologie.
Per lo spazio antistante la volle una siepe di sempreverdi intercalati da alberelli a palla.
GALLERIA ALBERONI
L’ultimo albero
I promotori
L’evento L’ultimo albero, come le ultime mostre alberoniane, nasce dalla volontà di proseguire sulla strada tracciata nella progettazione di eventi che, a partire da opere d’arte, consentano la costruzione di itinerari culturali a 360° capaci di toccare numerose dimensioni del sapere e della sensibilità dell’uomo, in un confronto aperto con i nodi critici e le tematiche sociali e culturali più delicate.
L’ultimo albero è infatti promosso da Biffi Arte, Opera Pia Alberoni, Comune di Piacenza – Piacenza Musei in rete, Società Meteorologica Italiana
Con il Patrocinio di: Regione Emilia Romagna, Provincia di Piacenza, Diocesi di Piacenza-Bobbio, WWF Italia, Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Piacenza, Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della provincia di Piacenza.
In collaborazione con: Università Cattolica del Sacro Cuore, Comune di Calendasco, Comune di Castell’Arquato, SVEP Centro di Servizio per il volontariato di Piacenza, Associazione La Ricerca, GEOCART, Associazione Velòlento, Infoambiente.
Con il sostegno di: Twin pack, SD Impianti tecnologici, Sintic Informatica e Internet, Parchi del Ducato, Consorzio di Bonifica di Piacenza.
GALLERIA ALBERONI
L’ultimo albero
Gli elementi costitutivi della mostra-evento
L’arte naturale di Romano Bertuzzi
Sarà un albero bianco di oltre sette metri di altezza che ospita alla sua sommità un nido, icona della complessiva mostra e ispiratore del titolo del complessivo progetto culturale, ad accogliere i visitatori nella Sala degli Arazzi dove saranno allestite le sezioni principali del percorso alberoniano. Si tratta di una pianta caduta sulle nostre colline e che l’artista Romano Bertuzzi ha completamente dipinto di bianco. Ora, con il suo tronco e i rami completamente algidi, interroga l’uomo contemporaneo sulla pericolosa deriva ambientale in corso, ma in una chiave di lettura che punta allo spirito e al senso profondo delle cose.
Il percorso espositivo tra arte, natura, scienza e cinema allestito alla Galleria Alberoni prosegue con alcune suggestive cortecce e altre figure naturali e particolari di alberi creati dalla perizia della matita dell’artista, che ha fatto del disegno a grafite sua tecnica d’elezione. Completano la sezione artistica della mostra un grande nido dipinto di bianco da Romano Bertuzzi che interpella la responsabilità dell’uomo contemporaneo e del visitatore sulla protezione della vita umana e del pianeta per le generazioni future, e un troncorecuperato e dipinto di bianco sempre dall’artista.
I fogli lignei di Fra Zaccaria da Piacenza
Un documento naturalistico alberoniano mai esposto o presentato al pubblico.
La sezione naturalistica della mostra, presenta un assoluto inedito del patrimonio scientifico alberoniano: la collezione di fogli lignei raccolti nel Settecento dal botanico e artista Fra Zaccaria da Piacenza (1722-1814). Questa inedita e poco conosciuta raccolta alberoniana è stata studiata da Maria Rosa Pezza proprio per questa occasione e sarà presentata al pubblico, per la prima volta in assoluto, affiancata ad altri preziosi oggetti, della collezione naturalistica del frate botanico, particolarmente capaci di dialogare con le opere di Bertuzzi: le antiche cortecce di tronco da lui raccolte nel XVIII secolo e i tre deliziosi quadretti realizzati dallo stesso frate, l’uno raffigurante anatomie di piante e gli altri due contenenti epidermidi vegetali lavorate. (Vedi paragrafo dedicato).
I tronchi malati e la fragilità del pianeta terra
Un’ulteriore vetrina presenterà alcuni esempi di tronchi e rami malati. Anche le piante, infatti si ammalano. Si tratta di reperti concessi in prestito dal Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali Sostenibili dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, tra le Istituzioni che collaborano alla mostra, e che vuole illustrare la fragilità del pianeta che abitiamo.
Il cinema, la natura e la sua tutela
Nella sala Mazzolini conclude l’itinerario alberoniano la presentazione in mostra del capolavoro del cinema di animazione L’uomo che piantava gli alberi, opera del regista, ma anche disegnatore e illustratore Frédéric Back. Si tratta del film vincitore del Premio Oscar nel 1988 quale miglior film d’animazione.
Il film è tratto dallo straordinario racconto di Jean Giono, una storia esemplare sul rapporto tra uomo e natura. (Vedi il paragrafo dedicato)
Gli incontri
Saranno numerosi gli eventi che animeranno il periodo di apertura della mostra tra conversazioni, concerti, laboratori, visite guidate speciali, biciclettate, passeggiate, etc. (vedi il paragrafo dedicato agli eventi collaterali)
Un duplice appuntamento con Luca Mercalli
Tra tutti gli eventi merita una menzione speciale il duplice appuntamento con il noto meteorologo e climatologo Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana e uno dei massimi esperti italiani del clima che cambia, tema che lo vede da anni impegnato in prima linea nel segnalare i gravi rischi che corre il nostro pianeta e nell’illustrare e suggerire modi, forme e scelte di sostenibilità ambientale, praticandole in prima persona.
Luca Mercalli sarà alla Sala Arazzi della Galleria Alberoni mercoledì 20 novembre alle ore 21 con una conversazione intitolata Non c’è più tempo. Come reagire agli allarmi ambientali.
La mattina seguente, giovedì 21 novembre, Luca Mercalli celebrerà la Giornata Nazionale degli alberi a Piacenza e sempre nella Sala degli Arazzi in un incontro riservato agli studenti degli Istituti scolastici piacentini e a quelli delle Università cittadine.
Un’occasione davvero preziosa per approfondire il tema dei cambiamenti climatici in corso in un momento nel quale, anche grazie alle iniziative degli studenti di tutto il mondo, il delicato tema ha conquistato la ribalta dell’agenda delle priorità che esigono di essere affrontate.
Luca Mercalli (Torino, 1966) ha studiato scienze agrarie all’Università di Torino e scienze della montagna all’Université de Savoie.
Presiede la Società Meteorologica Italiana, associazione costituita nel 1865. Ha fondato la rivista “Nimbus”, ha pubblicato lavori scientifici e migliaia di articoli divulgativi su La Repubblica, La Stampa, Il Fatto quotidiano, Donna Moderna e Gardenia.
Dal 2003 al 2014 ha partecipato a Che tempo che fa (Rai3), e poi Tg Montagne (Rai 2), Scala Mercalli (Rai 3) e Pillole di Mercalli (Rainews24).
Ha spiegato la crisi climatica ed energetica in oltre 1900 conferenze; insegna sostenibilità ambientale all’Università di Torino (SSST) e all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, e la pratica in prima persona.
Tra i suoli libri; Filosofia delle nuvole (Rizzoli 2008), Che tempo che farà (Rizzoli 2009), Viaggi nel tempo che fa (Einaudi 2010), Prepariamoci (Chiarelettere 2011), Il mio orto tra cielo e terra (Aboca 2016)
GALLERIA ALBERONI
L’ULTIMO ALBERO
Le ragioni della mostra
Afferma Papa Francesco, nell’Enciclica Laudato si’, che la Terra “protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22)”.
Ricorda il climatologo Luca Mercalli che viviamo nell’era dell’uomo, detta Antropocene, ma che “ci siamo guadagnati questo appellativo non per meriti bensì per i danni a lungo termine le cui tracce rimarranno impresse sulla Terra (…). Cambiamenti climatici, rifiuti di ogni genere, inclusa la plastica fluttuante negli oceani, estinzione accelerata di molte specie, aumento del livello dei mari, perforazione e abbattimento di montagne, scavo di canali, laghi artificiali, cementificazione. Spieghiamo ai nostri figli che non possono continuare così, altrimenti l’era successiva non contemplerà più il termine «uomo».”
Di fronte a questi gravi e urgenti problemi, che vedono l’umanità faticare a dare risposte coerenti, poniamo la forza simbolica di un albero. Ripartire, dunque, da questa silenziosa architettura naturale, scongiurando la profezia “dell’ultimo albero”, imparare dalla sua secolarità a orientare lontano uno sguardo responsabile sul pianeta terra, sviluppare attorno a un “albero d’arte” una riflessione collettiva sui cambiamenti climatici e la tutela di quella straordinaria opera d’arte che è la natura.
Penetrare nei segreti del legno, nei misteri della sua vita silenziosa e nella virtuosa opera che l’uomo ha generato dal dialogo rispettoso con questa materia viva.
Riscoprire, come ha scritto Erri De Luca, che l’uomo è profondamente debitore all’albero. In un mondo fatto per la maggior parte di acqua se l’albero non galleggiasse non ci sarebbe stato possibile viaggiare; abbiamo conosciuto il pianeta perché abbiamo costruito dei gusci con il loro legno. L’albero diventa scultura, diventa carta per scrivere, diventa strumento musicale, diventa utensile, casa, calore.
Essere responsabili del debito contratto con gli alberi significa forse diventare alberi che camminano, secondo la definizione che, nel Vangelo di Marco, il cieco miracolato concepisce per l’uomo: capaci di orientare lontano uno sguardo responsabile sul pianeta.
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L’ULTIMO ALBERO
L’arte naturale di Romano Bertuzzi
e l’etica del vivere tra natura e disincanto
Da decenni Bertuzzi ha messo la propria sensibilità artistica a servizio dei luoghi e delle tradizioni di cui è attento testimone; non solo per trasmetterne la memoria, ma soprattutto per dare anche a noi la consapevolezza di un patrimonio naturale e umano del quale ciascuno è tenuto ad essere custode.
La presenza su “L’ultimo albero” di un nido, infatti, mette ancor più in risalto l’importanza di salvaguardare il pianeta che, a ben guardare, è il nostro stesso nido.
Gli alberi sono lì da milioni di anni, stagione dopo stagione, tormenta dopo tormenta, siccità dopo siccità. Scuotono le proprie chiome in un continuo dialogo gli uni con gli altri, in un coro di voci che rimanda ad echi nascosti che non si spengono mai. Eppure questo equilibrio ora sembra spezzarsi, complici le irresponsabili scelte di un’umanità sempre più distratta, con le sue decisioni poco lungimiranti e irrispettose nei confronti di un bene che oggi rischia irrimediabilmente di perdersi.
“L’ultimo albero” di Romano Bertuzzi, con il suo tronco e i rami completamente algidi parla all’uomo contemporaneo di questa deriva ambientale, ma in una chiave di lettura che punta più allo spirito e al senso profondo delle cose. Un invito, quello dell’artista a conoscere attraverso la sensibilità e non solo in modo razionale. Bertuzzi non opera su un manufatto creato direttamente da lui, bensì interviene sulla materia originaria ridando una propria dignità vitale a ciò che vita aveva ormai perduto, liberando sia l’albero che il nido da un’irrimediabile finitudine.
Se con i suoi legni combusti metteva in risalto il mutare della materia dove il fuoco cancellava con la propria fiamma una realtà per trasformare il legno stesso in qualcosa di completamente diverso – reminiscenza delle antiche carbonaie di montagna – oggi Bertuzzi con “L’ultimo albero” e con una produzione di carte a grafite che potremmo definire “epidermidi” va ancora più in profondità. Superfici viventi sono quelle che egli raffigura in queste vere e proprie mappe naturali che rimandano a una sorta di “naturalismo astratto”. Un’operazione artistica particolarmente rigorosa.
Quella di Bertuzzi è una natura familiare e intima che si lascia percepire attraverso un’apparente negazione del colore per emergere in tutta la sua straordinaria bellezza nel contrasto fra luci ed ombre, fra segno e vibranti percezioni visive. La cifra espressiva dell’artista si sviluppa così attraverso installazioni e disegni nei quali la natura viene estrapolata dal proprio contesto per assurgere a iconica rappresentazione, metafora del visibile, dove l’aspetto naturale lascia il posto a simboliche e poetiche trasposizioni.
La figurazione perde la propria funzione descrittiva e gli oggetti si svuotano della propria componente corporea per diventare tracce di un cammino che guarda all’essenza. La stessa scelta dell’utilizzo del bianco e nero nel disegno tende a togliere l’osservatore da possibili distrazioni o condizionamenti e con il medesimo intento Bertuzzi sceglie il bianco per le proprie installazioni.
L’anima bianca de “L’ultimo albero” insieme ai segni tracciati sul foglio di superfici vegetali, sviluppano questo itinerario mistico, dove ogni cosa, animata o inanimata che sia, si svela per quello che realmente è: mistero silente ed imperscrutabile di un mondo che conosciamo solo in apparenza. Compagno di viaggio di un’umanità in cammino che sembra aver smarrito il senso autentico della propria esistenza.
Carlo Francou
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L’ULTIMO ALBERO
L’albero e il nido, il mondo e la vita
Un tarlo devastante si è insediato nel cervello dell’uomo contemporaneo: l’illusione di poter esistere svincolandosi dal rapporto vitale con la natura. L’idea è di poterne disporre a volontà e dimenticare che l’intreccio con la creazione è garanzia della sua vita. Ha ceduto a questa volontà di potenza oscurando il fatto che nella creazione splende il misterioso disegno di un Dio Padre che continuamente genera alla vita la realtà. E dagli inizi si perpetua questo progetto divino di un incontro tra l’uomo e la creazione: l’uno fatto per l’altra e reciprocamente necessari.
Così gli alberi non sono solo ammasso di legna da ardere. Vivono. Il respiro umano, il cui valore si capisce solo quando lo sentiamo venirci meno, testimonia di questo legame. Lo si impara da bambini e lo si dimentica da adulti. Giustamente tutti abbiamo provato l’emozione di aver nascosto nel terreno un seme e averne visto con commozione spuntare la fragile piantina. E con una velocità strabiliante l’abbiamo dimenticato man mano che, dentro al mondo, ci consegnavamo a quel delirio di dispotica presunzione che ci illudeva di esserne padroni.
Ma la delicata lezione della vita ci arriva dalla freschezza sempre rinnovata della natura che si risveglia a primavera. Alberi che parevano morti si ridestano con il germogliare di quelle gemme portatrici di vita. Diventeranno fiori che rallegreranno la vista e daranno frutti per la gioia della nostra tavola. E con le loro verdi foglie assorbiranno l’anidride velenosa che produciamo per restituirci fresco ossigeno che permette ai nostri polmoni di respirare e darci energia di vita. E tra i loro rami gli uccelli con una precisione degna di un ingegnere ricamano i loro nidi in attesa che dai loro amori sbocci altra vita per la letizia del creato.
Dentro a questo circolo vitale c’è l’ingegno sorprendente di Dio che ha creato un habitat, unico e originale, dentro allo spazio incalcolabile dell’universo ove l’uomo possa costruire la sua storia di libertà. E per questo lo ha affidato all’uomo perché uscisse dalle caverne e facesse delle case. Non solo, ma perché le case fossero luoghi di affetti, calorosi come il fuoco che vi si accende e luminosi come gli occhi inacantati dei bambini che vi crescono. Così si accende la vita e si propaga quel nido d’affezioni che è la famiglia umana.
Ma per chi e per che cosa tutto questo? Che senso ha questa creazione immensa messa tra le nostre mani? Qual è la sua destinazione?
Ci soccorre la Parola di Dio intrecciata con le parole umane della Scrittura: “Per mezzo di Lui e in vista di Lui (il Figlio / Gesù) sono state create tutte le cose … e tutte sussistono in Lui” (Col 1, 16-17). In altre parole: tutto ciò che è al mondo porta le impronte digitali del Figlio, per cui la realtà creata è tutta impregnata di Lui. Potremmo dire che la creazione è magnetizzata dell’affetto che lega il Padre al Figlio, per modo che da essa traspare il respiro di vita che alimenta questa intimità divina. E Gesù lo testimonia: “Guardate i gigli dei campi: nemmeno Salomone con tutto il suo splendore vestiva come uno di loro; guardate gli uccelli del cielo: non seminno e non mietono, eppure il Padre li nutre” (cf Mt 6, 26-30). C’è una cura tenerissima di Dio per la sua creazione come quella di una madre per il suo piccolo, poichè tutto il creato sgorga da questo grembo fecondo che è il Mistero di Dio. E tutto respira di questa affezione suprema che lega Dio, il Figlio e la creazione.
All’uomo che si lasci istruire dalla Rivelazione cristologica la natura non sarà più materia grezza da sfruttare per le proprie manipolazioni, ma nella filigrana del suo manifestarsi gli apparirà contrassegnata dalla tenerezza di Dio. Anch’essa destinata a costituire i “cieli nuovi e la terra nuova” (Ap 21, 1) della Promessa. E in questo sguardo nascerà la consapevolezza di una responsabilità che sarà attenta a non cedere all’odierno consumismo, che distrugge le risorse naturali senza riguardo per l’inquinamento e il collasso del sistema-ambiente. E guardandosi intorno potrà partecipare al luccichìo delle stelle “che brillano di gioia per Colui che le ha create” (Bar 3,34).
Padre Erminio Antonello
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