Il ritiro della proposta di regolamento sull’uso sostenibile dei fitofarmaci (SUR) salva il 30% delle produzioni alla base della dieta mediterranea, dal vino al pomodoro, messe a rischio dall’ irrealistico obiettivo di dimezzare l’uso di agrofarmaci.
E’ quanto afferma il Presidente nazionale della Coldiretti Ettore Prandini nel commentare l’annuncio della presidente del Commissione europea Ursula von der Leyen del rigetto della proposta nel suo intervento al Parlamento europeo dopo la grande manifestazione della Coldiretti a Bruxelles in occasione del Vertice Ue.
Una risposta alla protesta degli agricoltori provenienti dal sud e dal nord dell’Unione Europea, dalla Coldiretti agli spagnoli di Asaja, dai portoghesi di Cap ai belgi dell’Fwa fino ai giovani agricoltori alla quale aveva fatto seguito l’incontro tra il presidente della Coldiretti e la Von der Leyen.
Era presente a Bruxelles lo scorso primo febbraio anche una delegazione piacentina guidata dal direttore di Coldiretti Piacenza Roberto Gallizioli e da Marco Bosini, delegato di Coldiretti Giovani Impresa.
il provvedimento – sottolinea Coldiretti – avrebbe avuto un impatto devastante sulla produzione agricola dell’Unione Europea e nazionale aprendo di fatto le porte all’importazione da paesi extra Ue che non rispettano le stesse norme sul piano ambientale, sanitario e del rispetto dei diritti dei lavoratori.
Serve un approccio realistico per sostenere l’impegno dell’agricoltura verso la sostenibilità che ha già portato l’Italia a classificarsi come la più green d’Europa con il maggior numero di imprese agricole che coltivano con metodo biologico su circa 1/5 della superficie agricola totale e il taglio record in un decennio del 20% sull’uso dei fitofarmaci che restano essenziali per garantire la salute delle coltivazioni.
Non a caso in Italia – continua la Coldiretti – oltre otto prodotti su dieci pericolosi per la sicurezza alimentare provengono dall’estero (86%) sulla base delle elaborazioni del sistema di allerta Rapido (Rassf), Sul totale dei 317 allarmi rilevati nel 2022 – evidenzia Coldiretti – 106 scaturivano da importazioni da altri Stati dell’Unione Europea (33%) e 167 da Paesi extracomunitari (53%) e solo 44 (14%) hanno riguardato prodotti con origine nazionale.
Secondo lo studio della Commissione Europea peraltro – aggiunge Coldiretti – “i maggiori impatti sulla resa si sarebbero verificati in colture che hanno una rilevanza limitata, come l’uva, il luppolo e i pomodori”. Una vera assurdità se si pensa che il pomodoro è l’ortaggio più consumato in Europa, tal quale e come derivati (passata, polpa, pelati, sughi…), e l’uva, sia da tavola che trasformata (in vino, succhi, distillati…) è una produzione di cui l’Europa detiene il primato mondiale.
Senza dimenticare che l’Italia, che si contende con la Francia il ruolo di principale produttore mondiale di vino ed il primo produttore di derivati di pomodoro in Europa, sarebbe il Paese più danneggiato da una politica europea folle e lontana dalle realtà delle imprese e dei consumatori. Da rimarcare che si tratta di colture che nel Piacentino vantano una forte tradizione e una qualità molto alta.
“La battaglia per garantire dignità e giusto reddito agli agricoltori italiani non si ferma” precisa il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che non sarà accettato nessun taglio alle risorse economiche della Politica agricola comune (Pac) agli agricoltori poiché oggi occorre assicurare l’autonomia alimentare dei cittadini europei e favorire il ricambio generazionale.
In tale ottica non è possibile neppure che l’allargamento dell’Unione all’Ucraina venga pagato dalle aziende agricole. Serve poi cancellare definitivamente – ha ribadito Prandini – l’assurdo obbligo di lasciare i terreni incolti che mina la capacità produttiva della nostra agricoltura e favorisce paradossalmente le importazioni dall’estero di prodotti alimentari che non rispettano le stesse regole di quelli europei in materia di sicurezza alimentare, ambientali e di rispetto dei diritti dei lavoratori. Un caso eclatante è il Mercosur, l’accordo commerciale con i Paesi sudamericani che va respinto. Da qui la richiesta di introdurre il criterio di reciprocità delle regole produttive.
Il caso dei terreni incolti è solo uno dei vincoli che da Timmermans in poi hanno cercato di inserire – ha denunciato Prandini – con regole che penalizzano la capacità produttiva Ue e appesantiscono il lavoro degli agricoltori, ingiustamente visti come inquinatori, mentre sono proprio loro a garantire la tutela dell’ambiente. Ma servono anche, secondo Coldiretti, mercati equi e trasparenti, incentivando gli accordi di filiera e vietando la vendita sotto i costi di produzione.
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