Il livello del Po è sceso a -2,7 metri rispetto allo zero idrometrico più basso che a Ferragosto di un anno fa ed è allarme siccità nei campi che colpisce le semine primaverili di riso, girasole, mais e soia, ma anche le coltivazioni di grano, altri cereali e foraggi per l’alimentazione degli animali, in un momento in cui è necessario garantire la piena produzione con la guerra in Ucraina. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla preoccupante situazione del fiume al Ponte della Becca (Pavia) nel momento in cui si aggrava la sete dei campi per l’ondata di caldo che sta stringendo l’Italia.
Il più grande fiume italiano è praticamente irriconoscibile con una grande distesa di sabbia che occupa la gran parte del letto del fiume fondamentale per l’ecosistema della pianura padana dove per la mancanza di acqua – precisa la Coldiretti – è minacciata oltre il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo.
“Anche nel Piacentino le scorte sono molto ridotte, perché questo inverno non ha nevicato e quindi anche i laghi sono poco invasati. Il problema ora è questo: trovare acqua, e non solo per l’agricoltura ma anche per l’habitat. Perché abbiamo il problema del cuneo salino che entra nel delta e la scarsità di acqua crea criticità anche all’ambiente”. Lo spiega Meuccio Berselli, segretario Generale dell’Autorità Distrettuale del Fiume Po.
“In alcune aree non ha piovuto per 110 giorni quindi non abbiamo immagazzinato acqua, non abbiamo scorte, non abbiamo serbatoi o dighe o invasi. Consideriamo che il fiume Po scorre attraverso quattro regioni che producono il 40% del PIL nazionale in agricoltura: questo significa che potremmo ritrovarci con aree che resteranno senza acqua, e questa è una grande preoccupazione”.
Per trovare una situazione analoga dobbiamo andare indietro di cinquant’anni: nel 1972 abbiamo avuto una situazione analoga. La situazione di quest’anno, però, potrebbe essere ancora peggiore: nel 1972 poi il clima è cambiato e durante il periodo estivo ha piovuto un po’, quest’anno ancora non sappiamo come andrà. Se non dovesse piovere avremo una situazione ancora più drammatica rispetto a cinquant’anni fa”.
Le difficoltà si estendono però a buona parte della Penisola dove con il picco delle temperature – sottolinea la Coldiretti –manca l’acqua necessaria ad irrigare le coltivazioni che si trovano in una situazione di stress idrico che mette a rischio le produzioni. L’assenza di precipitazioni – precisa la Coldiretti – colpisce i raccolti nazionali in una situazione in cui l’Italia è dipendente dall’estero in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 56% del grano duro per la pasta e il 73% dell’orzo.
Una conferma dei cambiamenti climatici in atto che hanno cambiato soprattutto la distribuzione temporale e geografica delle precipitazioni tanto che la siccità che è diventata la calamità più rilevante per l’agricoltura italiana con danni stimati in un miliardo di euro all’anno soprattutto per le quantità e la qualità dei raccolti, secondo l’analisi Coldiretti.
Una situazione di emergenza che – continua la Coldiretti – riguarda diversi continenti dall’Asia dove in India è stato battuto il record con più di 49°C con pesanti effetti negativi sui raccolti di grano che hanno spinto il governo di Delhi a bloccare le esportazioni ad alcune aree degli Stati Uniti fino all’Europa dove il grande caldo sta colpendo Paesi come Germania, Spagna e Francia con un pesante impatto sulle produzioni agricole.
Il risultato è – riferisce la Coldiretti – che secondo le previsioni del Dipartimento all’Agricoltura degli Stati Uniti nel 2022-23, la produzione globale di grano si attestera’ a 774,8 milioni di tonnellate, riportando il primo segno meno dalla stagione 2018-19 con le scorte globali dovrebbero ammontare a 267 milioni di tonnellate, in calo per il secondo anno consecutivo e al livello piu’ basso degli ultimi sei anni.
In Italia per risparmiare l’acqua, aumentare la capacità di irrigazione e incrementare la disponibilità di cibo per le famiglie è stato elaborato e proposto da Coldiretti e Anbi un progetto immediatamente cantierabile per la realizzazione di una rete di piccoli invasi con basso impatto paesaggistico e diffusi sul territorio, privilegiando il completamento e il recupero di strutture già presente. L’idea – continua Coldiretti – è di realizzare laghetti, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l’acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all’industria e all’agricoltura, con una ricaduta importante sull’ambiente e sull’occupazione. Un intervento strutturale – conclude Coldiretti – reso necessario dai cambiamenti climatici caratterizzati dall’alternarsi di precipitazioni violente a lunghi periodi di assenza di acqua, che nell’arco di dieci anni hanno causato 14 miliardi di euro di danni all’agricoltura italiana.
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